FRANCAVILLA: 157d63875a6e5382cae56f7554f674e1.jpgSAZIA E DISPERATA

E’ vergognoso e spudorato che l’Amministrazione di centrodestra, con a capo il Sindaco Marinotti, si appresti ad approvare la proposta di modifica dell’art. 26 dello Statuto Comunale che prevede il passaggio del numero degli Assessori da 8 a 10. Tutto questo mentre, a livello nazionale, è stata depositata una proposta di legge che riduce drasticamente i costi della politica. Tale modifica comporterà per i cittadini di Francavilla Fontana un aumento di spese e costi sociali, in totale dispregio del principio di contenimento della spesa pubblica, svuotando le tasche dei cittadini. Si pretende dalla popolazione francavillese un ulteriore  sacrificio, solo per mere esigenze di spartizioni politiche, sottraendo risorse pubbliche,  per favorire due nuovi Assessori, pronti ad essere nominati. E’ altrettanto vergognoso che questa operazione, di basso profilo politico, avvenga all’indomani del recapito, ai francavillesi, dell’anticipo di pagamento della TARSU (Tassa sui rifiuti solidi urbani), aumentata del 21%, ma all’indomani anche dell’aumento della addizionale IRPEF del 120% e della riduzione dell’ICI, a favore dei ricchi e ai danni di chi possiede un solo immobile realizzato con sacrificio. E’ uno schiaffo alla decenza amministrativa, che serve semplicemente ad ingrassare le solite vacche della politica di centrodestra.

94194420bacf7fcf46e47059e411633b.jpgLa commissione Affari costituzionali della Camera ha votato contro la proposta di istituire una commissione d’inchiesta sul G8 di Genova. Italia dei Valori e Udeur hanno votato, come pochi giorni fa al Senato, insieme alla destra. È un fatto grave, per due ordini di ragioni.
In primo luogo perché Genova nel luglio del 2001 assistette alla sospensione dello stato di diritto e a scontri e violenze che, a più di sei anni da allora, non hanno ancora visto corrispondere alle responsabilità inequivocabili condanne processuali. Ed è per questo che serve una commissione d’inchiesta che faccia luce su quei giorni, accertando ad ogni livello i ruoli in causa e le colpe.  
Ma è un fatto grave anche perché segna l’ennesimo fragoroso strappo con il programma di governo. L’ennesimo strappo, che proviene dal centro, con il patto sancito tra Unione e popolo della sinistra che ha permesso al centrosinistra di governare. A chi rispondono quei deputati che, ancora una volta, rompono con il programma e con i nostri elettori? Rifondazione Comunista risponde sempre e solo al popolo della sinistra, a coloro che a Genova c’erano e che oggi ancora invocano verità e giustizia.

28cbd30d34462edc49b0e18e4c5118c5.jpgIL SUO DESIDERIO.
IL NOSTRO.

 
 
“La terra, la mia terra, dove sempre ritorno come attratta da un irresistibile desiderio: che il buio che l’affligge e che rischia di offuscare la bellezza della sua luce sia stato nel frattempo sconfitto e con esso la rassegnazione della sua gente”.
Queste le parole di Clementina Forleo, questo il suo desiderio. Un desiderio che sa di lontananza dalla sua terra, ma anche di speranza che coloro che in quella terra vivono sappiano trovare la forza di spazzare via quel buio che da ormai tanti anni l’attanaglia. Ciò vuol dire che la sua frase ci riguarda in prima persona, riguarda noi, cittadini francavillesi. Siamo noi ad incarnare il desiderio della nostra concittadina e devono essere la nostra forza ed il nostro coraggio le armi di cui ci dobbiamo dotare nella lotta a tutti i poteri oscuri, esattamente quelli che in scala più ampia e nazionale, Clementina, nella sua veste di G.i.p. sta con grande risolutezza e determinazione cercando di smascherare.
Clementina va avanti e deve farlo. Lo chiediamo noi. Deve farlo nonostante tutto; deve continuare a lottare nonostante le intimidazioni falsamente mascherate che le giungono dai palazzi del potere e da coloro che forse sentono il fiato al collo e non ritengono che ciò sia giusto, da coloro che pensano che il proprio incarico possa rendere un reato commesso meno grave o inaccusabile. Deve essere, invece, proprio il loro incarico, il loro potere sulle nostre teste, a farci esigere maggiori trasparenza e controllo sui loro operati.
 “In questo momento il giudice che denuda il re è sotto attacco. Chi tocca i poteri forti, chi tocca i fili, come quelli della corrente, muore. Per questo dicono che i giudici forti è meglio per tutti che stiano a casa, che stiano zitti, che siano sobri, che scrivano sentenze.”
Sono altre parole di Clementina che bene esplicano il suo disagio e nello stesso tempo la sua volontà di superarlo.
Dobbiamo smettere di chinare la testa davanti alle ingiustizie che pure i nostri occhi quotidianamente afferrano. Dobbiamo imparare ad usare e magari anche ad alzare di tono la nostra voce con i nostri amministratori e con tutti coloro che  si trovino a decidere sulle nostre vite, qualora ci dovessimo accorgere che le loro decisioni siano volte esclusivamente ai loro stessi interessi. Dobbiamo spezzare quei “fili della corrente” che costituiscono la più valida recinzione agli interessi del potere, quel potere che per le strade, sul posto di lavoro, nelle scuole e dovunque ci sia una gerarchia tenti di ignorare le ragioni degli altri, noi per l’appunto.
Dobbiamo essere orgogliosi. Orgogliosi non (o non solo) del fatto che Clementina, una di noi, sia oggi sulle prime pagine di tutte le testate nazionali, ma del fatto che lei scagli la sua voce contro i poteri forti e da sempre indiscussi. E ancor di più dobbiamo essere contenti del fatto che Clementina, proprio ora che si trova a lavorare su avvenimenti più vasti e forse più complessi di quelli che riguardano noi e il nostro territorio, voglia ancora una volta spronarci alla reazione al nostro stato di cose presenti.
Noi, Giovani Comuniste/i e Partito della Rifondazione Comunista, da sempre vicini alle lotte di Clementina, orgogliosi lo siamo stati, nel leggere le dichiarazioni della nostra concittadina. E ci teniamo ad aggiungere un particolare, non proprio di secondo rilievo: abbiamo sempre appoggiato Clementina nel suo lavoro, e questo non per pura coerenza (che già sarebbe qualcosa), ma per spirito di giustizia.
La giustizia, come l’ingiustizia, non ha un colore politico. Non si può appoggiare una giusta causa contro il nostro nemico, senza non condannare la più piccola ingiustizia del nostro amico. Non si può prima accusare di faziosità e poi applaudire. Non si può prima intimidire e poi esprimere solidarietà.
Speriamo che il desiderio di Clementina sia il desiderio di ognuno di noi, dal lavoratore in nero che arrivi a convincersi che quello è il suo unico destino al cittadino al quale non vada bene vedere il suo paese trasformarsi in un’unica grande discarica, dal giovane senza futuro nella sua terra a quel singolo e anonimo individuo che nel profondo del suo cuore riesca a pensare una sola cosa, la più profonda: così non va bene.
 Avanti, Clementina
!
                                                                                                                                          

Raffaele Emiliano

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Mesagne, 25/10/2007

Sinistra democ

Mesagne, 25/10/2007

Sinistra democratica: domani il “laboratorio di unità”

Il movimento Sinistra Democratica si sta radicando nel territorio brindisino come elemento unificante della Sinistra.
In tutte le realtà locali in cui il movimento si è costituito, si registrano in effetti convinte manifestazioni unitarie volte a dare sempre più rilevante rappresentanza politica all’ampia parte della cittadinanza che ritiene la pace, l’ambiente, la tutela del lavoro, lo stato sociale e la legalità valori assoluti, non mediabili, da portare al centro dell’azione amministrativa e di governo non indeboliti dall’attuale frammentazione politica e neppure dalla crescente tendenza nel Centro Sinistra all’inaccettabile equidistanza tra impresa e lavoratori e tra impresa e ambiente.
Venerdì 26 ottobre alle ore 18, Sinistra Democratica ha organizzato una nuova importante manifestazione provinciale unitaria proprio a Mesagne, città tradizionalmente di Sinistra, proclamata “laboratorio di unità” in un recentissimo documento firmato da tutte le locali forze politiche di Sinistra.
Alla presenza di Leo Caroli, segretario generale della CGIL di Brindisi, invitato per la centralità del tema lavoro nella piattaforma unitaria della Sinistra unita, interverranno il coordinatore provinciale di Sinistra Democratica Pablo Zito, il responsabile provinciale di “A Sinistra” Giancarlo Canuto, il segretario provinciale del Partito dei Comunisti Italiani Michele De Filippis, il presidente provinciale dei Verdi Renato Greco e il segretario provinciale di Rifondazione Comunista Nicola Cesaria. Interverrà anche il portavoce cittadino di Sinistra Democratica Danilo Zuffianò. Concluderà l’On. Titti Di Salvo, capogruppo di Sinistra Democratica alla Camera dei Deputati.
Il titolo dell’iniziativa è “Lavoro, stato sociale, diritti, legalità, ambiente: un progetto di impegno comune”.
Le manifestazioni unitarie si infittiranno nelle prossime settimane, per concretizzare un forte contributo brindisino al progetto nazionale della Costituente della Sinistra.
COMUNICATO STAMPA COORDINAMENTO PROVINCIALE SINISTRA DEMOCRATICA BRINDISI

 

I leader dei quattro partiti di sinistra concordano le tappe verso l’unità: manifestazione contro il nucleare il dieci novembre, assemblea comune l’otto e il nove dicembre, primarie sul programma, gruppi parlamentari unici. Sarà federazione, incerto lo sbocco nel partito unico 1a5cc66f748c10324d6689a069292a58.jpg

La sinistra fissa i primi, formali passi verso l’unità. Che tipo di alleanza sarà non è ancora del tutto chiaro, e i protagonisti del processo sembrano prepararsi a stabilirlo davanti al tavolo comune. L’ipotesi della federazione, in ogni caso, prende sempre più quota.
C’è stato un vertice tra Franco Giordano, Oliviero Diliberto, Alfonso Pecoraro Scanio e Fabio Mussi, rispettivamente leader di Rifondazione comunista, Pdci, Verdi e Sinistra democratica. Nell’ufficio di Mussi è stato messo nero su bianco e ufficializzato il percorso verso l’unificazione, che con ogni probabilità ha subito due energici imprimatur dalla nascita del Partito democratico e dalla possibilità, concreta, che si vada al voto anticipato. Ci saranno, nelle intenzioni dei quattro leader, cinque tappe.

Si inizierà il dieci novembre prossimo, con una manifestazione comune, nella romana piazza Farnese, per celebrare i venti anni dall’abolizione del nucleare, avvenuto con lo strumento del referendum abrogativo. L’idea è stata dei Verdi e sarà anche l’occasione per superare le divisioni che si sono consumate il 20 ottobre scorso, quando Rifondazione e Pdci scesero in piazza contro il precariato, mentre Verdi e Sd scelsero di non mobilitarsi.
Il vero e proprio punto di snodo sarà nella due giorni dell’otto e del nove dicembre prossimi, date scelte per una grande assemblea unitaria. La chiamano “assemblea della sinistra e degli ecologisti”, in concreto, ha spiegato il coordinatore nazionale di Sinistra democratica Fabio Mussi, si articolerà così: la prima giornata dedicata a un “workshop”, aperto ai contributi di tutti gli interessati, la seconda sarà quella dove si approverà il programma, che poi sarà sottoposto a consultazione popolare. Ma, ha tenuto a precisare Diliberto, “saranno primarie sulle idee e non sulle persone, al contrario di quanto ha fatto il Pd”. Quanto alla forma del nuovo soggetto, Giordano è stato cauto: “Stiamo costruendo un soggetto unitario e plurale, al quale partecipano le forze politiche ma che sarà aperto anche alle altre realtà di sinistra”. Più esplicito Pecoraro: “Tutti abbiamo convenuto che la federazione aperta è un nostro obiettivo comune, siamo tutti d’accordo sull’arrivare ad un patto federativo”. Lontana l’ipotesi, già lanciata da Giordano, di un tesseramento unico.

Sullo sfondo dell’assemblea unitaria, i quattro leader si occuperanno della costituzione dei gruppi parlamentari unici alla Camera e al Senato (dovrebbe essere il primo atto ad essere formalizzato) e della costituzione di un coordinamento nazionale, fatto di “personalità” che dovranno gestire tutta la fase di transizione. Pecoraro Scanio ha voluto fare un appello ai giornalisti: “Non chiamatela Cosa rossa”, e ha ammesso, tra le righe, il ruolo che ha avuto nella decisione l’instabilità cronica del governo Prodi: “Questo ci rende anche più pronti a competere in eventuali elezioni politiche”. Rimane l’interrogativo se la costituenda federazione sia un passaggio intermedio verso la costituzione di un partito unico, o se invece sia ferma la volontà di tenere in vita le formazioni esistenti. E’ proprio sulle prospettive che si scorgono sfumature tra i quattro leader. Mussi, finora molto cauto insieme a Sinistra democratica, dice di pensare a un “partito unico”, Giordano preme per un simbolo comune e nuovo che serva per le prossime scadenze elettorali (Ma Diliberto aveva detto di non voler rinunciare alla falce e martello) ma fa capire che lo scioglimento di Rifondazione non è all’ordine del giorno, dal momento che ha fissato il suo congresso nel marzo 2008. Pecoraro, nel dubbio, sembra preferire il modello federativo a quello del varo di un processo costituente verso un’unica formazione politica. L’incertezza contribuisce a mantenere vive le soluzioni di cui si è vociferato nelle scorse settimane: o l’investitura di Nichi Vendola, attuale governatore della Puglia, o il ritorno in campo di Fausto Bertinotti (in caso di elezioni anticipate e di fine del suo mandato di presidente della Camera). Prima di tutto, però, dovrà essere concordata una linea comune sulla legge elettorale e le riforme istituzionali, prossimi temi su cui maggioranza e opposizione si confronteranno in Parlamento.

 Andrea Scarchilli ,  24 ottobre 2007

6e84ed7d6891a8973cefa2bbd95b22da.jpg224 anni di carcere ai 25 manifestanti sotto processo. Questa la dura richiesta dell’accusa, che ripropone il reato di «saccheggio e devastazione» per i fatti del luglio 2001.
Dopo il silenzio, la beffa.
Sono passati più di sei anni da quei tragici giorni in cui, in una Genova blindata per il vertice del G8, fu scritta una delle pagine più vergognose della nostra Repubblica.
Genova è stata una doppia sconfitta per lo Stato: una sconfitta perché oggi nei verbali dei processi per quei tragici fatti gran parte dei nomi degli accusati fa riferimento a membri e capi di quelle forze dell´ordine (e che ordine!) che in quei giorni avevano il compito di assicurare che tutto procedesse senza problemi e che invece si sono ritrovati ad essere autori di sgomberi coatti, violenze, pestaggi e ogni sorta di atti a cui invece avrebbero, proprio loro, dovuto far fronte; ma la sconfitta è stata doppia, perché uno Stato che a quel punto avrebbe dovuto avere tutto l´interesse a mantenere una sua minima dignità, cercando di chiarire la verità su quegli episodi attraverso un´apposita Commissione d´inchiesta e di assicurare alla Giustizia i colpevoli di quelle violenze, ancora oggi non ci è riuscito e ben pochi passi in avanti in questa direzione si è sforzato di fare.
Abbiamo assistito ad accuse e difese, a dichiarazioni di legittimità delle proprie azioni da parte delle forze dell´ordine col beneplacito dei loro capi (in primo luogo De Gennaro) e a eclatanti smentite, come quella dell´allora vicequestore aggiunto del Primo Reparto Mobile di Roma Michelangelo Fournier, ora uno dei 28 poliziotti imputati per l´irruzione nella scuola Diaz, che nello scorso Giugno confessò al P.M. in aula che la Diaz quella sera si presentava ai suoi occhi come una “macelleria messicana” a causa del sangue e delle ossa rotte dei manifestanti, gettati a terra e privi di forze dopo essere stati massacrati dai poliziotti. Secondo le sue stesse dichiarazioni, Fournier non avrebbe avuto il coraggio di rivelare un comportamento così grave da parte dei poliziotti per puro spirito di appartenenza.
Forse lo stesso “senso del dovere” fu anche il motivo che spinse un altro poliziotto ad introdurre, sempre all´interno della Diaz e come prova a carico dei 93 no global, poi arrestati, due bottiglie molotov che per ben due anni si ritennero di fabbricazione dei manifestanti, considerati componenti di un´organizzazione internazionale finalizzata alla devastazione e al saccheggio (la stessa accusa di oggi, appunto).
Infine, come non ricordare quello che avvenne in Piazza Alimonda? Già! Perché a Genova ci scappò anche il morto. Come dimenticare Carlo Giuliani, sulla cui morte ancora non è stata fatta luce? Come accettare quel proiettile sparato ad altezza d´uomo e, ancor di più, come spiegare quel sasso insanguinato trovato accanto alla sua testa in diverse posizioni nelle varie foto scattate in altrettanti momenti di quella triste giornata?
Qualcuno ci dovrà poi spiegare come possa un garante dell´ordine, una persona che dovrebbe essere l´emblema della sicurezza di uno Stato (che è anche il nostro) arrivare ad affermare in un contatto con la centrale queste parole: “Speriamo che muoiano tutti, 1-0 per noi” con evidente riferimento alla scomparsa di Carlo.
Potremmo continuare sino all´infinito nell´elenco dell´orrore, nel lungo e vergognoso elenco dei fatti di cui non si vuol più parlare e di cui, in fondo, non si è mai parlato abbastanza.
Ma che dico? Ogni tanto di quei fatti si continua pure a parlare. Ad esempio oggi: devastazione e saccheggio. Insomma i barbari in quei giorni sono stati i manifestanti. Forse, semplicemente, perché neppure i barbari sarebbero stati capaci di simulare il comportamento delle forze dell´ordine.
Ma tutto questo non è una novità in un Paese come il nostro in cui tanti processi sono ancora senza verità, in un Paese in cui non molti anni fa si saltava in aria nelle piazze e in cui i familiari di coloro che sfortunatamente si trovavano lì e che per sempre ci sarebbero rimasti, ancora oggi hanno (oltre ad un non tanto sottile sospetto nei confronti di alcuni “pezzi” di Stato) una sola certezza: un figlio (forse anche due) in meno. Ora anche la madre e il padre di Carlo hanno questa certezza. Con loro, però, ci siamo anche noi. E insieme a loro anche noi gridiamo e chiediamo una sola cosa capace di rompere il silenzio e l´omertà:
Verità per Carlo
Verità su Genova

Raffaele Emiliano

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Il messaggio che non si può cancellare

C’era bisogno di una scossa. E la scossa c’è stata. C’era bisogno di dire a tutti che le precarietà sono la malattia della nostra epoca, ma che le si possono combattere perché non sono un fenomeno naturale. Ed è stato detto da centinaia di migliaia di persone. C’era bisogno di ricordare al governo che la sua maggioranza è stata eletta per dare un segno di discontinuità rispetto all’era Berlusconi e che di questa discontinuità abbiamo visto poche e flebili tracce. Ed è stato ricordato dalle comuni parole di tante e tanti. C’era soprattutto bisogno di ritrovarsi insieme – anche per quelli che non c’erano – per poter riprendere un discorso comune, oltre le frammentazioni prodotte dalla violenza liberista e assecondato dalle «timidezze» della politica. Anche quella di sinistra. E, c’era bisogno che tre piccoli giornali, insieme a un minuscolo gruppo di individui che nulla rappresentano se non le proprie idee, indicessero un grande momento di incontro, che altrimenti non ci sarebbe stato. Ennesima dimostrazione, quest’ultima, dello stato della rappresentanza, della necessità di ricostruirla su basi completamente nuove, ridando un senso e una pratica alla parola democrazia, vilipesa quand’è vuotamente inflazionata. Le tantissime persone scese in piazza ieri a Roma – molte delle quali si sono sobbarcate un faticoso viaggio – non avevano alcun interesse egoisticamente materiale da rivendicare, ma mille concreti bisogni da praticare. Bisogna ringraziarle e rispettarle per questo, perché lanciano una richiesta di partecipazione che l’attuale sinistra non potrà eludere, pena la sua scomparsa. Non è un confuso insieme di proteste o domande corporative, è la rivelazione di condizioni materiali ed esistenziali che si possono precisamente elencare componendo la realtà concreta della parte più bistrattata e rimossa del paese. Non è una generica richiesta di «unità» delegata a ristretti gruppi dirigenti, è la promessa di un impegno diretto che ha bisogno di luoghi e modalità precise di partecipazione. Se volessimo sintetizzare tutto questo con uno schema oggi in voga, potremmo dire che le nostre primarie le abbiamo iniziate ieri in piazza san Giovanni. Non per innalzare agli altari un leader – cosa che non vorremmo mai veder fare a sinistra – ma per abbattere gli steccati della frammentazione sociale e quelli ancor più ristretti delle appartenenze politiche. Un impegno consapevole – persino un po’ preoccupato, per la gravità dei tempi in cui cade – che solo dei gattini ciechi potevano non vedere nella folla di ieri, piena di giovani. Certo, poi c’è il quadro politico, le fragilità di un governo in agonia, l’incubo della destra incombente. Ma – permetteteci di bestemmiare – tutto questo non può immobilizzare, altrimenti la destra tornerà al potere senza che a sinistra ci sia più niente. Nel quadro grigio di questi mesi, l’unico segnale di ottimismo è venuto ieri da una piazza. Sappiamo che non si può manifestare ogni giorno, ma da ieri sappiamo anche che lo spirito e la pratica del 20 ottobre dovranno essere quelle di ogni nostro futuro giorno.           Gabriele Polo

 

4a73269fff763910392a6f23aeaf4c55.jpg LEGALITA’ & LAVORO Il successo di un’idea coraggiosa

E’ stata una grande vittoria quella che ieri sera siamo riusciti ad ottenere al Teatro Imperiali. Una vittoria della legalità che noi tutti, compagni di Rifondazione Comunista e dei Giovani Comunisti, sentiamo di aver centrato per la profondità e la concretezza con cui si è discusso sulle due tematiche cardine dell’incontro: Legalità e Lavoro. Mirati ad una chiara analisi del dibattito erano stati, infatti, gli inviti che si era voluto indirizzare a personalità interne alla tematica oggetto del nostro incontro. Così, oltre alla compagna dell’associazione Cento Passi Ivana Andriulo e al segretario cittadino di Rifondazione Emanuele Modugno nel ruolo di coordinatore, ieri sera sedevano al tavolo del dibattito il segretario provinciale della CGIL Leo Caroli, il presidente della provincia di Brindisi Michele Errico e il Presidente della commissione parlamentare Antimafia Francesco Forgione.

Ad aprire il dibattito è stato il segretario Modugno che ha cercato di spiegare la situazione cittadina a partire proprio dagli ultimi avvenimenti di cui Francavilla è stata teatro: dagli omicidi degli ultimi anni ai fatti degli ultimi giorni che parlano di inquietanti episodi di gambizzazione e di accoltellamenti in zone della città non proprio periferiche, il che fa pensare che un vero gruppo di fuoco agisca (o, meglio, possa agire) in maniera pressoché indisturbata all’interno della città. E poi, ancora, Emanuele ha voluto richiamare l’attenzione ad episodi di illegalità anche istituzionale tra cui non ha potuto non far riferimento all’affare “Raccomandopoli”, che resta una delle pagine più vergognose per l’immagine del comune e di coloro che sono stati autori e complici di quella copula di controllo sul lavoro, e all’episodio dell’esponente di An che a Brindisi si trova ad essere indagato per voti di scambio; non ha potuto, infine, esprimere il suo rammarico (e quello di tutti i presenti ieri sera) per l’assenza di personaggi francavillesi che per il loro alto ruolo a livello anche parlamentare avrebbero potuto e, direi, dovuto essere presenti nel loro stesso interesse; da tale schiera escludiamo con piacere (e ci teniamo a dirlo, stavolta) il Sindaco, presente all’incontro.

Ivana Andriulo, proseguendo quanto detto da Modugno, ha voluto insistere sulla doppia e falsa immagine che si dà di Francavilla, città nota, secondo il senso comune, come un grande centro economicamente propulsivo, pieno di possibilità occupazionali, dedito alla bella vita, attraente per i giovani con i suoi tanti locali e la villa comunale. Ma è proprio così? Come sottolineato dalla compagna, la realtà è ben diversa e ben più dura. Lavoro non ce n’è e, se c’è, è in nero. Se sei una donna poi il problema è triplicato, sempre che tu non abbia qualche conoscenza in alto (escludiamo il cielo). Quanto alla villa, quel gran bel polmone verde, qualcuno acutamente sta pensando di chiuderla di sera per far fronte allo spaccio, come se gli spacciatori avessero bisogno di piante e alberi per la loro attività.

Leo Caroli ci ha fornito un quadro d’insieme della situazione della provincia dal punto di vista dell’illegalità e dei soprusi lavorativi, un quadro che non ci può fare certamente onore. Ha lodato il coraggio dell’imprenditore di San Pancrazio che recentemente ha denunciato i tentativi di estorsione subiti ed ha elencato tutta una serie di illegalità riguardanti il mondo del lavoro, fatto di finte buste paga, ricatti e precarietà. Ha, infine, auspicato una profonda inversione di rotta capace di mettere la “persona” con i suoi diritti al centro delle decisioni sul mondo del lavoro.

Il presidente della provincia Errico ha delineato gli impegni presi in favore della legalità negli ultimi anni dall’Istituzione di cui egli è rappresentante ed ha espresso la sua speranza nell’avanzamento verso la piena affermazione di quella legalità che noi tutti sentiamo e dobbiamo sentire come imprescindibile condizione di sviluppo del nostro territorio, ancora troppo sommerso.

In conclusione, c’è stato il lungo e quanto mai esaustivo intervento del nostro, diciamo così, ospite d’onore. Francesco Forgione ha voluto precisare, in apertura del suo discorso, che avrebbe parlato appunto da presidente della Commissione Antimafia e non da compagno di partito, ma, come ovvio, le sue parole sono state le nostre, quelle di un partito come Rifondazione Comunista da sempre in prima linea contro tutte le mafie. Ci ha parlato, in uno scenario più vasto di quello strettamente locale, di come il Parlamento sia oggi lo specchio della nostra Italia, un Parlamento in cui siedono personalità dubbie, con processi e condanne a carico, con un passato fatto di reati anche gravi, addirittura di associazioni mafiose, e di come anche all’interno della sua stessa Commissione siano presenti personaggi indegni del loro incarico. Forgione ha espresso la sua volontà di vedere fuori dalle amministrazioni tutti coloro che non diano prova di integrità morale e civile, di scacciare tutti i criminali dal Parlamento con una distinzione, però, verso tutti coloro che si siano macchiati di reati “sociali”, ossia quelli che, lungi dall’essere reati finanziari o mafiosi o comunque gravi ed incompatibili con determinati ruoli istituzionali, siano stati volti all’affermazione anche solo dimostrativa di un qualche diritto. Ha condannato tutti quei tentativi di contrasto delle piccole illegalità, come quelle dei lavavetri o dei graffitari, che non seguano ma anticipino addirittura le vere illegalità, quelle che davvero danneggiano il nostro Paese. Ci ha parlato di come sia più sottoposto il Meridione, rispetto al Nord, a derive di illegalità diffusa, dettate da necessità anche primarie, quali un lavoro che quasi mai c’è. Infine, dopo averci dato appuntamento alla manifestazione di domani a Roma contro la precarietà (tanto per restare in tema), ha ringraziato gli organizzatori dell’iniziativa per il loro interesse verso due tematiche,lavoro e legalità, troppo spesso sacrificate e a cui non si riuscirà mai a dare lo spazio di cui c’è bisogno in un Paese e in un territorio come i nostri troppe volte e troppo recentemente ancora vittime dei loro esatti contrari: precarietà e mafia.

La serata si è conclusa con il conferimento di tre targhe attestanti l’impegno profuso nella lotta contro le mafie e in nome della legalità agli intervenuti Francesco Forgione, Leo Caroli e Michele Errico, presso il centro socio-culturale “Cento Passi”, l’associazione che deriva il suo nome da quello di Peppino Impastato, ragazzo e compagno che si immolò nella sua Cinisi e nella sua Sicilia contro il potere delle mafie, in nome dei suoi ideali.

In nome anche dei nostri ideali.

 

 

                                                           Raffaele Emiliano

 

9fd7c7cce8096228734c0034d85c90cc.gifE Giuseppe “Manicomio” disse: “Questa scheda è falsa, falsa. Non c’è la falce martello!”

di Pilade Cantini

su redazione del 16/10/2007

 

Domenica si sono svolte le elezioni primarie del Pd. Primarie di cosa poi?, che non mi risulta mica ci siano delle secondarie… Polemiche a parte: nel mio paese il gazebo è stato allestito nella piazza della chiesa, accanto all’edicola e in prossimità dei giardini pubblici. A gestirlo alcuni vecchi compagni della vecchia sezione comunista, quelli che mi hanno cresciuto nelle Feste de l’Unità. Non è stato facile vedere Oreste detto il Riccio o Rigoletto detto la Nana a raccogliere schede e voti sotto le bandiere verdi. Insieme a loro due ragazzine piuttosto belline, una bionda e una bruna, entrambe con le scarpe rigorosamente affilate, tirocinanti in qualche studio commerciale di “area Margherita”, precettate lì come per un qualsiasi straordinario domenicale. Quando si sciolse il Pci avranno avuto sì e no cinque anni; Il Riccio e la Nana di anni ne avevano sessanta e mi ricordo che piansero come bambini quando la bandiera rossa sul Cremlino fu abbassata lentamente.
Per controllare la situazione sono andato all’edicola più volte: prima a comprare Liberazione, poi il manifesto, poi le figurine de il manifesto. Ho trovato Lenin, Gramsci e Brecht e mi sono tirato un po’ su di morale.
Nel pomeriggio non ce l’ho fatta: ho preso tutti i giornali e sono andato a leggerli sulle panchine dei giardini pubblici, proprio davanti al gazebo.

Il Riccio m’ha visto ma non m’ha detto nulla, s’è limitato ad allargare le braccia. La Nana, a voce alta ha aggiunto: “Si farà anche questa, eh…”.
Quando al seggio si sono presentati il Commendator Ballini, da sempre democristiano doc e Giovanni detto Baffo, ex partigiano, un tempo comunista duro e puro, per un attimo ho sperato nella resurrezione della memoria e nella conseguente rissa, anche solo verbale. E invece niente, sorrisi d’occasione e perfino una fugace stretta di mano. Il Riccio s’è incupito all’improvviso, la Nana, per distrarsi, s’è messo a fissare il seno della tirocinante bionda.

Verso sera l’unico episodio degno di nota. Al gazebo è arrivato Giuseppe detto Manicomio, un anziano signore con problemi psichiatrici, da tutti ben voluto in paese nonostante quel soprannome non proprio rispettoso col quale viene indicato. Giuseppe ha chiesto la sua scheda cortesemente, l’ha guardata, poi di colpo l’ha strappata e ha cominciato ad urlare: “Questa è falsa, è falsa! Non c’è la falce e martello, guarda! È falsissima!”.
La scrutatrice mora ha subito estratto il cellulare dalla fondina per chiamare i Carabinieri, ma la Nana l’ha bloccata con un’occhiata.
Io mi sono avvicinato al gazebo e ho preso a braccetto il signore: “Venga Beppe, l’accompagno a casa. E non si arrabbi. Non sono mica elezioni vere queste…”.
La ragazzina bionda mi ha guardato molto male; io ho fatto finta che non esistesse. Peraltro il suo seno, non era nemmeno un granché.