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Oltre 5000 persone sono partite oggi da piazza Dante per il corteo contro il razzismo, il neo-fascismo e il sessismo. Studenti delle scuole superiori e dell’università , i movimenti sociali napoletani, il coordinamento dei precari della scuola, i collettivi Glbt, una folta rappresentanza del coordinamento degli immigrati, associazioni come Attac, i comitati ambientalisti come Chiaiano e realtà democratiche di Materdei (il comitato di quartiere che ha già fatto un manifesto contro Casapound, i giovani del Pd, della sinistra radicale e di alcune associazioni) . Una presenza imponente (in un giorno feriale…) che probabilmente oggi nessuna forza politica della città riesce a mobilitare!

Il collante che ha tenuto insieme tutte queste presenze era semplice: nell’anniversario delle quattro giornate di Napoli, il rifiuto totale della presenza di gruppi xenofobi e neofascisti nei nostri quartieri! Come Casapound nel convento di Materdei. Quest’organizzazion e che si presenta con la faccia pulita davanti alle telecamere per cercare legittimazione, è parte di una struttura nazionale che ovunque organizza lo squadrismo contro gli immigrati, le diversità e gli studenti (vedi la famosa aggressione di piazza Navona). Il loro leader Iannone è un convinto negazionista dell’Olocausto, si definisce un “fascista del terzo millennio” e considera Hitler “un rivoluzionario” . Basta fare un giro su You tube o google per sincerarsene. ..

Il resto è ipocrisia, parallelismi che non stanno ne in cielo ne in terra. Noi non siamo di nessun partito. Siamo gli studenti dell’Onda che si mobilitano nelle scuole e nelle università per difendere il diritto allo studio, quelli che occupano e riaprono dal basso spazi sociali da anni, quelli che hanno resistito alla devastazione ambientale della nostra regione da Chiaiano ad Acerra, che lottano contro la precarietà e il carovita. Rivendichiamo questi diritti e ci riprendiamo il diritto a mandare via dai nostri quartieri organizzazioni incostituzionali che teorizzano e organizzano la prevaricazione razziale, incoraggiati forse da un governo che lascia morire in mare o nei campi libici migliaia di migranti e di profughi.

Il corteo ha avuto una voce poliforme, dai Kalifoo ground music, immigrati di castelvolturno che hanno costituito un gruppo musicale il cui nome “Kalifoo” significa “schiavo a giornata”, alla voce di giovani precarie che la vulgata neofascista rivorrebbe chiuse in casa…

Pur essendoci grande rabbia, la manifestazione ha attraversato tutta Materdei, in cui diversi di noi pure abitano, in maniera assolutamente pacifica e colorata. Per rispetto del quartiere e per continare a comunicare come già si è fatto in tutti questi giorni.
Usciti dal quartiere, su via Santa Teresa, abbiamo chiesto di deporre una targa in Salita San Raffaele a Maddalena Cerasuolo, resistente proprio del quartiere Materdei, protagonista in quelle strade nella difesa della città. Abbiamo chiesto che potesse farlo almeno una delegazione di 10 persone. La polizia ha negato questa possibilità, sostenendo che potevano esserci provocazioni verso la delegazione. “Perchè?” – “Perchè sono fascisti”… Smascherata questa ipocrisia, il corteo ha provato a passare con schermi difensivi su cui erano delle gigantografie dei motivi della manifestazione, il no al razzismo e a chi inneggia agli orrori della tirannia, come i campi di concentramento. (le foto erano di un ragazzo africano pestato dai neo-fascisti, di Auschwitz e delle deportazioni nel ghetto di Varsavia).

La polizia ha respinto il tentativo, poi però ha anche caricato inutilmente gli studenti nel mezzo per spaccare in due tronconi il corteo. E ha preso a sparare lacrimogeni verso l’alto dove si trovavano studenti inermi. (Alleghiamo le foto di una delle persone colpite). Alla fine sei manifestanti sono rimasti feriti e due sono stati ospedalizzati. Uno in particolare è ferito in modo pesante con 7 punti di sutura alla testa! In questa circostanza la testa del corteo, arretrando, ha usato qualche fumogeno e qualche petardo per non essere caricata lungo la discesa. Li la situazione si è tranquillizzata e le due parti di corteo si sono ricongiunte al museo, per terminare a piazza Cavour.

Ma la mobilitazione non si arresta! l’assemblea antirazzista e antifascista si riunirà all’Università venerdi prossimo alle 17. La mobilitazione continua! Noi i fascisti non li vogliamo!!

Qualcuno pensa che disseminare un pò di squadristi in giro possa far digerire precarietà, carovita e discriminazione degli immigrati. La riattualizzazione di un vecchio giochino… Ma chi ha occhi per vedere sa che i numeri di oggi dimostrano che c’è una generazione di napoletani che è determinata a cambiare la sua città!

“Non si può essere tollerante con gli intolleranti” Hannah Harendt

Rete napoletana contro il razzismo, il neo-fascismo e il sessismo

NOI I FASCISTI NON LI VOGLIAMOultima modifica: 2009-10-01T09:53:51+02:00da casadelpopoloff
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10 Thoughts on “NOI I FASCISTI NON LI VOGLIAMO

  1. Se la firma del presidente della repubblica sulle leggi non serve a niente , a cosa serve il presidente della repubblica ?Non ho resistito. Ho scritto al Quirinale:Presidente,Sarò moderato, per prima cosa perché mi reputo una persona educata, e poi perché, anche grazie a lei, Orwell è sempre più attuale. Nello specifico, come riportato nel “La fattoria degli animali”: “Tutti gli animali sono uguali ma alcuni sono più uguali degli altri”.Lei rappresenta certo l’attuale opposizione, almeno la stragrande maggioranza di essa, ma non rappresenta me.L’articolo 74 della Costituzione recita: “Il Presidente della Repubblica, prima di promulgare la legge, può con messaggio motivato alle Camere chiedere una nuova deliberazione.Se le Camere approvano nuovamente la legge, questa deve essere promulgata”.Il suo dovere è essere garante di essa, e non firmare qualsiasi cosa le si presenti perché tanto poi sarebbe obbligato a farlo. Lei è un dipendente dei cittadini e in qualsiasi impresa sarebbe messo alla porta. Non firmare una legge vergognosa, solo l’ultima tra le tante che già ha firmato, darebbe un chiaro segnale e, soprattutto non la renderebbe complice.Io credo che gli italiani, anche se si lasciano facilmente trascinare dal populismo di turno, alla fine hanno memoria. Vittorio Emanuele III firmò le leggi razziali. Probabilmente sarebbe stato poi obbligato a farlo, ma certo non ha opposto resistenza. Il tempo è poi trascorso, e l’Italia s’è ricordata di questo, dando il giusto ringraziamento alla viltà del Re.Io non so come lei voglia essere ricordato, se vuole esserlo.Saluti.

  2. Ghedini: “La legge è uguale per tutti, ma non la sua applicazione” ma come si fa ad ascoltare queste parole senza prenderlo a schiaffi?”L’applicazione della legge non è uguale per tutti” Indovinate chi l’ha detto?Mavala Ghedini ovviamente, al momento di fare l’arringa davanti alla Corte Costituzionale! Roba da pazzi!!! E se quelli della consulta gli danno ragione? Che facciamo?E Pecorella dice pure di peggio: “Berlusconi è super partes”… E glielo facciamo dire impunemente?E poi perché c’erano solo gli avvocati del pornoduce? E perché non c’erano quelli di Fini, Napolitano e Schifani? Che il lodo Alfano serva SOLO all’utilizzatore finale?Leggete che roba…La legge è uguale per tutti, ma non necessariamente lo è la sua applicazione”. Niccolò Ghedini, avvocato del premier Berlusconi, impegnato a difendere di fronte alla Consulta il lodo Alfano che protegge dai processi il suo assistito, nonché suo leader di partito. Rincara la dose l’altro avvocato/parlamentare del Cavaliere: “Con le modifiche apportate alla legge elettorale non può essere considerato uguale agli altri parlamentari. Non è un primus inter pares ma un primus super pares”.Se i costituzionalisti si berranno questi ultimi ridicoli tentativi ci si deve domandare come giustificheranno il lodo Alfano di fronte all’art.3 della Costituzione che recita:Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

  3. Berlusconi. La paura per i processi. I possibili scenariRitiene che il suo potere sia quello di un sovrano assoluto. Processato a Palermo, il maggior referente di Cosa Nostra parla di Forza ItaliaROMA – La pronuncia della Corte costituzionale sul lodo Alfano che lo ha bocciato con un preciso riferimento all’articolo 3 della costituzione sull’eguaglianza dei cittadini e all’articolo 138 sulla procedura necessaria per modificare la carta costituzionale ha prodotto, e c’era da aspettarselo, un immediato ed aspro scontro istituzionale.Nella notte successiva alla decisione il presidente del Consiglio che non ha mai capito che la nostra Costituzione parla di sovranità popolare all’interno delle leggi e della Costituzione medesima e non di quella sovranità assoluta di cui parla sempre Berlusconi.Così quest’ultimo si è lasciato andare a veri insulti verso gli esponenti del centro-sinistra (dicendo all’on. Bindi che è più bella che intelligente) e al Capo dello stato accusato di slealtà e ricacciato assai più a sinistra di quanto sia mai stato.Il capo del governo ha proferito gravi minacce contro gli italiani dicendo loro che vedranno di che pasta egli è fatto ma la sua collera ha mostrato soprattutto la paura e l’irritazione che lo ha preso di fronte ai tre processi che ora dovrà affrontare. In particolare quel processo Mills che dovrà ripartire dall’inizio ma che ha già stabilito dall’inizio che l’avvocato inglese è stato corrotto e che dunque il corruttore non può essere,allo stato della documentazione,che Silvio Berlusconi.Non è neppure un caso che l’imputato Giuffrè,processato dal tribunale di Palermo e collaboratore di giustizia daalcuni anni, ha parlato ieri, per la prima volta, di Forza Italia come del maggior referente di Cosa Nostra nel 1993, dopo la cattura di Totò Riina e l’avvento al potere di Provenzano.La testimonianza di Giuffrè è di grande importanza perché si tratta di uno degli uomini che facevano parte del cerchio ristretto dei capi di Cosa Nostra e l’indicazione del rapporto proprio nel ’93 con il nascente partito del leader populista fa pensare a quella stagione delle stragi che insanguinò l’Italia proprio quell’anno.In questa situazione possiamo dire, con una certa sicurezza, che sono possibili sviluppi assai diversi.La prima possibilità che si profila,dopo quella sentenza,è che il presidente del Consiglio sia condannato nel caso Mills o in uno dei successivi che lo attendono. Ma questo di per sé non lo condurrà necessariamente alle dimissioni sia perché si tratterebbe, comunque, di sentenze di primo grado e nel nostro ordinamento soltanto al terzo grado si può parlare correttamente di colpevolezza accertata per l’imputato.Sia perché il capo del governo, abituato a parlare di giudici di sinistra e politicizzati, non si sentirebbe,a differenza di tutti i suoi colleghi europei e occidentali,in nessun modo in imbarazzo di fronte a una prima o a una seconda condanna.La seconda possibilità è che le sentenze di condanna si succedano una dopo l’altra e che si ripetano ancora nei giudizi di appello. Potrebbe succedere che di fronte al ripetersi delle condanne e alle conferme in appello,Berlusconi si senta, comunque, in difficoltà e anche per evitare possibili defezioni nel proprio campo decida di andare a nuove votazioni per riaffermare il successo della propria maggioranza.Il ritorno alle urne è uno strumento che più di una volta in passato leader populisti come Berlusconi(e penso,tanto per fare un esempio,al caso di Peròn) hanno messo in opera per riacquistare il consenso popolare che peraltro il Cavaliere continua a dire di non aver mai perduto.Se questa possibilità si realizzasse non subito ma nei prossimi mesi o nel prossimo anno,la palla andrebbe al centro-sinistra e alla sua capacità di sconfiggere il centro-destra.E su questo punto occorre dire subito con chiarezza che la situazione appare difficile e tutt’altro che rassicurante.Il partito democratico continua ad aggirarsi in una situazione di incertezza e difficoltà.C’è da augurarsi che la scelta finale del nuovo segretario non subisca ritardi e non dia la stura a scissioni di cui si continua a parlare:non di Rutelli che sembra in grado di andarsene da solo o con i suoi quattro gatti ma altro sarebbe se la vittoria che sembra ormai probabile di Bersani spinga la componente della Margherita a lasciare il partito.Ma, soprattutto, appare incerta la politica delle alleanze da parte del maggior partito di opposizione.La scelta dell’UDC piuttosto che dell’IDV appare fondata su un calcolo di assai breve respiro ed è sperabile che non sia perseguita dal vincitore della difficile disputa.

  4. Ma se Berlusconi muore, la Carfagna gli fa le pompe funebri?Un migliaio di persone hanno sventolato bandiere arcobaleno e striscioni con la scritta ‘Diverso tra gli uguali’. Lettera del ministro delle Pari opportunità: “Non siete soli nella battaglia contro le intolleranze e ogni forma di violenza”Roma, 10 ottobre 2009 – Circa un miglialio di persone hanno preso parte questo pomeriggio alla manifestazione ‘Uguali’, promossa dal movimento Lgbt contro “l’ondata di violenza e odio verso le persone più deboli e gli omosessuali”. I manifestanti hanno sventolato centinaia di bandiere arcobaleno e striscioni con la scritta ‘Diverso tra gli uguali’. Tra i presenti in piazza, la parlamentare del Pd Paola Concia, l’ex deputata Vladimir Luxuria, il candidato alla segreteria del Pd Ignazio Marino, l’attrice Maria Grazia Cucinotta. Tra i partiti che hanno sostenuto l’iniziativa, Italia dei Valori, Sinistra e Libertà e Partito dei Comunisti italiani. Dal palco, prima degli interventi, è stato chiesto un minuto di silenzio in memoria dei morti dell’alluvione di Messina. Dal palco gli organizzatori hanno ringraziato il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che “per due volte si è pronunciato e ha restituito a tutti noi rispetto e dignità’’. È stato accolto tra i fischi il messaggio inviato dal ministro delle Pari opportunità Mara Carfagna. Il messaggio è stato comunque letto dal palco: “Non siete soli – scive il ministro – nella battaglia contro le intolleranze e ogni forma di violenza. È mia volontà come ministro per le Pari opportunità lavorare al contrasto delle discriminazioni qualsiasi sia la loro forma”. “Non è un caso che il Parlamento – si legge ancora nel messaggio – anche grazie al prezioso lavoro della deputata Paola Concia stia discutendo una norma che prevede aggravanti per i reati commessi a scopo discriminatorio. Desidero anticiparvi che a breve partirà un’importante campagna di comunicazione contro l’omofobia e tutte le forme di intolleranza. È la prima volta che un governo si impegna in maniera così massiccia a portare la lotta contro le intolleranze dentro ciascuna casa, sui muri delle città. Ciò di cui abbiamo bisogno è un cambiamento culturale”.”La portavoce di ‘Uguali’, Fabianna Tozzi, e tutti i rappresentanti delle più importanti associazioni gay, lesbiche e trans italiane che ho incontrato giovedì – c’era scritto – mi hanno molto gentilmente invitata alla vostra manifestazione di oggi e, di questo, li ringrazio. Per precedenti impegni istituzionali, però, purtroppo non potrò essere con voi”.

  5. IMMAGINATE LA DEMOCRAZIA NELLE MANI DI BERLUSCONI: IL PREMIER AGLI INDUSTRIALI “VOI PENSATE AL BENESSERE,ALLA DEMOCRAZIA GHE PENSI MI”IL PREMIER AGLI INDUSTRIALI: RIBELLATEVI AGLI ANTI-ITALIANI- NON SI PREOCCUPI PADRINO STIAMO FACENDO TUTTO LO POSSIBILE, PER MANDARLO A CASA CI PENSIAMO NOI.”VOI PENSATE AL BENESSERE,ALLA DEMOCRAZIA GHE PENSI MI”VOI IMMAGINATE LA DEMOCRAZIA IN MANI DI BERLUSCONI ?VOI IMMAGINATE LA DEMOCRAZIA IN LE MANI DE UN BUGIARDO CORRUTTORE, CHE NON RISPETTA LA SEPARAZIONE DEI POTERI E CHE PRETENDE IL POTERE ASSOLUTO ?VOI IMMAGINATE LA DEMOCRAZIA IN MANO DI UN DEMAGOGO AUTORITARIO CHE NON RISPETTA LA LIBERTÀ DI ESPRESSIONE ?VOI IMMAGINATE LA DEMOCRAZIA IN MANI DI UN DITTATORE DELLE REPUBBLICHE DELLE BANANE CHE CI DE PRESTIGI DI FRONTE AL MONDO.VOI PENSATE LA DEMOCRAZIA IN MANI DI UN DEMAGOGO CHE DI FRONTE A UNA TRAGEDIA COME IL TERREMOTO DE L’AQUILA FACCIA UN SPOT PUBBLICITARIO E DOPO SPARISCA ABANDONANDO AL FREDDO E IN CARPE CENTINAIA DI AQUILANI?BERLUSCONI: LA MAGGIORANZA POPOLO ITALIANO, SI LA MAGGIORANZA DEL POPOLO ITALIANO CHE NO HA VOTATO PER LEI, MAI LASCIERA IN VOSTRE MANI UN TESORO IMPORTANTE COME LA DEMOCRAZIA CHE LEI NON VUOLE APPLICARE.

  6. Qui Radio Londra Combattente:Spuntano le Br,distogliamo dunque l’attenzione dal vulnus di questo governo!”Lasciate la politica e il primo (Berlusconi ndr) si consegni alla giustizia comune perché in quella comunista la sentenza sarà inevitabile”. E’ la minaccia al premier Berlusconi, al presidente della Camera, Fini, e al leader della Lega, Bossi, contenuta in una lettera inviata al “Riformista”. La missiva, firmata Brigate rivoluzionarie per il comunismo combattente, intimava ai tre politici di dimettersi entro le 23:59 di ieri.A renderlo noto è stato il direttore del quotidiano, Antonio Polito, a cui era diretta la missiva. La lettera contiene una analisi politica alla luce della sentenza della Corte Costituzionale sul lodo Alfano, una analisi – spiega il direttore del Riformista – “molto ingenua, anche se si rifà alla stretta attualità”. La missiva, recapitata sabato mattina alle 10, e inviata per posta lo scorso 8 ottobre da Milano, si chiude con minacce al presidente del Consiglio, al presidente della Camera Fini ed al Senatur, annunciando una “rivoluzione armata”, facendo riferimento all’8 settembre del 1943 e all’inzio della lotta partigiana, spiega ancora Polito.Le sedicenti ‘Brigate rivoluzionarie’ scrivono tra l’altro che la Corte Costituzionale con la sua sentenza sul lodo ha fatto una scelta. Quindi, l’ultimatum, peraltro scaduto venerdì alle 23.59, a Berlusconi, Fini e Bossi: si devono dimettere per evitare una rivoluzione armata come a Cuba, ha ancora spiegato Polito che ha immediatamente consegnato alla Digos la Lettera.

  7. Il Giornale …………….delle Palle «”La Fininvest vinse, ma la sentenza fu comprata”. Non solo una bugia, […] ma prima di tutto e soprattutto una colossale bufala giuridica, perché una sentenza non si compra, non si può comprare. Soprattutto non si capisce […] come può essere stata comprata da chicchessia»[Gabriele Villa – Il Giornale – 16 ott 2009, pag.2] Così parlò Gabriele Villa, riferendosi alla sentenza con la quale il 24 gennaio 1991 veniva sancito che la Mondadori veniva consegnata per intero nelle mani della Fininvest. Una sentenza che Cesare Previti, avvocato di Berlusconi, fece scrivere a qualcuno e poi consegnò al giudice Vittorio Metta, vecchio amico di famiglia cui telefonava notte e giorno perfino a casa – come risulta dai tabulati –, perché si limitasse a darne lettura in aula. Cosa che costò al primo una condanna in via definitiva a 11 anni in primo grado e 1 anno e 6 mesi in cassazione, e al secondo 13 anni in primo grado e 1 anno e 9 mesi in cassazione. Fu nientemeno Indro Montanelli, nel 1977, a portare il ventiduenne Gabriele al Giornale, perché scrivesse di golf. Gabriele deve avere una vera e propria passione per le palle, perché oltre al golf, di cui scrive nel suo blog tematico, ama molto anche il biliardo. Non voglio pensare che Feltri lo chiami appositamente per sparare palle, specialmente perché qui parliamo di una di quelle palle che non entrerebbero in nessuna buca di nessun campo da golf e di nessun tavolo da biliardo. Preferisco credere alla sua buona fede, e pensare che davvero non lo abbiano mai informato che sul furto della Mondadori da parte del fratello del suo editore – mai assolto bensì prosciolto per intercorsa prescrizione, essendo trascorsi oltre 7 anni e mezzo – esiste una vasta letteratura giuridica composta di sentenze di primo, secondo e terzo grado. Tutte o quasi, ma soprattutto quelle che contano, dicono la stessa cosa: Berlusconi non poteva non sapere che dai suoi conti esteri partivano miliardi che finivano in mano a Previti che li usava per comprare case e macchine al giudice Metta. Quello che il 24 gennaio 1991 lesse appunto la sentenza in aula. Io lo capisco, Gabriele: fare il giornalista e curare un blog porta via tempo, ma se volete dargli una mano potreste passargli il pdf della sentenza civile in cui alla Fininvest, in conseguenza della condanna definitiva di Previti & Co., si intima di risarcire i danni patrimoniali alla CIR di Carlo De Benedetti, che ammontano a circa 750 milioni di euro. Leggendo la sentenza, Gabriele potrebbe avere un duro colpo e risvegliarsi dal mondo incantato delle favole. Potrebbe rendersi conto, a quasi 60 anni suonati, che le sentenze si comprano. Si comprano eccome. Anzi, consiglio a tutti di scaricarla e leggersela, in particolare dal punto 4 di pagina 17: “anomalie nell’iter formativo della sentenza Metta”. Per chi volesse dare a Gabriele la pillola rossa, la sua email – come si può evincere dal link contatti del suo blog – è gabriele.villa@ilgiornale.it. Non mandategli tutto il PDF, è troppo pesante. Mandategli solo il link: http://download.repubblica.it/pdf/2009/sentenza-fininvest-mondadori.pdf Certo che se non ci fossero i blogger, questi giornalisti come farebbero?

  8. Papi e papelliBreve ragionamento da giustizialista: per quale motivo Berlusconi teme ancora così tanto la giustizia? Perché deve ricorrere ad una riforma costituzionale che lo metta al riparo dall’attività dei pm? Perché è tornato a ventilare, tramite gli appositi maggiordomi, il ritorno dell’immunità parlamentare?La risposta più semplice è quella che connette queste volontà con la bocciatura del lodo Alfano: il presidente del Consiglio allo stato attuale è senza scudo, è un comune mortale (senza offesa per l’unto del Signore). Il problema però rimane: Berlusconi dai processi scongelati dalla decisione della Corte Costituzionale non deve temere più nulla.Dei 3 procedimenti penali in corso infatti, presupponendo una colpevolezza del “presidente imputato” (solo per ipotesi ovviamente), nessuno lo porterà ad una condanna definitiva: per la compravendita dei senatori dell’allora Unione il pm ha già chiesto l’archiviazione; nel processo Mills, prevedendo un’iniziativa del governo per la legge che non consentirà di usare nei processi sentenze già passate in giudicato (come potrebbe essere quella che potrebbe dichiarare definitivamente colpevole l’avvocato inglese), Berlusconi naviga tranquillo verso la prescrizione, avendo ottenuto grazie all’apposito lodo di stralciare la sua posizione rispetto a quella del mentitore a pagamento per poter far ripartire il processo da zero (il collegio che ha giudicato colpevole Mills per legge ora non può giudicare il premier, essendo influenzato dalla sua stessa sentenza sull’ex coimputato); per il processo sui fondi neri Fininvest, come ha spiegato Marco Travaglio giovedì ad Annozero, «il condono fiscale del 2003 [varato dal governo Berlusconi, nda] s’è mangiato quasi tutte le frodi fiscali e la Cirielli [voluta anch’essa da quel governo, nda] s’è mangiata i falsi in bilancio e l’appropriazione indebita per 170 milioni di dollari. Le restanti frodi si prescrivono fra 2-3 anni».Insomma, tra archiviazioni decisamente frettolose e prescrizioni, Berlusconi qui non rischia nulla, soprattutto nel Paese in cui, grazie ad un lavaggio del cervello tuttora in corso, la prescrizione è percepita dalla stragrande maggioranza dei cittadini come un’equivalente dell’assoluzione. Che cosa teme allora Berlusconi? Perché insiste nel voler mettere mano alla giustizia?Sorvolando sull’ormai prossima conclusione delle indagini relative all’inchiesta Mediatrade – un filone separato del processo sui fondi neri Fininvest che sta interessando anche le toghe svizzere – che potrebbe vedere l’ennesimo rinvio a giudizio del premier, sicuramente non preoccupato dall’ennesima azione sulla quale penderà la solita mannaia della prescrizione, rimane solo una possibile spiegazione che possa spiegare la fottutissima paura di Berlusconi per la giustizia: c’è qualcosa che solo lui al momento sa, ma che sta per venire fuori. Qualcosa di molto grosso, par di capire.Qualche indizio in realtà il Cavaliere lo ha già dato. L’8 settembre si è sentito in dovere di pronunciare queste esatte parole: «So che ci sono fermenti nelle procure di Palermo e Milano che ricominciano a guardare a fatti del ‘92, ‘93 e ‘94. È follia pura. Quello che mi fa male è che gente così, con i soldi di tutti noi, faccia cose cospirando contro di noi che lavoriamo per il bene comune del Paese». Che la cosa lo preoccupi davvero l’ha confermato lui stesso l’11 ottobre scorso a Benevento dicendo che «in questa campagna contro di me c’è anche il ritorno a un possibile coinvolgimento a fatti di mafia di venti e passa anni fa».Chissà che, come i vari politici balbuzienti che pian pianino stanno ritrovando la memoria su quegli anni, anche Berlusconi non trovi la forza di spiegare le sue paure. Magari assieme ad alcuni aspetti inerenti a vari «eroi», pizzini e papelli.

  9. Caccia a “chiappe d’oro” : due ex ministri nella rete dei trans e una lista di dodici nomi “illustri” che sta girando in rete…..uno scandalo che promette molte più rivelazioni di quelle emerse finora. Due ex ministri, di un certo nome, sarebbero caduti anche loro nella rete dei trans e dei ricatti. Lo scrive Carlo Bonini in un articolo pubblicato oggi da Repubblica. Bonini non fa i nomi, ma dopo aver parlato di una lista di dodici nomi “illustri” che sta girando, dice che su due di essi vi sarebbe un preciso riferimento del maresciallo Testini, uno dei quattro carabinieri arrestati, che avrebbe detto di averli visto in un video.Questo passaggio della testimonianza di Testini non figura agli atti della Procura di Roma, ma Bonini – che è un cronista molto scripoloso – assicura che fonti attendebili gli hanno assicurato che i due ex ministri figurerebbero tra i ricattati. Nomi ancora non se ne fanno, ma è possibile che presto verranno alla luce della ribalta, per uno scandalo che promette molte più rivelazioni di quelle emerse finora. Il Riformista: Caccia a “chiappe d’oro”Intanto il Riformista aggiunge qualche elemento per identificare i due parlamentari finiti nel tritacarne. “Così per tutta la giornata di ieri, sono circolati i nomi di due presunti frequentatori di via Gradoli”, scrive il cronista del quotidiano, “Sono notissimi. Uno di destra, l’altro di sinistra. Uno del Pdl, provenienza An. L’altro del Pd. Entrambi parlamentari e ci fermiamo ovviamente qui”. Secondo il Riformista, però, i due nomi non comparirebbero nell’inchiesta che riguarda Marrazzo.

  10. Lo rivela un “pentito” della ‘ndrangheta ; “Tutti sapevano dove le ‘Br’ detenevano Moro””Moretti pagato dal ministero degli Interni”A poche settimane dalle rivelazioni sul criminale intreccio fra politica, mafia e servizi segreti sul traffico internazionale di scorie tossiche e radioattive che il 12 settembre scorso hanno permesso ai magistrati della Procura di Paola di individuare, al largo della costa cosentina, il relitto di un mercantile carico di veleni, il “pentito” della ‘ndrangheta Francesco Fonti (condannato a 50 anni di carcere, prima di iniziare la collaborazione con i giudici) a “L’espresso” del 22 settembre ha rivelato un altro inquietante capitolo della sua vita criminale.Fonti ha raccontato del ruolo svolto nel tentativo di salvare la vita al presidente della Democrazia cristiana, Aldo Moro, rapito il 16 marzo 1978 dalle cosiddette “Brigate Rosse” e trovato morto nel centro di Roma il 9 maggio seguente in via Caetani.Il compito di salvare Moro gli fu affidato dal boss Sebastiano Romeo dietro esplicita richiesta dei capibastone della Dc calabrese Riccardo Misasi e Vito Napoli.La sua missione comincia a Roma il 20 marzo del ’78 dove: “mi metto in contatto con un agente del Sismi che si fa chiamare Pino (lo stesso personaggio dei servizi invischiato anche nella vicenda delle ‘navi dei veleni’ ndr) un trentenne atletico, alto circa un metro e ottanta, con capelli corti pettinati all’indietro. L’ho conosciuto anni prima tramite Guido Giannettini (l’ex agente del Sid coinvolto nel golpe Borghese e nella strage di Piazza Fontana ndr).Nel giro di poche ore “Pino” mi fissa “un appuntamento con il segretario della Democrazia cristiana Benigno Zaccagnini, il quale sta lavorando sotto traccia per aiutare Moro”.Durante l’incontro, avvenuto al “Cafè de Paris” in Via Veneto, Zaccagnini esorta Fonti a fare qualsiasi cosa per salvare Moro. Fonti comincia a indagare fra i rappresentanti della ‘ndrangheta a Roma e incontra i boss della banda della Magliana che gli riferiscono che negli ambienti della malavita romana tutti sanno che Aldo Moro e i suoi rapitori sono in via Gradoli.”Come è possibile – si chiede allora Fonti – che tutta la malavita di Roma sia al corrente di dove si trova il covo delle Br?”.La certezza definitiva sul covo di via Gradoli Fonti dice di averla avuta il 4 aprile successivo quando incontrò il direttore del Sismi Giuseppe Santovito (iscritto alla P2). “Pino mi porta dal capo a Forte Braschi, dopo un dialogo interlocutorio, Santovito mi chiede se ho notizie precise riguardo ad un appartamento in via Gradoli 96. Gli rispondo che, in effetti, ho sentito questo indirizzo da amici, e lui commenta: ‘Tutto vero, Fonti: è giunto il momento di liberare il presidente Moro’. In ogni caso, aggiunge congedandomi, ‘teniamoci in contatto tramite Pino'”.Pochi giorni dopo, il 9 o il 10 aprile, Fonti torna a San Luca per riferire al suo capo, Sebastiano Romeno, il quale, prima gli fa i complimenti per il buon lavoro svolto, ma subito dopo aggiunge: “peccato che da Roma i politici abbiamo cambiato idea: dicono che, a questo punto, dobbiamo soltanto farci i cazzi nostri”.Fonti però, racconta oggi, che in quella occasione decise di disobbedire agli ordini del boss. Con una telefonata anonima contatta la questura di Roma invitando gli agenti a recarsi immediatamente in via Gradoli 96 perché: “lì troverete i carcerieri di Aldo Moro”.Il 18 di aprile, il covo di via Gradoli 96, viene scoperto, ricorda ancora Fonti, “per una strana perdita d’acqua. Ma dei brigatisti come è logico, viste le premesse, non c’è traccia. E a questo punto so bene il perché: non c’è stata la volontà di agire”. Il motivo di questo atteggiamento da parte delle “forze dell’ordine” Fonti dice di averlo capito molti anni dopo, nel 1990, quando si trovò nel carcere di Opera insieme a Mario Moretti con cui entrò subito in confidenza tant’è vero che ad un certo fu lo stesso capo delle “Br” a dire a Fonti che egli riceveva ogni mese una busta con un assegno circolare dal ministero degli Interni. “Qualche tempo dopo – rivela ancora Fonti – un brigadiere che credo si chiami Lombardo mi confida che, per recapitare i soldi elargiti mensilmente dal ministero dell’Interno lo hanno fatto risultare come un insegnante di informatica, e in quanto tale è stato retribuito. L’ennesimo dei misteri del caso Moro, dico a me stesso; l’ennesima zona grigia in questa storia tragica”.

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