d76db9d6e5c1d4c8a24ad9064a5229fb.jpgUna domanda, nessuna risposta

Martedì 27 Novembre il sottosegretario di Stato per la pubblica istruzione Gaetano Pascarella ha risposto all’interrogazione inoltrata in Commissione VII (Cultura, scienza e istruzione) dagli on. Titti De Simone, Donatella Duranti e Pietro Folena.L’interrogazione, dal titolo “Libertà di espressione di opinioni all’interno degli organi scolastici anche a mezzo organi di stampa.”, riguardava l’ormai nota disputa scolastica tra il dirigente scolastico dell’I.T.I.S. “Enrico Fermi” di Francavilla Fontana, Giovanni Semeraro, e il docente di Lettere dello stesso istituto, Gerardo Trisolino.

All’interrogazione dei tre parlamentari di Rifondazione in cui si chiedeva che cosa intendesse fare il  ministro dell’Istruzione “per ribadire che, in un sistema democratico, le opinioni di dissenso interne agli organismi scolastici, qualora vengano anche esternate a mezzo organi di stampa, soprattutto se espressi in forma civile ed adeguata, non possano costituire un pretesto per azioni disciplinari”, il sottosegretario Pascarella ha risposto in maniera insoddisfacente, non rendendo alcun conto del comportamento antidemocratico di cui è stato vittima il prof. Trisolino..

Nella sua risposta, Pascarella ha, infatti,  completamente eluso il problema centrale della vicenda, ossia la minaccia alla libertà di manifestazione di pensiero esercitabile dai componenti degli organismi scolastici, libertà garantita dalla Costituzione, come non ha mancato di sottolineare Pietro Folena, presidente della Commissione VII, oltre che cofirmatario dell’interrogazione.

Il sottosegretario ha insistito sull’assenza di un effettivo provvedimento disciplinare intrapreso nei confronti del docente, lasciando del tutto indiscusse le contestazioni di addebiti inviate al professore dal dirigente scolastico. Ha continuato, poi, dicendo che gli articoli pubblicati in merito alla questione sul quotidiano “Senza Colonne” “si limitano ad alimentare la polemica di giugno dando per irrogati provvedimenti disciplinari che in realtà non sono stati presi, e occasione per lanciare un generico attacco alla severità dei docenti dell’istituto, piuttosto che avviare una pacata e seria riflessione più generale sul tema degli insuccessi scolastici.”

In cosa consiste la “pacata e seria riflessione”?

Ci risponde subito dopo lo stesso Pascarella: “Vorrei ricordare al riguardo che per favorire il successo scolastico di ciascun allievo e promuovere la qualità dell’istruzione, indirizzandola verso i livelli europei sono stati adottati provvedimenti, quali il decreto recante disposizioni in materia di interventi didattici, finalizzati al recupero dei debiti formativi e la relativa ordinanza, che consentono a tutti gli allievi di poter colmare le lacune che si evidenziano sin dai primi mesi attraverso corsi di recupero e attività didattiche, incentrate sulle loro necessità, che le scuole sono obbligate ad attivare.”.

Dovrebbe vergognarsi Pascarella. Farebbe meglio a tacere su questo. Se questa è la sua scuola, se questa è la scuola del suo superiore e ministro Fioroni, e con lui, la scuola di tutti i ministri che l’hanno preceduto, allora non è una scuola. È un’azienda e come tale non la vogliamo.

Segue, infine, nella risposta, una frase di circostanza in stile evangelico. Eccola: “Tutti sono chiamati a un serio impegno, ciascuno per il proprio ruolo: gli studenti, che devono imparare; la scuola, che ha il compito di far apprendere, anche attraverso corsi di sostegno e di recupero; le famiglie, che, puntualmente informate, sono responsabilizzate in questo percorso.”

Siamo sconcertati da queste risposte, di molto inferiori al silenzio. Lo stile evasivo del ragionamento del sottosegretario ben esplica quanto stia a cuore oggi, in un sistema scolastico consapevole del suo stesso fallimento, la voce di dissenso lanciata da un docente, quella voce che il dirigente Semeraro nella contestazione di addebiti definì come una “fonte di discredito, agli occhi del lettore e dunque della collettività, del buon andamento e dell’efficienza dell’ITIS”, nonché un “chiaro danno all’immagine della stessa Istituzione scolastica”.

Non crediamo che un vero provvedimento disciplinare possa peggiorare di molto questo rimprovero ingiusto, indebito e soprattutto contrario alle leggi della nostra Costituzione.

Sottoscriviamo appieno, dunque, l’insoddisfazione espressa da Folena per le parole pronunciate da Pascarella e ringraziamo le/i parlamentari del PRC per l’interesse dimostrato nei confronti di questa vicenda, che abbiamo voluto portare alla luce, perché emblematica dell’attuale sistema scolastico, un sistema regnato dall’arrivismo e dalla volontà di mantenere un’immagine nella scuola, un immagine a tutti i costi, anche quando il costo è altissimo.

Anche quando il costo è la libertà.

Raffaele Emiliano

6003417c7d4d14e1415d3af8a55ac12b.jpgContro il “fine pena mai” dal 1° dicembre sciopero della fame di carcerati e familiari

 

Il primo dicembre 2007 inizierà in Italia uno sciopero della fame da parte di gruppi di ergastolani, di loro familiari e di loro amici. La protesta da un lato punta a denunciare l’incostituzionalità della pena chiamata ergastolo e dall’altro ha lo scopo di sensibilizzare le coscienze sulla necessità di abolire tale pena dal codice penale e il “fine pena mai” dai certificati di detenzione.

A dirigere questa lotta saranno detenuti ergastolani che già si resero protagonisti di una lettera al Presidente della Repubblica, scritta alla fine di maggio di quest’anno, con la quale paradossalmente chiedevano la trasformazione dell’ergastolo in pena di morte.

Come ben sapeva Cesare Beccaria, la “pena di schiavitù perpetua” è qualcosa di molto peggiore rispetto alla pena di morte perché non si concretizza in pochi attimi ma nell’arco di moltissimi anni.

L’ergastolo è la più lunga pena di morte sociale. Ecco perché 310 ergastolani, pari a circa un quarto delle persone che in Italia hanno la condanna al “fine pena mai”, lanciarono quella provocatoria proposta.

Il ragionamento che fecero quei condannati alla peggiore fra le pene detentive filava alla perfezione ed aveva l’obiettivo di far riflettere sulla necessità di abolire l’ergastolo in quanto pena di morte camuffata.  

A quel punto il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano rispose attraverso una lettera del segretario generale del Quirinale Donato Marra; precisò di guardare con attenzione ai temi della giustizia e, fra di essi, a quelli relativi alla libertà delle persone e alle funzioni della pena; dichiarò di aver più volte auspicato un “ripensamento dell’intero sistema sanzionatorio e della gestione delle pene”; concluse affermando che le soluzioni di tali problematiche sono però di stretta competenza degli organi parlamentari e di governo.

In sostanza, mentre il Presidente della Repubblica si mostrò sensibile alle tematiche sollevate dagli ergastolani, gli organi parlamentari e di governo –se escludiamo la Commissione Pisapia per la riforma del codice penale e qualche gruppo parlamentare- hanno marciato in direzione contraria non solo rispetto alla possibilità di giungere ai livelli standard di civiltà giuridica della maggior parte dei paesi dell’Unione Europea ma anche rispetto al dettato della Costituzione della Repubblica italiana (che prevede la funzione risocializzante di tutte le pene) e all’auspicio del Capo dello Stato di un ripensamento dell’intero sistema penale. Hanno fatto passi indietro rispetto alla dinamica storica!!

Per stare al passo con la storia, invece di prendere a modello il fallimentare ed ipertrofico sistema penale degli USA, cioè della società più neoliberista e quindi più criminogena del mondo, bisognerebbe guardare agli intelligenti sistemi di diritto penale minimo di molti paesi che fanno parte dell’Unione Europea, applicare gli articoli della Costituzione della Repubblica italiana e prestare ascolto completo alle parole garantiste e antirazziste del Presidente Giorgio Napolitano.

Mentre il sistema politico italiano del bipolarismo è ormai fallito e nascono nuovi partiti e soggetti politici, si dischiude per altro uno spazio oggettivamente maggiore e forse anche più libero per le lotte contro le oppressioni vecchie e nuove, contro le oppressioni nei luoghi di lavoro, fra le mura domestiche, nei rapporti di una società multiculturale, rispetto alla questione ambientale e a quella dei beni comuni, nel campo della giustizia e a proposito di quei dimenticati che sono gli attuali 1224 ergastolani concretamente esistenti in Italia.

Nella maggior parte dei paesi dell’Unione Europea l’ergastolo è stato abolito da tempo; laddove esiste formalmente c’è stata la sua concreta moratoria che si materializza in pene detentive con chiaro e preciso “fine pena” oscillante fra i 15 e i 20 anni.

In Italia ci sono invece moltissimi ergastolani in carcere da oltre 25 anni e parecchi da quasi 30 anni!!!!  Per questo motivo ci sarà lo sciopero della fame per l’abolizione dell’ergastolo.

Come andranno le cose non è facile da prevedere. Sappiamo però che la lotta per l’abolizione dell’ergastolo è giusta in linea di principio e merita un adeguato sostegno da parte delle forze migliori di questo paese e dell’Unione Europea.

La situazione politica italiana è sicuramente molto difficile, ma l’Unione Europea non potrà far finta di niente se in Italia uomini e donne metteranno a rischio la propria vita per un obiettivo europeistico come quello dell’abolizione dell’ergastolo.

Ognuno deve assumersi le proprie responsabilità. Mai più “fine pena mai”!

                                                                                                                    Sandro Padula

 

552d06893bf605b1425db695ae3002cf.jpgLeggo su “Liberazione” del 15 novembre una lettera indirizzata da Michele De Palma, responsabile dell’area movimenti di Rifondazione Comunista, a Luca Casarini, uno dei leader italiani del movimento no-global, lettera in cui si auspica una riproposizione dei legami tra sinistra e movimenti.

Ebbene, credo che mai quanto in questo frangente storico, questa necessità possa essere avvertita in tutta la sua importanza. Stiamo assistendo nell’ultimo periodo a disastrose quanto sottovalutate derive qualunquiste e reazionariamente moderate nella politica italiana. Il successo dei comizi shock di Beppe Grillo, la nascita del Partito Democratico, un partito che amalgama due tradizioni per dar vita al nulla ideologico, le forti spinte centriste all’interno del governo, quel governo che qualcuno ha giustamente definito di merda, sono tutti segnali a dir poco preoccupanti per chi avverta il bisogno di una politica fatta anche (io direi soprattutto) di idee.

È vero, Genova è passata e con essa tutto un progetto è andato via.

Genova ha segnato, però, e a mio modesto avviso, un punto di non ritorno. Quella città, in quei tristi giorni del Luglio 2001, si è rivelata un laboratorio di partecipazione, ha visto nascere delle vere e proprie reti di cooperazione tra le più varie istanze portate avanti dai più diversi movimenti, dai no-global ai pacifisti, dagli ambientalisti ai mille gruppi di lotte e rivendicazioni.

Genova non può, dunque, essere passata invano.

Siamo noi stessi a non potercelo permettere, pena la nostra scomparsa all’interno dell’attuale naufragio politico italiano.

Il processo di unificazione della sinistra, la cosiddetta “Cosa Rossa”, non può essere l’unico progetto totalizzante per il nostro futuro.

Una sinistra vera deve, per sua stessa natura, tendere ad inglobare al suo interno ogni fermento, ogni rivendicazione di diritti, ogni richiesta di attuazione di un mondo diverso, antagonista di quello economicamente e politicamente ingiusto, come quello attuale.

Il legame col “movimento dei movimenti” deve, dunque, essere non solo avviato ma anche ricercato in ogni sua forma. Credo che sia un’importante occasione anche per noi stessi, militanti di Rifondazione.

La nostra  immagine ha subito nell’ultimo periodo una non lieve opacizzazione.

Ci aggiungo io: giustamente.

L’appoggio quasi forzato ad un governo per molti aspetti bugiardo e la convivenza in esso con centristi reazionari del calibro di Mastella e Dini, hanno, per forza di cose, avuto un loro effetto sull’elettorato, un elettorato come il nostro che, a differenza di quello di altri partiti, risulta poco avvezzo a compromessi governativi.

Ci aggiungo nuovamente io: fa bene.

Fa bene ad esserlo quando a non essere rispettati sono dei patti, quei patti elettorali che prevedevano rottura, e non modifica o peggio prosecuzione, di alcune leggi dei precedenti governi: legge 30, legge Bossi-Fini, legge Giovanardi-Fini, legge Moratti, e ancora l’istituzione della Commissione d’inchiesta sui fatti di Genova, quella famosa Commissione che richiedono a gran voce anche e soprattutto loro, i movimenti.

Una risposta la merita questa gente.

Credo che questa sia, ora, una delle priorità del nostro partito. Credo che lo sia a livello nazionale, ma ancor più a livello territoriale, in cui più forti sono le spinte propositive delle varie reti e associazioni. Penso a quanto successo coi movimenti No TAV o No Dal Molin, penso all’enorme partecipazione registrata in quelle lotte, una partecipazione spesso anche trasversale, una partecipazione che sicuramente (colgo l’occasione) ci sarà ancora e sarà massiccia nuovamente a Vicenza il 15 dicembre prossimo.

Lo stesso discorso vale anche per un ambito più ristretto come quello cittadino, quello di Francavilla dunque, in cui pure movimenti e associazionismi vari sono esistiti nel corso degli anni. A loro, a questi fermenti, che possono andare dai gruppi culturali a quelli sociali, da quelli prettamente politici a quelli esclusivamente territoriali (vedi il Comitato Territorio e Ambiente) bisogna guardare. Da parte nostra c’è tutta la volontà di volersi incontrare con ogni singola esperienza capace di arricchirci e di trarre spinta dal nostro contributo.

Il bisogno di unità è, oggi, una priorità.

A Francavilla, un’esigenza vitale per la sinistra.

Parliamone. Raffaele Emiliano

0f8a543e87961ef41c4562d9b255041f.jpg Alla salute!

 

 

Ieri sera, 24 Novembre, in Piazza Dante, ci siamo ritrovati ancora una volta a lanciare l’ennesimo grido contro l’ormai famigerata discarica.

Questa volta abbiamo voluto, però, farlo in maniera diversa.

Abbiamo voluto lanciare il nostro messaggio non servendoci solo della rabbia, pur sempre presente quando ad essere minacciato è qualcosa che ci appartiene, nella fattispecie la nostra terra.

Ci abbiamo aggiunto un po’ di gioia e di allegria, indispensabile a volte, indispensabile soprattutto quando a ritrovarsi insieme in un progetto sono persone che, divise per credo e tradizione politica, sono unite nella lotta.

Ed ecco che il vino si è confermato un buon collante, le castagne sono state, invece, la rivelazione.

La pizzica, poi, ha risuonato nella piazza come simbolo, uno dei tanti di cui la nostra terra può vantarsi, uno dei tanti che la rende bella. Insieme ad essa sono tutte le altre tradizioni a farci vanto, ma soprattutto è il nostro territorio in se stesso a risplendere agli occhi, un territorio che nessuno ha il diritto di rovinare per interessi propri. Se qualcuno si dovesse arrogare (e lo sta facendo) questo diritto che non gli appartiene, noi abbiamo non solo il diritto ma anche il dovere di riprenderci e di difendere il nostro paesaggio.

La terra è di chi l’ama. È di tutti noi.

Tutti insieme, dunque, quando si lotta per la terra, la nostra terra vittima di sciacalli e mezzo di arricchimento per i più vari sultani della spazzatura.

Tante sono state le presenze ieri sera, non tantissime però da far omettere chi invece, in quella piazza, ha voluto (da tempo ormai) non esserci. E quella piazza non è soltanto quella che ieri sera abbiamo riempito, è la piazza immaginaria in cui da tempo si trova a lavorare il “Comitato Territorio e Ambiente” che dalla sua nascita ad oggi ha incassato varie vittorie, mai troppe però finché non verrà quella vittoria, l’ultima, la sola capace di assicurarci che la nostra terra, Francavilla ma non solo, non sia più la vittima sacrificale degli interessi di gente, poca ma pericolosa, che su di essa ci vuole mettere le mani, e che ci riuscirebbe pure, come tante volte è successo, se dall’altra parte non ci fosse qualcuno pronto a resistere. Quella vittoria dovrà avere il sapore della certezza, la certezza che ogni discarica fuori norma venga chiusa.

Nessun “se”, nessun “ma”.

L’accento ieri sera si è voluto porre non solo sulla triste situazione francavillese, ma appunto su un ambito più vasto, comprendente le altrettanto critiche realtà vicine. Nella sola provincia di Taranto, ad esempio, sono ben 72 le discariche, decisamente troppe. Proprio in merito a questo problema, riguardante quel particolare ambito territoriale, ha voluto prendere parola ieri sera, dopo l’intervento iniziale di un membro del Comitato, un ragazzo, componente del “Presidio Permanente No Discariche”, il quale ha ben espresso quale sia l’offesa rivolta alla nostra Comunità: il dover ospitare discariche, quasi mai a norma di legge, accanto a elementi tipici di un paesaggio troppo spesso violato: gravine, santuari, masserie, vigneti e muri a secco. Ci ha voluto ricordare come la salute di migliaia e migliaia di cittadini pugliesi valga, al momento, meno dei profitti dei signori della spazzatura, quei signori dietro cui spesso, troppo spesso, si cela una neanche poi troppo dissimulata ombra criminale. Il sospetto è lecito, direi sin troppo evidente: i rapporti tra i vari poteri amministrativi e le ecomafie si vanno via via intrecciando e irrobustendo. A farne le spese siamo proprio noi.

La nostra salute non può continuare ad essere sottomessa a questi sciacallaggi.

Ieri sera è stata una bella prova di partecipazione, una prova riuscita, ma questo non significa essere soddisfatti. Noi non saremo soddisfatti finché non si provvederà a chiudere definitivamente ogni discarica dietro cui si celi, oltre ad una gestione e ad un utlizzo impropri, anche la presenza di poteri nascosti e di certo contrari agli interessi della collettività.

Ieri sera è stata una festa. Abbiamo bevuto del vino, abbiamo assaporato le caldarroste, abbiamo ascoltato della buona musica (ringraziamo il gruppo folk “Jazzabbanna” per il bel lavoro).

Abbiamo passato una serata insieme, all’insegna delle nostre tradizioni, quelle che nessuno potrà mai rovinare.

Non ci riuscirà nessun amministratore, che di certo non è stato eletto per fare scempio di un territorio che non è suo, ma di tutti noi.

Men che mai ci riuscirà chi, col suo potere losco, pretenda di assoggettarci tutti per permettersi di trarre profitti nel trasformare le nostre città in delle grandi pattumiere.

Sono questi signori i veri rifiuti, neanche poi tanto speciali.

Forse senza di loro qualche discarica ce la saremmo già risparmiata.

La lotta continua.

 

Alla salute!

La nostra, si intende.

 

Raffaele Emiliano

 

Alessandro S., un giovane di 26 anni, aveva il pollice verde per un tipo particolare di vegetazione, la marijuana. Nel 2005 è stato denunciato perché coltivava almeno 4 piantine di quella specialità esotica. Ieri mattina il giudice per le udienze preliminari a Sanremo, Edoardo Bracco, durante il processo in forma abbreviata ha scagionato il ragazzo da ogni accusa, riconoscendo che quelle piantine servivano per il proprio uso personale. Le piantine, infatti, vennero trovate in alcuni vasetti sul terrazzo. Un fatto quest’ultimo che per il magistrato non comporta la coltivazione data piuttosto dalla presenza di un terreno e di una semina. Il giovane è stato così segnalato alla Prefettura e non dovrà rispondere neppure della detenzione ai fini di spaccio. Una buona notizia che si agiunge ad un’altra proveniente dal California Pacific Medical Center, secondo la quale il cannabidiolo sarebbe in grado di bloccare le metastasi del cancro, in particolare di quello al seno. Però nell’Italia proibizionista non è consentito l’uso della marijuana nemmeno in quei campi dove la sostanza – come spiega Umberto Veronesi – non ha alcun effetto psicoattivo e il suo utilizzo non viola la legge sugli stupefacenti e dove sono più che accertate le sue capacità terapeutiche: per combattere l’inappetenza nei malati di Aids, per contrastare le nausee di chi è costretto a ricorrere alla chemioterapia o per sedare gli spasmi nei malati di sclerosi multipla. Prendiamo, per esempio, il Sativex: «In Italia questo farmaco lo si deve importare – come ricordano i Radicali – ma ci sono Asl che si accollano la spesa», altre lo importano a spese del paziente e altre ancora si rifiutano di importarlo anche a pagamento. Cosa aspetta il ministro Livia Turco a consentire finalmente tali cure, a fare chiarezza, a mettere un po’ d’ordine? «Se la cannabis può servire a curare e a far star meglio, ben venga»». E’ il commento del ministro della Solidarieta’ sociale, Paolo Ferrero. «Che la cannabis abbia proprietà terapeutiche – ha detto il ministro – è noto. Bisogna assolutamente utilizzare la cannabis per le sperimentazioni».

da liberazione del 21/11/07

08e49a92b3b7b258b3868f798e0c2c69.jpgINDIETRO TUTTA

E’ di ieri, 21 novembre, l’assurda notizia e l’ennesima trovata della ex casa reale italiana, i Savoia.

La pretesa avanzata da Vittorio Emanuele e dal figlio Emanuele Filiberto è di 260 milioni di euro di indennizzo  per i danni morali subiti a causa dell’esilio, sommati a tutti i possedimenti della famiglia risalenti al periodo del loro regno, tra cui anche il Quirinale!

Con l’arroganza classica di un “sangue blu”, non curandosi delle istituzioni democratiche del nostro Paese, il rampollo di casa Savoia afferma di esser convinto di poter spendere il bottino sicuramente meglio del governo italiano, avanzando addirittura un programma quasi progressista! “Se avremo quello che stiamo chiedendo, quei soldi ritorneranno agli italiani, in case popolari, borse di studio, aiuti per chi ne ha bisogno”.

In una lettera aperta Emanuele Filiberto spiega la “difficile” decisione che ha spinto la sua famiglia a intentare una causa allo Stato italiano, sottolineando che il dolore subìto non ha prezzo e che la cifra richiesta, se ottenuta, verrà devoluta alla “Fondazione Savoia” che si occupa di portare avanti progetti in favore delle fasce meno agiate della popolazione. “E’ una questione di giustizia, la legge è uguale per tutti, io credo di avere dei diritti come qualunque altro italiano, chiediamo quello che ci spetta. Se ci daranno ragione e riotterremo quello che vogliamo è già pronta una fondazione nella quale devolvere i soldi”.

E pensare che nel 2002  i Savoia assicurarono di voler rinunciare ad ogni risarcimento pur di poter tornare in Italia. “Signor presidente, desidero assicurare che è mia intenzione ritirare il ricorso, che presentai avanti alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con sede a Strasburgo, una volta approvata la legge costituzionale abrogativa dei due primi commi della XIII disposizione transitoria…”: era l’8 luglio del 2002 e Vittorio Emanuele di Savoia scriveva così all’allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Inoltra nella lettera Vittorio Emanuele scrisse che una volta abrogata la parte della Costituzione che ne impediva il rientro in Italia e “decorsi i tre mesi prescritti” senza che venisse “richiesto il referendum confermativo” non si correva più alcun pericolo risarcitorio perché, trascorso questo breve periodo “potrà dirsi per quella vicenda cessata la materia del contendere”.

Qualcosa, da quella lettera è sicuramente cambiato, e oggi la “materia del contendere” è stata quantificata in 260 milioni di euro.

La richiesta del risarcimento è in aperto contrasto con lo spirito che ha portato all’approvazione del progetto di legge abrogativo della norma costituzionale che impediva ai Savoia di tornare in Italia. E in più dimostra quanto fossero “strumentali” dichiarazioni di Vittorio Emanuele come quella che pur di tornare in Italia si sarebbero accontentati anche di “un camper”.

E’ una pretesa assurda. Dovremmo essere noi cittadini italiani a chiedere il risarcimento morale per la cattiva condotta di Vittorio Emanuele III che facilitò l’avanzata del fascismo e con esso il tragico dramma della seconda guerra mondiale.

Sono notizie tristi per la democrazia nel nostro Paese, che fanno rabbrividire i Padri della Costituente ancora in vita e fanno rivoltare nelle tombe quelli già morti.

Ma questa gente cosa se ne importa della democrazia e della nostra Costituzione? Sono monarchi, quindi non possono essere democratici, sarebbe una contraddizione. E applicano alla lettera la loro carica. Infatti pensano ancora che il potere sia una questione di casate, di possedimenti territoriali e di titoli nobiliari, invece non è così. Bisognerebbe ricordare a questi gentiluomini che dopo che Vittorio Emanuele III fuggì dall’Italia (sennò chissà che fine avrebbe fatto), nel nostro Paese si innescò un processo politico chiamato REPUBBLICA che non prevede affatto la presenza di un monarca o la sua tutela. Solo un grande statista come Berlusconi poteva riuscire a cedere alle pressioni di un sovrano esiliato per gravi motivi politici.

Questa è gente pericolosa. Crede che il Paese graviti intorno a loro e ai loro pettegolezzi. Si va in massa a salutare il ritorno dei “nostri grandi sovrani”, si assiste trepidanti davanti al televisore al matrimonio del principe, si festeggia la nascita della figlia di quest’ultimo ed è incredibile che, dopo quello che hanno combinato ad inizio secolo, abbiano ancora proseliti! (come l’Unione monarchica italiana).  

Ma che ci vogliamo fare? Siamo in Italia, il Paese dove tutto gira al contrario. E allora, dopo che è stato modificato il testo costituzionale per il ritorno di questi vigliacchi, è anche legittimo che costoro chiedano il risarcimento per i danni morali.

Poi cosa vorranno? Vorranno partecipare alle elezioni del nostro Paese? O Faranno leva su quei seguaci che ancora hanno per ritornare sul trono?

Tanto ormai…

Enrico Saponaro

cfa6b664056d7aea64670825d055bc20.jpgRagione e dignità

Giusto qualche secolo fa in Italia, in una società nella quale superstizione, pregiudizio e riverenza divina erano ideali molto forti,fioriva un movimento culturale chiamato Rinascimento. Questo movimento non accettava più  l’uomo succube della fortuna (intesa come volontà divina),ma anzi proponeva l’uomo come artefice della sua storia. Ad una visione di tipo “teocentrica ” ,viene sostituita una visione di tipo “antropocentrica ”. L’uomo insomma riprende in mano la ragione e la sua dignità, che per molti secoli erano state lasciate in  prestito alla Chiesa.

Ed è proprio di questo che voglio parlare: ragione e dignità. Tracciando un quadro generale sulla nostra società capiamo che questi due valori, per i quali un tempo la gente lottava,sono ormai ,usando un termine al passo coi tempi”,da sfigati”.Proprio così, chi nella vita vuole “realizzarsi veramente” non può fare a meno di furbizia, forza e denaro. Sono questi gli ideali in cui noi crediamo,ideali che offre la società capitalistica, una società che si affanna ad espandersi economicamente e militarmente ,ma che trascura l’essenza vera dell’uomo. Sono arrivato a tali conclusioni osservando semplicemente più da vicino la vita di tutti i giorni. Sei a scuola? Qualcuno cercherà sempre di superarti, qualcuno sarà sempre invidioso dei tuoi voti, qualcuno ti terrà sempre a bada con qualche minaccia!!! Sei a casa e vedi un telegiornale?Si parla di maggioranza fiduciosa al senato,opposizione che chiede il voto anticipato,si discute se cacciare tutti i romeni dall’ Italia e ci si arrovella su un omicidio che cadrà in prescrizione. Se invece finisci di studiare ed esci un po’, tranne alcune sporadiche presenze di posti di aggregazione alternativi,anche essi dubbi,una delle possibilità di “svago” è la piazza del paese:posto che di solito è pieno di bar e pizzerie,insomma l’apoteosi del consumismo. Qualcuno potrebbe propormi l’interesse per la politica….ah perchè questa è politica? Non riesco a capacitarmi del fatto che un senatore dice due puttanate per qualche anno e ha una pensione facile facile,mentre una persona normale;ammesso il caso che riesca a trovare lavoro,deve fare sacrifici per quaranta anni per poi campare il resto della sua vita con 700 euro al mese.

A questo punto l’unica possibilità per cambiare qualcosa è un nuovo Rinascimento. Bisogna elaborare alternative concrete al capitalismo e al consumismo. Qualcuno,ahimè, ha già fallito nel tentativo. dobbiamo distruggere l’attuale “kleptocrazia” e restaurare la nostra cara democrazia. Bisogna riportare al potere il popolo,un popolo che ha voglio di giustizia di sapere e di rinascere.     

Nicola Modugno

2c09c1311724006c39a9de73f452d4f2.jpg“RIFIUTI s.p.a.”

La ditta “RIFIUTI s.p.a.” è lieta di presentarvi un nuovo prodotto.

Avete problemi coi vostri rifiuti industriali, pericolosi o speciali? Non sapete dove gettarli? Volete risparmiare su smaltimento e stoccaggio?

Noi abbiamo quello che fa per voi.

Abbiamo progettato per voi una nuova discarica. Voi direte: ma è come tutte le altre!

E invece no! Sembra una comune discarica, e invece ci potete gettare di tutto.

Di qualsiasi cosa vi vorrete liberare, la nostra discarica è il posto che fa per voi.

Non perdetevi questa incredibile offerta.

Per le prime dieci chiamate riceverete anche due frigoriferi rotti, un materasso lacero e una lastra di amianto. Potrete così cominciare a divertirvi già da ora.

Ho deciso di presentarlo così il problema delle discariche in Italia, in maniera un po’ scherzosa e ironica.

Dietro il sorriso si cela, però, la triste verità di una situazione, di un dato di fatto.

La proliferazione, la cattiva gestione e l’utilizzo non idoneo delle discariche sono alcune tra le questioni più attuali. Valga come esempio quello che si è venuto a creare a Francavilla: le discariche, la loro gestione fuori da ogni regola, le proteste dei cittadini, il Comitato Cittadino “Ambiente e Territorio”. Insieme a Francavilla altre realtà sono interessate dalla stessa emergenza, dalla vicina Grottaglie ai più lontani paesi campani, dove la situazione è addirittura catastrofica.

Un dato statistico risalta più d’ogni altro: sono quattro le regioni che da sole si dividono l’onere di assorbire quasi la metà del totale nazionale di reati ambientali, tra cui principalmente, appunto, quelli riguardanti i rifiuti. Per una strana coincidenza queste quattro regioni si trovano tutte a sud: Sicilia, Calabria, Puglia e Campania. Ci vedete altre coincidenze? Si: sono esattamente le quattro regioni a presenza mafiosa. Puro caso?

Si stima che i rifiuti fatti sparire nel nulla equivalgono a una montagna grande quanto il Gran Sasso.

Vuol dire che anche noi al sud abbiamo finalmente un grande rilievo, un promontorio, una vetta insomma. Peccato che sia una grande, alta e putrida montagna di merda.

Un vero e proprio contropotere, insomma, in grado di intervenire in maniera devastante su vaste aree del territorio. E’ il sitema dell’ecomafia. E’ l’emergenza ambientale che incombe da tempo sul nostro paese. Quelli più noti attraverso i vari mezzi d’informazione sono solo i casi più eclatanti, rispetto a tante altre realtà cresciute all’ombra di condizionamenti economico-sociali di diversa natura, da quelli industriali a quelli imposti dalla criminalità organizzata.

Le tipologie dell’illecito ambientale hanno subìto con gli anni varie modifiche. Si è passati dalle grandi discariche abusive ad un sistema basato sugli interramenti non visibili e sull’abbandono incontrollato dei rifiuti in aree e strutture preventivamente individuate. Oggi i traffici dei rifiuti seguono procedure più complesse che controllano tutta la fase del trasporto e dello stoccaggio, previa falsificazione dei documenti.

E’ questo il vero reato di “devastazione e saccheggio” tanto in voga ultimamente. A compierlo non sono dei manifestanti, sono soltanto dei criminali. A subirlo non è altro che il nostro territorio, il nostro ambiente. È la nostra terra ad essere quotidianamente devastata e saccheggiata. A guadagnarci sono solo le organizzazioni criminali.

Altre ricerche ancora mettono in risalto le conseguenze sulla nostra salute: uno studio fatto in Campania conferma che lo smaltimento abusivo dei rifiuti causa un aumento della mortalità del 9-12% e dell’ 84% di malformazioni.

Basta così? Possiamo ritenere di avere buoni motivi per lottare contro questo scempio?

Francavilla è un tassello di questo enorme puzzle illegale, oppure siamo un caso a parte?

Raffaele Emiliano

 

5ef71dff799220b7c475ae51c52ccee9.pngSabato mattina, 17 novembre, ho visto, con i miei occhi, le conseguenze dello scempio, arrecato da sciacalli famelici, al P.R.C.: forti nel distruggere la porta della sede del partito, deboli nella loro infima paura, quando hanno invaso, rubato, rovistato.

Già: quella notte, tra venerdì e sabato, lì dentro, è entrata LA PAURA!!

La paura di chi non ha coraggio; la paura di chi nasconde se stesso ed i suoi più bassi interessi; la paura degli affari che non si devono”dire” e non si devono”toccare”; la paura di chi non ha più ideologie o valori in cui credere e per cui lottare,di chi non ha più la passione del vivere e la ricchezza del sentire, andando oltre e guardando ad un’altra diversità d’essere e d’agire.

La più grande gioia sta nel”sorridere d’orgoglio”,dopo aver pianto rabbia buona, quando vedo che, lì dentro, è entrato chi ha paura di Rifondazione Comunista, di un partito che si muove e che muove qualcosa, raccontando e denunciando con interrogazioni parlamentari (vedi quella recente dell’on.  Donatella Duranti in merito alla vicenda preside I.t.i.s. di Francavilla vs il prof. Trisolino), con un’attiva e significativa lotta, non solo, contro la discarica, ma contro i poteri forti e gli affari di Palazzo Imperiali, anche, portando a Francavilla , in un periodo di episodi malavitosi, il Presidente nazionale della Commissione Antimafia, non per ”cantarsela e suonarsela da soli”, ma per denunciare ancora una volta ed un’altra volta ancora, ricordando cosa si sta facendo per combattere l’illegalità ad ogni livello, ma anche, quanto molto si può fare,ancora, in tal senso.

Infine abbiamo provato anche a dire che esiste ancora una Politica buona o Buona politica(fate voi) e che bisogna riprovare ad avere coraggio contro ogni omertà o potere mafioso.

Retorica?

Questo,semplicemente, è non aver paura!

A chi ha dato alle compagne ed  ai  compagni del P.R.C., di Francavilla , del ”razzista o del fascista dell’antifascismo”, auguro di riflettere sull’opportunità di restituire centralità al dibattito ed alla lotta sulle dinamiche che muovono episodi o fenomeni di razzismo, quello vero però!

Soprattutto, auguro di ridimensionare la propria rabbia, perché di questa rabbia cattiva  nessuno ha bisogno!

Vi saluto con una frase che non finirò mai di riportare, ovunque andrò: “Se dai un pezzo di pane ad un povero, tutti ti diranno che sei un santo uomo; ma se ti chiedi  PERCHE’ quel povero non ha un pezzo di pane, tutti ti diranno che sei un pericoloso rivoluzionario.”                             

                                                                                                                      Ivana Andriulo

denunzia dep carabinieri.jpge663d948c43cc770ae406f64c8429856.jpg Ennesimo vile attacco alla sede del partito della Rifondazione Comunista di Francavilla Fontana.

Il gesto vandalico ma di chiara genesi politica e di chiara matrice, segue i precedenti nove  episodi ai quali purtroppo non è seguita alcun riscontro né individuazione dei soggetti responsabili.

Appare arduo non ricollegare tale episodio al ruolo attivo, all’impegno ed alla battaglia politica e sociale che il partito della Rifondazione Comunista ha sempre svolto in questi anni e, in modo particolare, impegnata attivamente a fianco di coloro, associazioni e forze dell’ordine, che hanno ottenuto il sequestro della locale discarica.

Stefano Voccoli capogruppo PRC consiglio comunale Emanuele Modugno Segreteria provinciale PRC