http://www.pdmesagne.it/home/wp-content/uploads/2008/03/di-vittorio-moro1.jpg AGLI ORGANI di STAMPA
E TELEVISIONI LOCALI

Oggetto: Comizio pubblico del 27.03.2009.

Il sottoscritto Avv. Mario FILOMENO, quale candidato Sindaco del centro sinistra in vista delle prossime elezioni amministrative
COMUNICA
che Venerdì 27 Marzo in Piazza Dante alle ore 19.00 si terrà un pubblico comizio.
L’appuntamento costituirà il momento fondamentale e decisivo per verificare l’esito della volontà in Francavilla di costituire una vera coalizione di centro sinistra che a partire dalla cultura politica ed esperienza storica espressa da Aldo Moro, Enrico Berlinguer, Giuseppe Di Vittorio possa proporre in Francavilla una forte discontinuità culturale, sociale, politica e programmatica onde rimediare alle devastazioni commesse da chi,senza distinzione alcuna, ha governato in questi lunghi anni la Città.
Francavilla non merita di essere riaffidata ai medesimi protagonisti al di là delle diverse collocazioni attualmente assunte.
Le persone di buon senso, gli uomini di cultura, i giovani e le donne di questa Città, le associazioni e movimenti autenticamente democratici, le forze politiche che vogliono rappresentare un’idea di alternatività ai sistemi di governo del centrodestra non possono perdere un’occasione storica.
Un nuovo centrosinistra forte delle ispirazioni innanzi ricordate non può che porsi il problema di una cultura di governo.
Solo su tali presupposti si potranno aprire scenari e processi di non breve termine volti ad aggregare nuove realtà e movimenti che attualmente paiono interessati solo a strumentalizzare le transitorie,come è auspicabile, debolezze di un Partito (P.D.) che non può rinunciare alla funzione storica assunta da grandi statisti che dovrebbero rappresentare ancora fonte di un rinnovato impegno e fondamento della sua identità.
Tanto facendo salve e confermando appieno tutte le riflessioni e perplessità di cui alla recente lettera indirizzata al nuovo Coordinatore locale del P.D. e che in Francavilla e proprio per amore della Città potrebbero essere ricondotte nell’alveo di un dissenso legittimo tra forze politiche ma base di un libero, civile e proficuo confronto ispirato da massima lealtà, assenza di secondi fini e di strumentale uso di forze politiche per ridarsi in Città una forma di verginità perduta.
In tutto ciò dovrebbero essere indubbiamente ostacolati e,se del caso, isolati quanti in Francavilla,ritenendosi di centrosinistra, esprimono solo forme ciniche di ricerca del potere.
Francavilla Fontana, lì 21.03.2009
Avv. Mario FILOMENO

Francavilla non merita di essere riaffidata ai medesimi protagonistiultima modifica: 2009-03-21T11:32:23+01:00da casadelpopoloff
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8 Thoughts on “Francavilla non merita di essere riaffidata ai medesimi protagonisti

  1. Mio padre, dopo la morte del Pci e il tracollo di Rifondazione parla sempre meno. Ma lui un ideale ce l’ha e a quello si aggrappa, per continuare a credere che un mondo migliore sia possibile.“Il valore della protesta, il diritto di alzare la testa e dire che una cosa non è giusta spesso te la ritrovi trasmessa come un gene dai tuoi genitori. Ho alcuni flash incisi dentro di me, come marchi a fuoco sulla pelle”. Era l’ottobre 2008 e scrivevo questo sul mio blog, l’altro, hotelushuaia. Lo rileggo oggi che è la festa del papà. Da piccola, gli scrivevo bigliettini di auguri. Rileggo e mi accorgo che anche questo scritto è una sorta di biglietto di auguri. Solo più adulto. Rileggo e molto altro avrei da dire. E allora , pensando al mio rapporto con Carlo, e alla nostra storia, rileggo e rivisito “Flash”.“Io bambina che dormo nel lettone di mamma e piango perché mi manca papà. Riuscivo a dormire bene solo con lui, quando mi teneva a cavallo del suo braccio. Ma in quei giorni, era il 1971 , lui a casa non tornò per settimane, stava occupando _ lo capii anni dopo _ la sua fabbrica, la Sava di Marghera, per protestare contro la chiusura. Erano gli anni in cui la polizia sparava per la prima volta a Porto Marghera contro gli operai. Erano anni difficili, mio padre non tornò a casa per giorni e mia madre prendeva la bici e gli portava da mangiare. Passava il sacchetto con il pranzo attraverso le inferriate del cancello. Io allora non capivo. Anni dopo ci fu l’abbraccio più forte con mio padre, quando oramai avevo capito il suo impegno nella politica. Avvenne a 45 metri d’altezza. Era il 1998, la fabbrica stava chiudendo a causa della crisi dell’alluminio. Io all’epoca già lavoravo. Venni a sapere che c’era una emergenza nella fabbrica occupata. Ero con un amico operatore televisivo per documentare la vicenda. Puntammo l’obiettivo della telecamera sulla fabbrica al di là di uno dei canali industriali: fu allora che vidi sul tetto del silos mio padre. Pensai che era lui l’uomo, che, disperato per la perdita del posto di lavoro, voleva lanciarsi nel vuoto. Una volante della polizia venne a cercarmi, chiedevano di me fuori dalla fabbrica. In lacrime entrai nello stabilimento e quei minuti dentro l’ascensore per salire i 45 metri del silos, li passai a piangere. All’improvviso la porta si aprì e vidi mio padre. La faccia dura, arrabbiata. Portava una corda legata al petto, e quella corda terminava oltre il parapetto, dietro le sue spalle. Lo guardai e gli chiesi cosa cavolo stesse facendo. Lui, serissimo, si spostò per farmi vedere l’uomo che urlava aggrappato al parapetto, con sotto solo il vuoto. Passai due ore a parlare a quell’operaio per convincerlo a lasciar perdere, la sua vita valeva di più di una fabbrica di alluminio in fallimento. Mio padre era al mio fianco. Se quell’uomo cadeva, mio padre cadeva. Quell’uomo si era aggrappato al mio braccio; se cadeva lui cadevo pure io. Alla fine, riuscimmo a convincerlo a lasciar perdere. E una volta superata l’emergenza, mi ritrovai abbracciata a mio padre, come mai avevamo fatto fino ad allora. Lui, uomo di poche parole e di tanto impegno politico, non riteneva che i gesti d’affetto forgiassero il carattere. Quel giorno andò diversamente: eravamo così felici che baciammo ed abbracciamo anche un vecchio commissario di polizia che era stato con noi per tutto il tempo, ad ascoltare quell’uomo disperato e i nostri discorsi di conforto. L’ultimo flash mi porta a mia madre. Siamo negli anni Duemila. Mia madre all’epoca puliva gli uffici di una nota azienda. Colpa di uno dei mali d’Italia, gli appalti al massimo ribasso, iniziò lo sciopero delle ramazze. Uffici sporchi da giorni, le donne a picchettare l’ingresso con i turni nella tenda dell’occupazione. Per non perdere il posto di lavoro. E un gruppo di crumiri, gente che aveva bisogno di lavorare allo stesso modo di quelle donne, parcheggiati dentro un bus in attesa di entrare a pulire, approfittando di un momento di stanca. E io dalle 5 del mattino a partecipare al picchetto, per vigilare sul comportamento delle forze dell’ordine. Alle 8 del mattino dopo una settimana di occupazione, partì la carica dei poliziotti. Un amico mi aveva avvisato. “Porta via tua madre che carichiamo”. Non potevo rispondere altro: “Spostala tu, se ce la fai”.Partì la carica, con tanto di cesoie a tagliare le catene che le donne portavano come bracciali in segno di protesta. Mi sentii gelare, corsi verso i poliziotti, urlando loro di fermarsi. Avevo paura. Mia madre teneva in mano il mio cellulare, urlava, bestemmiava. Chiamò i carabinieri per denunciare l’aggressione da parte dei poliziotti. Finì in un modo che ancora oggi mi da i brividi: i crumiri scortati a piedi dai poliziotti si allontanavano dagli uffici, con un cordone di carabinieri attorno, e decine di donne inferocite che gli sputavano contro, che lanciavano uova. Mia madre difendeva il suo posto di lavoro con i denti, come mio padre trent’anni prima difendeva il suo, occupando una fabbrica.E con la stessa grinta che ci aveva messo mio nonno, pescatore di vermi chiamato a far il soldato, quando dovette scegliere da che parte stare nell’Italia in balìa del nazifascismo. Mio nonno scelse di fare il partigiano e morì tornando a casa dopo la Liberazione. Una camionetta nazista lo intercettò lungo la strada verso casa e gli lanciò addosso una granata. Una volta vidi a casa di una vecchia zia le foto del suo funerali, i compagni con i fucili a scortare la sua bara. Lui pescava vermi, mica era un intellettuale, ma scelse senza timore da che parte stare, voleva difendere il suo paese, l’Italia. Voleva essere libero. La stessa grinta la mise mio padre, aiutando un compagno di lavoro disperato a non suicidarsi. Per la cronaca, oggi quell’operaio vota Lega Nord.Mio padre, dopo la morte del Pci e il tracollo di Rifondazione parla sempre meno. Oggi lo vedo che fa fatica anche a guardare il telegiornale. La situazione politica italiana lo lascia sgomento, a volte non ha parole. Altre volte si indigna, come può, davanti al bollettino infame delle morti sul lavoro o pensando al clima pesante che si vive oggi in Italia. Ma lui un ideale ce l’ha e a quello si aggrappa, per continuare a credere che un mondo migliore sia possibile. I miei genitori mi hanno insegnato questo: che è nel tuo Dna combattere.

  2. concentratevi su di voi. competenze. pd è nullo, da mesi, anni. campagne elettorali contro troppo facili.proponete. gap buona cosa. poi? filomeno contro di voi si rivolgerà. ricordatelo.

  3. Il Nobel a BerlusconiPrima di Berlusconi è stata la signora Melba Ruffo, in televisione a Domenica In, ad affermare che per uscire dalla crisi bisogna lavorare di più. La sua idea allora non riscosse un grande successo, non se ne colse la genialità. Non conosciamo le fonti che ispirano le acute intuizioni del Presidente del Consiglio, ma lui oggi ripete lo stesso concetto fornendogli quell’autorevolezza che prima mancava.Lavorare di più per uscire dalla crisi, dunque. Bene, vediamo in concreto che significa, senza i soliti pregiudizi ideologici.Immaginiamo che, prima di tutto, si pensi di far lavorare di più chi ha perso o rischia di perdere il posto, o chi è da lungo tempo in Cassa integrazione. Quindi i lavoratori della Fiat di Pomigliano, i tessili di Prato, le lavoratrici della Indesit di Torino, i cassintegrati dell’Alitalia, i precari pubblici e privati che rischiano di scomparire dal ruolino dell’occupazione, e tante e tanti altri. Secondo dati che il governo considera allarmistici, ma che tutte le fonti confermano, entro la fine dell’anno avremo oltre 500 mila cassaintegrati e altrettanti disoccupati in più. Far lavorare di più un milione di persone che non lavora affatto non dovrebbe essere difficile per il cavalier Berlusconi, visto che sulla promessa di un milione di posti di lavoro ha fondato la sua discesa nel campo della politica.Ma come, dove? Sono lavori pubblici, quelli che vengono offerti? E’ la costruzione del Ponte di Messina? E’ la stanza in più nell’appartamento che ogni famiglia, anche nei palazzi a venti piani, potrà costruire secondo un’altra promessa del Presidente del Consiglio?

  4. ROMA SABATO 4 APRILE MANIFESTAZIONE NAZIONALE CGIL GIÙ’ LE MANI DA SALARI PENSIONI LIBERTÀ E DIRITTI INDIETRO NO FUTURO SIUn occasione per farci sentire per dire che non ci stiamo a diventare tutti sudditi.Siamo cittadini liberi e vogliamo rimanerlo.Molti di voi hanno già aderito, molti ci saranno, vi invito in questi ultimi giorni ad aderire e a trovare altre adesioni. Per il viaggio rivolgetevi alla CGIL della vostra città…..dobbiamo essere in tanti, abbiamo una grande responsabilità, salvare il nostro paese e il futuro dei nostri figli.Saluto a tutti e speriamo di vederci a ROMA.

  5. Il desiderio fisico e il sesso come fase pre-politica. E’ qualcosa di straordinario e banale assieme perchè è banale il presupposto iniziale. Banale ma vero, e cioè che in una società in cui le differenze tra le classi sociali sono spaventose, dove il divario tra ricchi e poveri è enorme, dove l’umiliazione, lo sdegno, il disprezzo per gli altri sono tanto intensi, l’unica cosa in grado di avvicinare una persona ad una altra è il desiderio fisico.E’ una questione di sopravvivenza, l’argomento imprescindibile di ogni conversazione o ragionamento per la maggior parte di noi. E’la logica del carnevale perenne in cui ci hanno trasportato per meglio sopportare il brodo d’odio e terrore che hannoabbiamo costruito. E’ la finta luce nel lato oscuro dove siamo finiti. Se pensiamo al cosiddetto processo di globalizzazione, oggi è l’economia, più che l’etica e il pensiero, che ha assunto un ruolo centrale e dominante nella vita. Ma questo ci fa anche pensare che il pericolo sempre aleggiante che avvertiamo, oggi non viene da un singolo o da un gruppo di fanatici, ma da un intero emisfero sociale. Come ho già scritto (il mio parossismo: ormai mi “cito”), esiste un modo di pensare in termini di “sviluppo” che ormai è contro tutta l’umanità, sia che si tratti di bianchi buoni, moderati e timorosi di dio, che invece di oscure barbe fanatiche. E’ questo il lato oscuro che avvertiamo. E l’unica risposta anti-rivoluzionaria possibile che abbiamo trovato è il rifugio nella dimensione della carne. Dei corpi. Nel sesso. Su ogni latitudine.Tra i fanatici integralisti dall’altra parte della barricata(?), in cui il corpo femminile resta unodei simboli della loro diversità, o nell’ostentazione che invece ne facciamo noi.Ostentazione non fine a se stessa: non ditemi che non vedete la logicità-almeno in Italia-e la consequenzialità degli scandali etico-finanziari che erano e restano paradigmatici di una cultura:”Crac parmalat(maggiore scandalo finanziario di tutti i tempi, anche se molti non se ne sono resi conto)- intrecciato con le banche, le stesse che coprono i debiti e gli scandali del campionato di calcio- le intercetazioni di casa Savoia-Rai, vallette e stolidi uomini di partito colti con le braghe calate- e i nostri soldati che partono in nome della pace salutati dai discorsi sull’onore da parte di ministri…”Non una forma innocente di sessualità, ma come strumento di potere politico, sociale ed economico.Ma anche qui, a ben vedere, e sempre più spesso, si tratta di un piccolo gruppo di persone molto ricche e in grado di comprare qualsiasi cosa, persone o oggetti, e di altre pronte a vendere l’unica cosa che possiedono, la loro giovinezza e il loro corpo.L’essenza della politica in senso lato è nella vita di tutti i giorni. Nelle scelte che ogni individuo compie. Anche nel vivere la propria sessualità, quindi l’eros è parte integrante e forza dall’enorme potere in questo intreccio. E non c’è bisogno di scomodare i rapporti tra Marx e Freud.E’ la consapevolezza la chiave. Non per risolvere le cose ma per interpretarle almeno.Come sempre è una questione di scelte.Rien a dire, rien a faire

  6. L’Imperatore..”c’è più (dis)gusto a esseri italiani!” Berlusconi chiude il congresso e s’incorona presidente…In An sembra che sia rimasto un briciolo di ironia – e autoironia. Perché prima dell’arrivo di Berlusconi alla nuova Fiera di Roma, alle 12.05, attendendone l’elezione bulgara a Presidente del neonato Pdl (Fini oggi non è in platea), anche Giorgia Meloni invita la platea dei delegati a votare “l’unica candidatura pervenuta, quella di Silvio Berlusconi”: dalla platea si sentono risate, e anche lei sorride. Quindi, mentre i delegati alzano il badge per proclamare all’unanimità l’elezione del Cavaliere, Berlusconi fa il suo ingresso in sala, circondato dalle guardie del corpo. Un saluto alla prima fila, poi il coro ‘Silvio, Silvio’, Berlusconi con la mano sul cuore saluta i delegati e inizia a pronunciare il discorso di chiusura del congresso del Pdl.Un discorso limato fino all’ultimo al secondo piano di Palazzo Grazioli, attraverso cui l’imperatore del Pdl ha voluto marcare e mettere un segno alla giornata di oggi sparando a zero su tutto ciò che non appartiene alla sua parte politica e al suo partito.Berlusconi ha iniziato a parlare autoelogiandosi per la “lucida follia”, riconosciutagli a suo dire anche da Gianfranco Fini, che lo ha “portato fin qui”. Immancabile la citazione del solito Erasmo da Rotterdam. Quindi è passato all’autocelebrazione, ripercorrendo alcuni passaggi del suo discorso del 1994 che i delegati, guidati da una sapiente regia, potevano seguire in un opuscolo distribuito a tutta la sala. Dopo quattro minuti ha abbracciato idealmente la platea, facendo scattare un lungo applauso. Passano appena dieci minuti, e parte l’attacco alla sinistra, che “non fa opposizione al governo, ma al Paese”, dato che si oppone alla “rivoluzione liberale che mette la persona prima dello Stato”.E’ l’ora dell’elenco dei successi del governo, nonostante la crisi: “Abbiamo alimentato la fiducia – dice il premier – e ridato sostegno alle fasce più deboli, abbiamo salvato le banche, esteso e raddoppiato i sussidi anche a chi non li aveva, come i lavoratori a progetto”. Esaurita la lista dei miracoli governativi, Berlusconi è passato alle promesse, partendo da quella “per una scuola migliore”. La sala ha accolto con un’ovazione il passaggio sula scelta libera da parte della famiglia della scuola privata e su quello della “lotta ai baroni”. Parlando dell’Università, il presidente del Consiglio è stato interrotto a ogni frase da un applauso. Quindi si è attribuito il merito di aver varato “ben 7 leggi in difesa delle donne, a differenza della sinistra che non ne aveva fatta neanche una”. Lunghi applausi quando il premier parla dell'”ambientalismo ideologico” e del “falso ambientalismo”.E’ insomma, quello costruito da Berlusconi, un “Paese più moderno”, dove c’è bisogno di “cambiare la struttura istituzionale dello Stato, affinché si trasformi da calabrone a crisalide a farfalla”. Un riferimento a Fini: “Caro Gianfranco, la farfalla deve spiccare il volo. Lo vogliono i nostri giovani, che si sentono più farfalle che calabroni”. E alla prima mezz’ora di discorso, scatta il trentesimo applauso.E’ arrivato il momento di parlare della Costituzione: “Noi l’avevamo già riformata nel 2005, cambiandone 50 articoli. Ci siamo impegnati per oltre un anno – continua il premier – ma la sinistra si rifiutò di votare e indisse il referendum che cancellò la legge”. Il “premier che unisce” fa scattare un’altra raffica d’attacchi all’opposizione: “Proponemmo l’offerta di una legislazione costituente, prima ci dissero di sì e poi invece ce la boicottarono, accusandoci di regime”.Quanto al federalismo, “quello del 2001 era falso, il nostro è una vera riforma di sistema”. E quale potrebbe essere una delle riforme di sistema di cui parla il premier? Casualmente, il rafforzamento dei poteri del premier: “Il presidente del consiglio deve avere maggiori poteri rispetto a quelli attuali quasi inesistenti”. Berlusconi descrive il tasso di operatività del suo ruolo come nullo: “Posso esercitare solo un’azione di moral suasion, non posso nominare o revocare ministri (sic!), posso solo redigere l’odg del Consiglio dei Ministri”. E’ ovvio, quindi, che per l’imperatore Silvio la modernizzazione della Costituzione passi necessariamente attraverso più poteri affidati al premier. E, in seconda battuta, per l’indebolimento del Parlamento: “Non è più rinviabile la riforma dei regolamenti parlamentari – dice il premier – il Parlamento deve votare le leggi nei tempi dettati dall’urgenza”. Per il premier, “il governo deve governare, il Parlamento controllare”, ma la platea è tiepida rispetto a questa parte istituzionale del discorso del presidente.Soltanto un’inquadratura a tutto schermo di Renato Brunetta, citato dal premier a proposito della riforma della Pubblica Amministrazione, risveglia la sala, che si scatena in un applauso fragoroso alla “Lorella Cuccarini” dell’esecutivo.Il discorso ora è tutto sulle Europee: Berlusconi evoca il “Popolo europeo” e si autocelebra come “un vero leader che chiama a raccolta il suo popolo”. Quindi, annuncia che si candiderà alle elezioni per rinnovare il Parlamento Ue e sfida il segretario del Pd Franceschini a fare lo stesso: è standing ovation della sala.Berlusconi parla quindi della “moralità del fare” e nomina tutti “missionari della libertà”, quindi chiama sul palco i membri dell’Ufficio di Presidenza: ministri, governatori, sindaci, presidenti e vicepresidenti: “in primo piano le donne”. E chiama anche il coro, composto da una trentina di persone, che si dispongono intorno ai cinque microfoni che costituivano la scenografia del palco stamattina. “Oggi si conclude la lunghissima transizione italiana”, dice, e scatta prima l’inno nazionale, poi “Meno male che Silvio c’è”, quindi l’Inno alla gioia (che è l’Inno dell’Unione europea). E si chiude così il primo congresso del partito fondativo del partito, marcato dall’assenza di Gianfranco Fini.

  7. Se mi avessero detto che dopo mani pulite sarebbe uscita questa merd,,,, di classe politica, mi sarei messa a ridere. Non sarei mai riuscita a immaginare che le stesse persone che agitavano cappi e manette al giorno d’oggi possano appoggiare i politici attuali, difendendoli a spada tratta come se fossero degli dei infallibili senza nutrire il minimo dubbio sul loro operato, e sbraitando alla lesa maestà ogni volta che i loro beniamini vengono colti con le mani nel sacco. Per non parlare del dialogo che riescono a intrattenere:- Comunista, parli così perchè sei comunista. Comunista, comunista e ancora comunista-. Intanto la voglia di ridere mi è passata, e adesso guardando i nostri politici, l’unica cosa che provo è sgomento. Ma si sa, io sono comunista, menagrama, mangiabambini, mangiapreti, chiunque voglia può aggiungere qualcosa. Magari scoprirei dei lati del mio carattere che ancora non ho avuto modo di conoscere.

  8. Sgarbo di Berlusconi alla Merkel, La Merkel ha indicato a Brown il primo ministro italiano ed ha allargato le braccia. Poi, arrivati tutti gli altri ospiti, ha deciso di andarsene, lasciando Berlusconi solo sulla riva del fiume.Si è aperto a Strasburgo il secondo giorno di vertice Nato per la celebrazione del sessantismo anniversario dell’Alleanza con un fuori programma con strappo al cerimoniale per il presidente del consiglio, Silvio Berlusconi. Il premier è arrivato a Baden Baden, ma prima di dirigersi verso la cancelliera tedesca Angela Merkel, si è appartato sulla riva del fiume per telefonare. La Merkel è apparsa un po’ perplessa, ma ha continuato ad accogliere gli altri ospiti, tra cui il premier danese Anders Fogh Rasmussen e il segretario generale della Nato Jaap de Hoop Scheffer. Ogni tanto la cancelliera si girava verso Berlusconi che nel frattempo continuava a telefonare, passeggiando sulla riva del fiume con le spalle rivolte al resto del gruppo. All’arrivo del premier britannico Gordon Brown, la Merkel ha visibilmente commentato con il collega l’atteggiamento di Berlusconi, esprimendo una chiara contrarietà. La Merkel ha indicato a Brown il primo ministro italiano ed ha allargato le braccia. Poi, arrivati tutti gli altri ospiti, ha deciso di andarsene, lasciando Berlusconi solo sulla riva del fiume, che continuava a telefonare. I leader della Nato poi hanno attraversato la passerella sul Reno, con il cancelliere tedesco e il presidente Usa Barack Obama in testa, senza il presidente del Consiglio ancora impegnato nella telefonata fuori programma.I capi di Stato e di governo dell’Alleanza, accompagnati da una banda, sono stati accolti a metà della passerella dal presidente francese Nicolas Sarkozy. L’evento simbolico celebra la pacificazione franco-tedesca dopo le due guerre mondiali del ventesimo secolo. Berlusconi non ha partecipato neanche al minuto di silenzio per ricordare i caduti Nato, per ricongiungersi poi agli altri leader Nato solo per la seconda foto di gruppo della giornata. Berlusconi prima della foto, è parso scusarsi per il contrattempo con la Merkel e Sarkozy. La telefonata che ha fatto tardare l’arrivo di Silvio Berlusconi alla cerimonia sul Reno era con il premier turco Erdogan per tentare di sbloccare la nomina di Rasmussen a segretario generale della Nato. Lo hanno riferito fonti governative. Gli Stati Uniti non vedono una grande urgenza nel risolvere al vertice Nato di Strasburgo la questione della nomina del nuovo segretario generale della Alleanza Atlantica. Un funzionario della Casa Bianca ha sottolineato che l’attuale segretario generale, l’olandese Jaap de Hoop Scheffer, resterà in carica ancora alcuni mesi e che quindi il problema potrebbe essere risolto in seguito. Il candidato favorito da molti Paesi, il premier danese Anders Fogh Rasmussen, sta incontrando la opposizione della Turchia.

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