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di Giuseppe Caliceti

su il manifesto

Ignoranti sulle cifre della presenza di stranieri e sui rom. Un questionario tra gli studenti veneti, toscani, emiliani e pugliesi

I giovani italiani sono sempre più razzisti. Forse non è tutta colpa loro, ma questa è la realtà delle cose. Se non volete chiamarli razzisti, pare comunque che siamo i meno “aperti” verso l’altro – soprattutto diverso da sé – tra gli studenti dell’intera Europa. Si potrebbe anche dire: i più “provinciali” e i più “diffidenti”. Questo il triste risultato di una ricerca della Fondazione Intercultura, Onlus che opera per il dialogo tra le culture e gli scambi giovanili internazionali in Italia e nell’Unione Europea con finalità di ricerca scientifica e di solidarietà. In una sua recente ricerca sono stati intervistati un campione di 1400 studenti italiani studenti di liceo o di istituti professionali. Veneti, emiliani, toscani e pugliesi. Per sapere i “confini” che i ragazzi di oggi tracciano tra se stessi e chiunque sia “diverso”.
I risultati, presentati all’Università di Modena e Reggio Emilia in uno degli appuntamenti conclusivi dell’anno del dialogo interculturale promosso dal Consiglio d’Europa, hanno messo in evidenza una generazione disinformata e assai chiusa verso gli altri. Almeno rispetto ai giovani del resto d’Europa. Confrontando infatti le risposte con quelle di altri giovani studenti europei loro coetanei, gli studenti italiani appaiono i più rigidi e intolleranti. Attenzione: i più netti nel tracciare linee di demarcazione verso chi è diverso sembrano essere gli allievi dei licei e delle zone più ricche: e questo deve far pensare non poco.
Ma guardiamo i dati in modo più approfondito. I giovani italiani sono preoccupati per il futuro (il 43% teme la disoccupazione, il 32% è preoccupato per il costo della vita e il 30% addirittura per la pensione), mentre l’integrazione degli stranieri è considerata come un obiettivo da raggiungere soltanto dall’11% degli intervistati; insomma, non è cosa importante. Inoltre i ragazzi ritengono che la presenza di immigrati in Italia sia molto più alta della realtà: anziché collocarla intorno all’8-10%, molti hanno indicato «il 30%» o «almeno 20 milioni di persone».
Questo dovrebbe far pensare a come è rappresentato il fenomeno dai media italiani: spesso in modo scandaloso. E far riflettere sulle responsabilità non piccole che hanno alcuni movimenti e partiti politici nel fomentare una rappresentazione della realtà diversa dalla realtà, certo non in modo disinteressato e casuale. Ancora: l’87% dei giovani italiani ritiene che essere un rom sia una condizione di «svantaggio»- solo il 77% degli europei la pensa allo stesso modo. Appena inferiore la distanza, e dunque il pregiudizio – perché è di ignoranza e pregiudizi che bisogna parlare – nei confronti degli immigrati di religione musulmana.
Anche dai temi realizzati a scuola prima delle interviste emerge come un’altra condizione di «diversità», quella omosessuale, si collochi subito dopo l’essere stranieri o rom nella percezione di «svantaggio»: lo afferma il 63% dei giovani italiani intervistati, contro il 54% delle media europea. In Emilia Romagna addirittura il 93% dei ragazzi indica la disabilità fisica, un altro dei fattori esaminati, come un grave rischio di «esclusione sociale». E c’è anche un 32% di studenti delle scuole professionali che si dichiara «totalmente d’accordo» con misure che impediscano l’arrivo in Italia di altri stranieri. Insomma, per i giovani italiani pare che il peggio del peggio sia nascere musulmano, disabile, omosessuale.

I nostri giovani sempre più razzisti. E disinformati sull’immigrazioneultima modifica: 2009-09-29T12:54:15+02:00da casadelpopoloff
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7 Thoughts on “I nostri giovani sempre più razzisti. E disinformati sull’immigrazione

  1. LA MINISTRA EVADE il FISCO? La Carfagna e quello strano sconto sulla casa a Fontana di Trevi Per l’appartamento offerte fino a 1,3 milioni, ma tra mediatori e buoni uffici alla ministra ne bastano 930 mila.Mara Carfagna ha comprato uno splendido appartamento a due passi da Fontana di Trevi. Da quando si è sparsa la voce, soprattutto tra i colleghi del Pdl, fioriscono i pettegolezzi. “Il fatto quotidiano” è andato a verificare carte alla mano cosa c’è di vero. Scoprendo che Mara Carfagna ha comprato effettivamente un appartamento che sul mercato vale molto di più del prezzo dichiarato nel suo atto. Una strana vendita a un prezzo sottocosto rispetto a quello pagato per l’acquisto e inferiore a quello offerto, anni prima, da altri potenziali acquirenti. Ma partiamo dal Catasto. Dalle visure risulta che Mara Carfagna ha acquistato un appartamento di 7,5 vani a pochi metri dal suo ufficio al ministero. Si tratta di un quinto piano in un palazzo nobile, con affaccio su via della Stamperia, vicino al Quirinale che fino al 2001 era di proprietà di una società di Berlusconi, la Edilnord.Il Cavaliere però non c’entra. Il ministro più apprezzato da Silvio ha comprato molti anni dopo la vendita da parte delfratello del premier, Paolo Berlusconi. L’appartamento misura circa 160 metri quadrati e fa parte di uno stabile che rappresentava uno dei gioielli del portafoglio Edilnord, venduto alla Pirelli di Tronchetti Provera, nel 2001. La Pirelli, a sua volta, lo conferì in una società del gruppo Aedes (la Dixia Spa) nella quale ottenne una quota di minoranza. Dixia nel 2005 mette in vendita lo stabile a un buon prezzo. Una società immobiliare salernitana con buoni agganci a Roma si accaparra due appartamenti. Si chiama Promozione e Sviluppo ed è controllata da un avvocato, Mario Santocchio, che è stato candidato al consiglio regionale campano con Forza Italia nel 2000 e che oggi è assessore del Pdl nel comune di Scafati. Santocchio compra nel dicembre del 2005 e sgancia 1 milione e 728 mila euro per due case: l’appartamento che poi sarà del ministro Carfagna e un altro più piccolo, che si trova al civico accanto. Nell’atto i prezzi sono distinti chiaramente. La futura casa di Mara Carfagna costa un milione e 92 mila euro: 910 mila euro più Iva.Santocchio compra bene e realizza subito. Sul portone appare il cartello vendesi. Si fanno avanti i compratori. Il primo è Luciano Onder, il giornalista della RAI che conduce le trasmissioni più autorevoli in campo sanitario racconta: “Tentai di comprare perché era molto bello: tre grandi stanze affacciate su via della Stamperia, verso il Quirinale, altre due sul cortile. Era luminoso, anche se le stanze erano sghembe e bisognava eseguire una profonda ristrutturazione”, ricorda Onder, “trattavamo sul prezzo quando a un certo punto il venditore mi disse che si era presentato un magistrato che offriva di più e avrebbe comprato a 1 milione e 100 mila”. “Il Fatto Quotidiano” ha rintracciato il magistrato. Si è occupato di indagini di mafia e vive sotto scorta e chiede l’anonimato. A “Il Fatto Quotidiano” racconta: “Sì ho visto quell’appartamento con mia moglie. Abbiamo trattato a lungo ma non siamo riusciti a comprarlo. Avevamo offerto 1 milione e 200 mila euro ed eravamo disposti a salire ancora ma ci hanno detto che avrebbero venduto a un’altra persona a 1 milione e 320 mila euro. Eravamo nell’ultimo scorcio del 2006”.Poco dopo, il 15 dicembre del 2006 Santocchio vende a una famiglia di gioiellieri salernitani, i Troncone. Nell’atto i contraenti indicano un prezzo più basso, molto più basso di quello trattato dal magistrato e da Onder. Addirittura più basso di quello d’acquisto. Santocchio vende a 850 mila più Iva quello che aveva comprato a 910 mila più Iva. “L’appartamento non era in ottime condizioni e accettai di vendere a un prezzo più basso”, dice Santocchio oggi, negando i ricordi di Onder e del pm: “Non hanno documenti per riscontrare le loro parole. Se avessi avuto un’offerta a 1,2 milioni avrei venduto. Il prezzo è quello dichiarato”. Passano ancora due anni e l’appartamento torna in vendita. Sul mercato vale almeno un milione e mezzo. Santocchio propone l’affare a Mara Carfagna, che conosce, essendo sua concittadina e compagna di partito.Nel palazzo si dice che l’appartamento era in vendita a 1 milione e 700 mila euro, prima che lo comprasse il ministro. Se avesse davvero sborsato quella cifra, la mannaia dell’aliquota del venti per cento avrebbe portato via ai Troncone un quinto del guadagno: 150 mila euro di tasse. Ma non è andata così. La famiglia Troncone di Salerno si è accontentata di 930 mila euro. Molto meno di quello che avrebbero pagato volentieri il giornalista e il pm due anni prima. il 18 febbraio 2009 davanti al notaio D’Aquino, il padre del ministro, Salvatore Carfagna, e il padre della venditrice, Aniello Troncone, dichiarano che il prezzo di vendita è 930 mi-la. Circa 450 mila euro sono pagati accollandosi il mutuo a tasso fisso,(per una rata di circa 4 mila euro al mese) mentre il resto è versato mediante assegni tratti sulla Banca della Campana. Dove ha preso i soldi il ministro? Circa 200 mila euro vengono dalla vendita di un monolocale che aveva comprato a Roma quando era un’attrice alle prime armi. Escludendo i 450 mila euro del mutuo, e considerando i 200 mila euro che presumibilmente serviranno per la ristrutturazione, Mara Carfagna ha avuto a disposizione circa mezzo milione cash.Non c’è da stupirsi troppo. Mara Carfagna è parlamentare dal 2006. Il suo stipendio lordo supera i 140 mila euro e quello netto ammonta a 90 mila euro circa. Mentre, quando era una stellina dello spettacolo, almeno stando alla dichiarazione presentata nel 2005, guadagnava poco di più. Il mezzo milione che sembra una cifra notevole ai comuni mortali, per lei non è una somma irraggiungibile. Cosa diversa sarebbe stata se avesse pagato davvero 1 milione e settecento mila euro. In quel caso, mancherebbe un milione di euro all’appello. Alla fine, insomma, la domanda che rimane sul tavolo è questa: il prezzo dichiarato nell’atto, 930 mila euro, è quello reale di acquisto? A “Il Fatto Quotidiano” il ministro replica: “Si è occupato di tutto mio padre. Non conosco i dettagli di quella compravendita. Ma certamente sarà stato fatto tutto nella legalità e nella trasparenza”. Al termine di questa inchiesta si possono formulare tre ipotesi. La prima è che il venditore non sopporta le toghe e i giornalisti e ha preferito vendere sotto costo a un ministro.La seconda è che la crisi si sia abbattuta con forza solo sul quinto piano del palazzo in questione, risparmiando il resto del centro di Roma. L’ultima spiegazione, che però riportiamo solo come ipotesi di scuola, quasi per assurdo, è che il ministro, o meglio il padre, abbia dichiarato un prezzo di vendita simile a quello di acquisto e diverso a quello reale solo per evitare al venditore di pagare le tasse sulla plusvalenza.

  2. DON SILVIO S’è PORTATO A CASA PAPPONI SPACCIATORI DI DROGHE PUxxANE CORRUTTORI STALLIERE MAFIOSO…E NEMMENO UN TERREMOTATO DELL’ABRUZZO COME AVEVA PROMESSO…Qualcuno sa com’è andata a finire la guerra tra le Procure di salerno e Catanzaro?Qualcuno sa com’è andata a finire la vicenda Alitalia?Qualcuno sa com’è andata finire la storia delle social card?Qualcuno sa com’è andata a finire la vicenda dei tremonti Bond?Qualcuno sa com’è andata a finire la geniale trovata del reato di clandestinità che doveva liberare il Paese dagli extracomunitari?Qualcuno sa com’è andata a finire che a fine settembre tutti i terremotati dovevano avere una casa?Qualcuno sa com’è andata a finire la riforma Gelmini, il merito delle università e la riforma della scuola?Qualcuno sa com’è andata a finire la storia che la crisi era finita ed era cominciata la ripresa?Qualcuno sa dov’è finito il PDmenoelle?1) Come si chiama il Presidente della repubblica?2) Abbiamo un presidente della repubblica?3) Esiste ancora un capo del CSM?4) Chi è il garante della Costituzione?5) Chi rappresenta l’unità nazionale?6) Voi prima di firmare una carta la leggete?7) Se quella carta riguarda tutti gli italiani, non la rileggereste due volte?8) Da oggi in poi conviene pagare le tasse o nasconderle all’estero?9) Perchè non siete voi il ministro delle pari opportunità?10) Libertà, libertà…pure o pappavall a vò pruvà (dal film Così parlò Bellavista)!

  3. Scommette che è in grado di fare sesso per 12 ore di seguito: vince, ma poi muore d’infartoUn giovane russo, Sergey Tuganov aveva scommesso 125.000 rubli (circa 3.200 Euro) con due ragazze che era in grado di fare sesso con ininterrottamente con loro (assieme) per almeno 12 ore. L’uomo ha vinto la scommessa, e stava per incassare la vincita quando però, pochi minuti dopo la fine della sua “performance” ha avuto un arresto cardiaco ed è deceduto.Una delle ragazze ha spiegato che lei e la sua amica hanno immediatamente chiamato l’ambulanza, ma quando i medici sono arrivati non hanno potuto fare altro che constatare la morte di Sergey.Sembrerebbe che all’origine della morte ci sia il fatto che Tuganov avrebbe ingerito un’intera confezione di Viagra prima della “maratona del sesso”, per essere sicuro di vincere la scommessa.

  4. Mills torna in aulae manda messaggi a Berlusconi: io e il Cavaliere, uniti da uno stesso destinoMILANO – Una sedia vuota in meno e una sedia occupata in più: comincia così, alle 9 di venerdì, il processo d’appello al­l’avvocato inglese David Mills, «architetto» negli anni Novanta del­le società offshore della Finin­vest, lo scorso 17 febbraio con­dannato a 4 anni e mezzo per corruzione in atti giudiziari quale teste «comprato»con 600 mila dollari fino a febbraio 2000, in cambio della reticenza o della falsa testimonianza in due processi milanesi a Silvio Berlusconi nel novembre 1997 (tangenti alla Guardia di Finan­za) e gennaio 1998 (All Iberian, finanziamento illecito al leader psi Craxi).La sedia vuota, accanto a Mil­­ls, è quella dove il coimputato Berlusconi si sarebbe dovuto accomodare se un anno fa la legge Alfano non lo avesse «salvato» (sospendendone il di­battimento e determinandone la separazione) dal medesimo destino processuale occorso in primo grado a Mills, condanna­to dai giudici Gandus-Dori­go-Caccialanza come «falso te­stimone per consentire a Berlu­sconi e al gruppo Fininvest l’impunità dalle accuse o alme­no il mantenimento degli in­genti profitti realizzati attraver­so le operazioni finanziarie ille­cite compiute fino a quella da­ta».La sedia in più sarà invece quella preparata per il nuovo avvocato che da venerdì affianche­rà Federico Cecconi, legale sto­rico di Mills: il professor Ales­sio Lanzi, docente di diritto pe­nale dell’economia all’Universi­tà di Milano Bicocca, difensore (con Vittorio Virga) del presi­dente di Mediaset, Fedele Con­falonieri, nel processo sulla compravendita estera dei dirit­ti tv da parte del Biscione. Mills, che nell’incauta lette­ra al proprio fiscalista Bob Drennan nel 2004 spiegò di averla «messa giù delicatamen­te» nelle sue deposizioni nei processi a Berlusconi, e di aver «fatto tricky corners, curve pe­ricolose per tenere Mr. B. fuori da un sacco di guai che gli sa­rebbero ricaduti addosso se so­lo avessi detto tutto quello che sapevo», giovedì si è fatto sentire ai microfoni di SkyTg24 e di Ra­dio24, con qualcosa di molto si­mile a un abbraccio della mor­te: «Sarebbe assurdo e illogico se uno fosse condannato e l’al­tro assolto — ha detto —: o tut­ti e due colpevoli o innocenti, vista la natura dell’accusa di corruzione. Io so come un fatto matematico che Berlusconi non c’entra in questa cosa e non capisco come possa essere condannato».Per Mills il ver­detto di primo grado «è compo­sto da moltissimi difetti. I giu­dici non permisero ai nostri av­vocati di far testimoniare Berlu­sconi, perché evidentemente avrebbe detto che non mi ave­va pagato nulla di illecito». Per la difesa, è «paradossa­le » credere che Berlusconi ab­bia «ricompensato-retribuito» le dichiarazioni di Mills, giac­ché «esse portarono alla con­danna del Cavaliere in primo grado nelle vicende All Iberian e Gdf»: se mai, dunque, «Berlu­sconi e Fininvest avevano gra­vi ragioni di risentimento ver­so Mills per la collaborazione fornita alla Procura».I legali chiederanno ai giudici d’Appel­lo (Lapertosa-Spina-Maiga) la parziale riapertura dell’istrutto­ria, e in particolare la deposizione di Berlusconi; l’interroga­torio a Gibilterra dell’avvocato Isaac Marrache, snodo dei com­plicatissimi flussi finanziari mescolati da Mills tra soldi Fi­ninvest, soldi del suo cliente ar­matore Diego Attanasio, e sol­di di altri suoi clienti come Briatore e la famiglia Marcuc­ci; e una nuova superperizia contabile.Intanto, la Svizzera lavora sui riverberi elvetici del­le indagini italiane che nel 2005 sequestrarono 100 milio­ni di euro al produttore Frank Agrama nell’indagine sui dirit­ti tv. La procura federale an­nuncia un’inchiesta per rici­claggio sui conti di quattro ma­nager Mediaset destinatari di somme di denaro: soldi che sa­rebbero state restituzioni di «fondi neri» aziendali secondo l’accusa, e invece «creste» di di­pendenti infedeli secondo l’azienda, che se ne ribadisce «parte lesa».

  5. LA Rappresaglia sbrigativa che Alberto Sordi, nella veste del Marchese del Grillo, regalò ad un “pezzente” che pretendeva giustizia : “Io so io, e tu non sei un caxxo”. Il diritto di rappresaglia, però, non fa discriminazioni.Si chiama diritto di rappresaglia. Non cercatelo nei codici né nelle consuetudini giuridiche: né giurisprudenza, né dottrina. Lo adottarono, senza codificarlo, i nazisti largheggiando sul “diritto”, l’adottano i talebani (e non solo), trasformandolo in vendetta – occhio per occhio dente per dente – imparentandolo con la rappresaglia. È entrato nella Nuova Italia “a mezzo stampa”.Non è una eredità nazista né un suggerimento talebano. Coloro che l’hanno fatto nascere, allevato e affinato, sono signori eleganti e colti, che amano la democrazia e il buongusto, rispettano le leggi e conversano amabilmente con il prossimo. Persone di ingegno, convinte che il diritto alla rappresaglia sia uno strumento civile affidabile indispensabile giusto come risposta alle malefatte di nemici e alleati malfidi.Il più coerente e determinato “manovale” della rappresaglia a mezzo stampa è Vittorio Feltri; lo strumento più adatto per esercitarla e renderla compatibile il mondo civile è Il Giornale di proprietà di Silvio Berlusconi, fratello del Presidente del Consiglio, e dello stesso Silvio attraverso complicati collegamenti societari. Vittorio Feltri ne ha fatto una linea editoriale. Non gli è stato davvero difficile, non ha dovuto inventarsi niente.Tutti i fogli che ha diretto sono stati “d’attacco” o d’assalto, grazie ai quali si è guadagnato la fama di “salvatore” di testate claudicanti. Per questa ragione, oltre che per l’ostinata e severa difesa del premier, Feltri è passato al Giornale di Berlusconi, accettando un compenso – secondo una leggenda metropolitana. Semplicemente favoloso. Buon per lui. È bravo. Il Giornale applica il diritto di rappresaglia con una tecnica, un metodo, una coerenza, una tempestività convincenti. Chiunque s’azzardi a mettersi di traverso – verso il premier-editore – viene azzannato con strumenti inattaccabili: il Giornale studia, analizza, individua, scopre, svela tutto ciò che può essere utile perché il nemico stramaledica il giorno in cui ha giocato un brutto scherzo al Cavaliere, e prometta a se stesso di non provarci più.Qualche giorno fa il diritto di rappresaglia è stato esercitato con puntualità e durezza sul Presidente della Repubblica: “Napolitano non rende omaggio alle vittime di Messina”. Venerdì il Capo dello Stato aveva “assaggiato” il manganello di Feltri con un ritratto del “comunista pallido che tradì la Costituzione”. Tutto è cominciato con Veronica Lario, moglie del Premier, e la sua celebre lettera a Repubblica, con la quale rimproverava al marito “separato” uno stile di vita a suo dire discutibile (frequentazione di minorenni) ed una conduzione del suo partito altrettanto discutibile (candidate veline).Il giorno successivo Vittorio Feltri, allora direttore di Libero, esercitò il diritto di rappresaglia, pubblicando una foto della signora Berlusconi discinta sul palcoscenico di un teatro Manzoni di Milano con un titolo che richiamava i precedenti velinari della signora (prima che fosse accolta nel letto del Capo del Governo).Grazie al successo di questa tecnica, ma non siamo affatto sicuri, i Berlusconi portarono a casa Vittorio Feltri, affidandogli Il Giornale. Toccò al direttore dell’Avvenire, Dino Boffo, noto vaticanista, apprezzare i primi rudimenti della rappresaglia. Colpevole di una “ipocrita”campagna contro il Premier – aveva criticato senza asperità lo stile di vita, affatto sobrio- subì le conseguenze di quella incauta scelta. Il Giornale lo diede in pasto all’opinione pubblica, aprendo uno scheletro nell’armadio di Boffo, la denuncia di una signora per molestie telefoniche nei confronti di un suo ex fidanzato. Boffo, rivelò Il Giornale, è un noto omosessuale. Stessa sorte sarebbe toccata da lì a poco a Gianfranco Fini.Il presidente della Camera marcava con fastidiosa coerenza la diversità con Silvio Berlusconi e arrivava al punto di criticarlo, qualunque cosa facesse. Il diritto di rappresaglia scattò con furia. Fini arrivò in prima pagina sul Giornale, Feltri gli diede una solenne lezione tracciando un excursus honorum del quale Fini avrebbe volentieri fatto a meno – malefatte politiche e slealtà – ed alla fine, soprattutto, ricordò che non sta bene concionare sullo stile di vita altrui quando si è incappati in incidenti di percorso, coma una vecchia storia di femmine che aveva coinvolto persone della segreteria del Presidente della Camera.Fini querelò Feltri, il Premier disse di non saperne niente, come nel caso della signora Veronica e di Dino Boffo. La lista è lunga. Ricordiamo gli ultimi casi, Sonia Alfano e Rosy Bindi, i giudici della Corte Costituzionale. L’eurodeputata IDV aveva fatto illazioni moleste a Strasburgo sul conto di Berlusconi, e si è trovata in pagina interna del Giornale con un ricco reportage che raccontava le sue discutibili capacità di svolgere il suo lavoro di impiegata della protezione civile in Sicilia. Com’è che non si è accorta di quello che sarebbe successo a causa del dissesto idrogeologico? Rosy Bindi è arrivata sul Giornale di Berlusconi e Feltri come “vittima” e rappresenta un caso a sé, ma l’applicazione del diritto di rappresaglia è indiscutibilmente comprensibile.La vice presidente della Camera e deputata del Pd era stata destinataria di una battuta infelice del Premier a Porta a porta. Era stata definita “più bella che intelligente”. Siccome non è avvenente, quell’espressione le aveva procurato una solidarietà affollata. Troppo affollata. Fu giocoforza ricordare agli italiani che fra i trascorsi di Rosy c’è un insulto ad una donna licenziata. Ad una domanda sui motivi del licenziamento, Rosy avrebbe risposto: “perché sei una p…”. Una macchina da guerra.Quanto alla Consulta, colpevole di avere cassato il Lodo Alfano, niente sconti. Titolo a tutta pagina: “Scandali e giudizi politici: ecco la verità sulla Consulta”. I Giudici ? “ermellini rossi anche per l’imbarazzo”. Di quali scandali il titolo avverte la presenza? Per avere contezza dei nemici dell’Alta Corte occorre leggere il sommario: “Dal rettore invischiato in parentopoli e parente di un avvocato processato per associazione a delinquere, al difensore di De Magistris fino all’ex presidente dell’Anm che giustificò le toghe nel caso Tortora”. Sentenza inevitabile del Giornale: “Storie di magistrati discussi”.Il diritto di rappresaglia a mezzo stampa non impicca alcuno all’albero maestro, ricorda cristianamente che solo chi è senza peccato può scagliare la prima pietra, e se la scaglia peggio per lui. Arriverà a mezzo stampa il “redde rationem”. Gli epigoni dell’americanismo d’annata definiscono il trattamento “character assassination”, ma è un’esagerazione.L’obiettivo è la delegittimazione, nient’altro. Non solo politica ma, come dire, esistenziale. Quella delegittimazione sbrigativa che Alberto Sordi, nella veste del Marchese del Grillo, regalò ad un “pezzente” che pretendeva giustizia, a scanso di equivoci : “Io so io, e tu non sei un cazzo”. Il diritto di rappresaglia, però, non fa discriminazioni.

  6. UNA LETTERA FIRMATA BRIGATE RIVOLUZIONARIE CONSEGNATA AL QUOTIDIANO IL RIFORMISTA………. L’ha scritta BONDI!Inevitabili scenari:Assisteremo al solito vittimismo squallido, parlerà delle forze “oscure” comuniste che minacciano la sua statura politica e dirà che sono il frutto del clima “giustizialista” di certe “frange” della magistratura.Sentito, risentito e strasentito.Pagliacci non vi crede più nessuno,questo ed altro per il consenso.L’onda che vi seppellirà sarà così forteche la scossa rincoglionirà i vostri nipoti in tarda età.Altro che Brigate rosse, verdi o blu.

  7. CONTRO IL FASCISMO, VIOLENZA PROLETARIA! L’ANTIFASCISMO NON SI ARRESTA! Solidarietà militante ai due compagni arrestati a Verona martedì 17 novembre da una trentina di sbirri con l’accusa di aver “aggredito” un noto fascista di forza nuova l’estate scorsa.Luca e Pasquale sono due compagni da sempre in prima linea nella battaglia contro il fascismo, come in tante altre lotte sociali, in una città come Verona dove fascisti e razzisti di nota fama siedono comodamente in comune. Anche per questo pensiamo che ancora una volta sia l’antifascismo militante che viene processato, dopo le perquisizioni del 23 luglio, presentando chi lo pratica come un criminale.Giovedì 19 nel tribunale di Verona si è svolto l’interrogatorio ai compagni. Tra gli amici, compagni e familiari presenti, solo quest’ultimi sono riusciti a malapena a salutare i due compagni a causa dell’abbondante presenza di sbirraglia e digos. Sono stati concessi i domiciliari a Pasquale per problemi di salute in quanto in carcere, dal giorno degli arresti, non gli venivano dati i medicinali di cui necessita quotidianamente. A Luca, invece, i domiciliari sono stati rifiutati e rimane in carcere a Verona. A breve si saprà la data del Riesame.Il fascista infame che ha denunciato e fatto arrestare i compagni è lo stesso che, insieme ad altri nazi, li aggredì qualche anno fa a coltellate rimanendo a piede libero. Come i suoi baldi camerati insegnano, gli sbirri sono sia la valvola di sfogo quando si ritrovano tutti uniti allo stadio, sia la mammina da cui correre per farsi proteggere non appena “si fanno la bua”, cosa che ci auguriamo accada sempre più spesso. Questa è la loro logica da branco, spadroneggiano quando è ora di picchiare qualche lavoratore straniero, come capita quasi settimanalmente in città come Roma, o come successe nella stessa Verona quando un ragazzo diverso da loro venne ammazzato perché rifiutò di offrire una sigaretta a un gruppo di neonazisti.Come in passato, questi luridi topi ricoprono bene il ruolo di servi che la borghesia ha affidato loro: liberi di infiltrarsi nei cortei studenteschi e nelle lotte ambientali per dividere, liberi di incendiare campi rom e negozi etnici cavalcando il clima reazionario, liberi di aggredire per intimorire. Degni rappresentanti dei valori dei padroni come l’intolleranza, il razzismo, l’individualismo, da tempo vergognosamente fomentati. Nessuno ci venga a dire che la giustizia borghese è democratica e imparziale perché i fatti dimostrano il contrario: gli assassini di Nicola Tommasoli sono mesi che scorrazzano liberamente tra scuola, chiesa e lavoro.Per scrivere a Luca:Luca GeroinCasa Circondariale Di Verona Montorio Direzione – 37033 Verona (VR) – Via S. Michele, 15DOMENICA 22-11 ORE 16.00 CARCERE DI MONTORIO (VR)PRESIDIO DI SOLIDARIETA’ PER I COMPAGNI ARRESTATIMASSIMA COMPLICITA’ IN OGNI AZIONE ANTIFASCISTA!LUCA E PASQUALE LIBERI SUBITO!Collettivo Politico Gramignainfo@cpogramigna.org

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