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Mi è capitato una volta di raccontare in una riunione la storia di Zio Ho e la promozione delle donne e ha avuto molto successo: sicché, ho pensato di narrarla di nuovo per utilità generale. E’ un esempio di come tenacemente si può promuovere la presenza delle donne in una organizzazione comunista.
L’ultima sollecitazione a ripetere il racconto mi è venuta sentendo un compagno dei Gc, che virtuosamente si dichiarava contrario alle quote rosa, perché sono un ghetto e, richiesto che cosa proponesse invece e perché non fosse venuta una compagna a dirlo, restò senza parole e disse che di compagne non ce ne erano (preoccuparsi di quote di persone inesistenti mi sembra davvero eccessivo!).
Ed ecco la storia di Ho Chi Minh, come me la raccontarono le donne della delegazione vietnamita a un congresso mondiale della Fdif (Federazione democratica internazionale delle Donne, un organismo di area sovietica) negli anni Settanta ad Helsinki. Fu un congresso interessantissimo, era presente la sorella del Che, era presente Angela Davis, e le donne cinesi e l’Udi uscirono alla fine dalla Fdif per dissensi sull’Urss: praticamente anticipammo lo “strappo” di Berlinguer, ma senza nessuna deriva verso l’occhettismo.
Durante il congresso, tra le cose più interessanti vi erano i caucuses che si formavano tra delegazioni, per trasmettersi relazioni informazioni confronti ecc. La delegazione dell’Udi si incontrò con le donne vietnamite e tra le altre cose ci raccontarono ciò che ora verrò dicendo.
Un giorno Ho Chi Minh, già affettuosamente chiamato Zio Ho, andò in un villaggio per fare una riunione e trovò naturalmente una sala affollatissima; si guardò in giro e chiese:«Dove sono le donne?». «A casa a tenere i bambini, a cucinare …», «Se non ci sono le donne, io non parlo», disse Zio Ho e sbattendo la porta se ne andò verso il prossimo villaggio: dove le donne erano ammassate in fondo alla sala, costrette là, essendo i compagni stati avvisati del desiderio di Ho Chi Minh. E Zio Ho, implacabile, guardò e disse che se le donne non stavano sedute, lui se ne andava, come fece; al prossimo villaggio le donne c’erano ed erano sedute nelle prime file e la riunione incominciò. Il procedimento era che venivano rivolte domande a Zio Ho, che poi rispondeva: ma le donne non chiedevano niente. «Se le donne non parlano, io non faccio la riunione», soggiunse lui: infine, all’altro villaggio ancora, le donne erano sedute in prima fila e gli rivolsero domande sicché la riunione potè svolgersi. E Ho Chi Minh soddisfatto se ne tornò ad Hanoi alla sede del Partito comunista vietnamita. Ma entro pochi giorni arrivarono lettere a valanga di donne: «Caro Zio Ho – dicevano – sappiamo che tu ti comporti così per noi e per i nostri diritti, lo sappiamo e ti ringraziamo, ma credici, non va bene, perché poi quando torniamo a casa i nostri mariti ci picchiano e quando si sa che vieni tu ci mandano per forza alla riunione e guai se non prepariamo una domanda. Grazie, ma guarda: dobbiamo liberarci da sole».
Ho Chi Minh era molto tenace e ci pensò su e poi mandò una lettera al partito in cui diceva che qualsiasi donna avesse rimostranze o proteste o lamentele da fare si rivolgesse direttamente a lui saltando tutte le istanze intermedie e lui avrebbe risposto e agito. Ricevette molte e molte lettere e decise che chi si fosse reso colpevole di torti verso le donne non avrebbe fatto carriera nel Pcv. Infatti, alcuni brillanti percorsi si arrestarono bruscamente, dopo che Ho chi Minh ebbe acerbamente rampognato i compagni dicendo loro:«Fai discorsi sulla nuova società giusta e uguale e poi picchi tua moglie? Raccomandi la cultura e poi non mandi a scuola tua figlia? Non so che farmene di te».
Fine della storia e morale: fu un comportamento democratico? I garantisti diranno di no: ma resta la domanda: come si fa quando le leggi di garanzia le fanno i garantiti? Non è forse sbagliato ogni tanto che vi sia una qualche interruzione e stacco, e si torna all’inizio, forse è ancor più democratico. Mah!              
Lidia Menapace  

Mi è capitato una volta di raccontare in una riunione la storia di Zio Ho e la promozione delle donne e ha avuto molto successo: sicché, ho pensato di narrarla di nuovo per utilità generaleultima modifica: 2009-02-15T10:50:26+01:00da casadelpopoloff
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8 Thoughts on “Mi è capitato una volta di raccontare in una riunione la storia di Zio Ho e la promozione delle donne e ha avuto molto successo: sicché, ho pensato di narrarla di nuovo per utilità generale

  1. Lettera Privata di Berlusconi a Veltroni: Volevo ringraziarti per tutto quello che hai fatto per il nostro partito che, sono sicuro, senza di te non sarebbe stato possibile. Oggi per me e’ un giorno molto triste.Vorrei fare i complimenti ancora una volta a Veltroni, anche quando si dimette (cosa giustissima) sbaglia.Voglio dire in 16 mesi proprio il giorno in cui condannano Mills ti dovevi dimettere? Così su tutte le pagine ci si trova la notizia del PD debole e non il processo del premier!!Non è che magari posticipando di 2/3 gg qualcuno magari avrebbe avuto il tempo di collegare il processo al premier e quindi al lodo alfano…Ormai è ufficiale…Veltroni e Berlusconi erano daccordo fin dall’inizio:-)”Oggi è un giorno triste per tutto il Paese, forse per metà, tolta la Sardegna, e la Sicilia, ma quella l’avevamo già tolta prima. Oggi è un giorno triste per un terzo dell’Italia, tolto l’Abruzzo. E allora che c’è rimasto? Modena? Allora oggi è un giorno triste per Modena, siamo sicuri che c’è rimasta Modena?”. La crisi del Pd, culminata con le dimissioni del segretario Walter Veltroni, non sfugge all’ironia graffiante di Maurizio Crozza, che apre il suo intervento a ‘Ballarò’ vestendo i panni dell’ex leader democratico: “Finalmente ho fatto una cosa di sinistra, pacatamente, serenamente mi sono dimesso”.”Solo oggi – ha proseguito Crozza-Veltroni – ho capito cosa dovevo fare per il partito, solo oggi ho capito che dovevo togliermi dai co…”. Infine, un avviso: “vendesi un pullman verde usato poco e ancora in garanzia”; e una considerazione: “la differenza tra Pd e Pdl è semplice e anatomica: Berlusconi in Sardegna c’ha messo la faccia, io c’ho rimesso il culo”.

  2. In seguito alle nostre pressioni dopo la condanna di Mills, Berlusconi si è dimesso.(satira)”Mi dimetto a causa delle pressioni assillanti di un Blog di comunisti. Il mio governo entrerà comunque nella storia per la mia statura di leader” ha dichiarato sommessamente l’ex premier.Siamo coscienti dell’enorme potere il nostro possesso, d’altronde lo sappiamo, ad “un grande potere corrispondono grandi responsabilità”. Saremo gli inflessibili mastini del web.Il prossimo premier stia attento, vigileremo con l’attenzione e la spocchia che ci contraddistinguono, non faremo sconti a nessuno!

  3. Hanno sbagliato sogno: La crisi del Partito DemocraticoIl Partito democratico rischia di compiere un errore più grave di tutti quelli compiuti fin qui, e questo sarebbe definitivamente letale. Esso consiste nel ritenere che, accantonato Veltroni, si tratterebbe di continuarne la politica, di perseguirne ancora meglio “il progetto”, di realizzarne “il sogno”; e al vederne la realizzazione sempre più lontana, l’errore starebbe nello scusarsi dicendo che per i grandi progetti ci vuole tempo, che bisogna non appiattirsi sull’oggi, come fanno i politicanti mediocri, anche se è proprio oggi che la casa brucia.Credo che a Veltroni non si potrebbe fare offesa maggiore di questa: perché se il progetto era buono, tanto che proprio ora si potrebbe realizzare senza di lui, vuol dire che il disastro è avvenuto per colpa sua.La stessa offesa si fece a Prodi, quando si è pensato che, tolto di mezzo lui, qualcuno sarebbe riuscito nella sua politica meglio di lui, mandando invece a fondo il Paese.La verità è che “il progetto” è sbagliato, anche se il valore di Prodi e la seduzione di Veltroni lo hanno fatto apparire per un certo tempo attraente, fino all’inevitabile sconfitta; e neanche questa insegna qualcosa, se non viene imputata al progetto, ma sempre e soltanto a estranei infidi litigiosi e cattivi, come Bertinotti e Diliberto ieri, e Di Pietro oggi.Il progetto sbagliato è quello dell’Italia bipolare, con due soli “grandi” partiti a contendersi il potere; e il sogno è che uno di questi due grandi partiti, capace di combattere e di vincere da solo, sia il Partito democratico.Il progetto è sbagliato perché il suo presupposto è la riduzione della politica a gestione pragmatica e scorata dell’esistente, e la sua condizione è il leaderismo su cui convogliare le pulsioni emotive e ideali rimosse dalla politica. A questa riduzione e a questo cesarismo l’Italia non è pronta perché è stata patria di molte ideologie e passioni politiche, e perché dal fascismo è stata vaccinata contro il culto del capo. Neanche Berlusconi gode di culto, ma solo di piaggeria.Questa è la vera ragione del tanto lamentato protrarsi della “transizione italiana”; quando questa dovesse concludersi secondo il suo verso, l’Italia sarebbe snervata, il fascismo potrebbe giocare di nuovo tutte le sue carte e Gelli avrebbe definitivamente ragione.Questo esito non è quello previsto né voluto dai coltivatori del progetto. Essi hanno sbagliato sogno, hanno abitato il sogno di un altro. L’errore è stato un errore tipicamente cattolico, del tipo postridentino, in salsa secolare. Nella filiera di questo errore si trova infatti molto personale cattolico, anche avanzato, da Segni a Prodi a Parisi, a Tonini, a Ceccanti a Guzzetta. L’assenza di una sinistra cristiana ha impedito di vederlo. L’errore è quello di ritenere che se la contraddizione principale è quella tra bene e male, il mondo si divida in buoni e cattivi, e che a trionfare siano destinati i buoni. Così, divisa l’Italia in due parti, e costretti i cittadini a “premiare” una parte contro l’altra, l’idea è che a governare saranno i buoni. Veltroni ci ha aggiunto di suo che il Partito democratico ha la vocazione a riunire e a rappresentare in sé tutti i buoni, i quali lo voterebbero non per avere un governo secondo i propri gusti, ma per il gusto di avere in Italia, anche sconfitto, un partito così.Senonché le cose non vanno affatto in tal modo. Come già aveva spiegato Sant’Agostino, gli uomini, e perciò i cittadini, non sono né completamente buoni né completamente cattivi, ragione per cui di lì a poco fu inventato il Purgatorio. In politica ciò vuol dire che bisogna tirare fuori il meglio degli uni e degli altri, ciò per cui ci vuole una cultura politica forte, capace di interpretare gli ideali e le speranze di molti, e un egocentrismo debole, cioè una virtù aggregativa sensibile al pluralismo e capace di alleanze oneste e ben congegnate con i diversi da sé. In termini istituzionali ciò vuol dire pluralità dei partiti come organi della società civile, rappresentanza delle diversità, proporzionale, centralità del parlamento.Per il Partito democratico è avvenuto il contrario, perché ha avuto una cultura debole, residuata dall’abbandono della cultura marxista e della cultura cattolico-democratica delle due componenti che vi si sono dissolte, e ha avuto un narcisismo forte, presentando all’elettorato come un bene in sé il mandare via gli altri e il correre da solo.Ora, per uscire dalla crisi, occorre semplicemente abbandonare il progetto e il sogno di un partito democratico come fine, e accettare l’idea di un partito democratico come strumento. In realtà l’ideale di “un grande partito riformista come in Italia non c’è mai stato”, non fa sognare nessuno. Perché la situazione cui è pervenuta l’Italia e l’intera comunità mondiale è così critica, che non qualche ritocco riformista, ma una vera rivoluzione sarebbe necessaria, cioè una conversione delle dottrine e dei cuori. E finché tale rivoluzione non sarà possibile, o non sarà imposta dagli stessi eventi, la cosa più progressista che si può fare è di conservare e sviluppare le conquiste già ottenute lottando strenuamente contro il loro rovesciamento e contro la regressione al passato.E se nuove culture forti non sono all’orizzonte (né a quello laico né a quello religioso), una cultura forte di cui può dotarsi il Partito democratico esiste già, ed è la cultura dei diritti; non una cultura d’occasione, ma una cultura sistemica, capace di produrre un nuovo modello di Stato e una nuova democrazia delle nazioni; e per capire di che cosa si tratta basta leggere i “Principia iuris” di Luigi Ferrajoli.Se il Partito Democratico avrà una cultura forte e tornerà in società (nella società delle altre famiglie politiche, a cominciare da quelle alla sua sinistra), potrà riprendere vita, e dare vita al Paese. Altrimenti sequestrando e paralizzando la sinistra dello schieramento bipolare, edificherà con le sue mani le basi di un lungo potere della destra, come inevitabile destino dell’Italia. Ma non era proprio questo il vero progetto della “seconda Repubblica”?

  4. Si stanno scannando per non permetterci di staccare l’acqua se finiamo in stato vegetativo, ma danno la facoltá ad una ditta di staccarci l’acqua quando siamo in vita.A Gela come “Gomorra” e tra le varie piaghe che l’affliggono oggi la città spunta anche quella dell’acqua. I cittadini infatti credono che su questa città si sia abbattuta una maledizione quella dei disservizi e dei soprusi all’utenza. File interminabili infatti hanno invaso gli uffici di Gela del gestore privato “Caltaqua” che opera nella provincia di Caltanissetta su concessione dell’Ato Idrico cl6 .Alla base della protesta collettiva l’arrivo in questi giorni di bollette milionarie, che vanno da 500 a 3000 euro, nelle case delle migliaia di famiglie di Gela. Dall’analisi attenta di una delle tante bollette vediamo nascere un problema di base, l’aumento dei consumi delle famiglie dopo la sostituzione a tappeto di tutti i contatori dell’utenza Gelese, avvenuta tra giugno e luglio del 2008. Una famiglia di tre persone oggi riesce a consumare a Gela in tre mesi ben 307 m3 a fronte dei precedenti consumi che si attestavano a 50 m3,in termini di denaro parliamo di una bolletta di circa 600 euro. In considerazione poi del nuovo tariffario che il gestore ha applicato si denota anche che a partire da 48 m3 che l’acqua viene pagata ad 1 euro e 27 centesimi escluso IVA. Molte le considerazioni a tal proposito che evidentemente puntano il dito sulla possibilità che i nuovi contatori girino anche in assenza di erogazione e permettano il conteggio anche della pressione dell’aria che a gela viene immessa nella rete con molta facilità visto che l’acqua non viene erogata sistematicamente nelle 24 ore con ampi spazi morti rappresentati in taluni casi da intere settimane all’asciutto per gran parte delle famiglie. Nella bolletta inoltre viene indicata una quota relativa al canone di depurazione che come tutti sanno non corrisponde solo alla depurazione fognaria ma anche al tipo di acqua che viene erogata nei rubinetti di casa(Vedi sentenza della Corte Costituzionale del 10 ottobre n. 335 che ha dichiarato illegittima la legge Galli la n. 36 del 1994 “Disposizioni in materia di risorse idriche”), e Gela in questo senso può recriminare la non potabilità vista la qualità dell’acqua che continua a sgorgare dai rubinetti. Ad acuire la piaga il taglio dei contatori per morosità che avviene sistematicamente nelle ore notturne onde evitare ritorsioni da parte dell’utenza che naturalmente non vuole rimanere a secco. Ma l’acqua oggi è veramente un bene di prima necessità e di così basilare importanza per la vita umana? La risposta sarebbe plausibile visto che l’organismo umano è costituito per il 65% da Acqua ma non è certa per tanti altri motivi che mettono in primo piano non la salute ma il business come risulta dal preliminare di contratto che l’Ato Idrico cl6 di Caltanissetta ha sancito con “Caltaqua”,in cui si permette alla società di sospendere la fornitura di acqua,secondo quanto previsto dal contratto,quando dopo vari preavvisi di pagamento delle bollette queste non sono pagate. Allora a questo punto acqua in bocca perchè oggi in relazione anche anche all’art.lo 23bis del DL 112 del 25 Giugno 2008 dove si sancisce che l’acqua non è più un bene comune è sarà sempre più una merce e non un diritto fondamentale umano e tutti i mercanti autorizzati possono appropriarsene per trarne ampi profitti(Veolia-Latina tariffe +300%).L’acqua quindi, oggi, rappresenta l’oro bianco, costruito con la permissione dei nostri politici,che hanno svenduto già il 65% del nostro corpo umano a discapito anche della collettività Gelese che oggi è stata buttata nel disagio più profondo.

  5. La pena di morte a “rischio” negli States, Crisi di coscienza? No: crisi economica-Con la recessione molti stati potrebbero abolirla. Anche perché uccidere un detenuto costa più che tenerlo in carcere a vitaLa crisi economica che sta travolgendo il mondo ricco e avanzato dell’occidente riserva delle inattese sorprese. Ad esempio potrebbe accelerare la fine della pena di morte negli Stati Uniti.Il perchè è molto semplice e facile da capire: uccidere un detenuto costa assai di più che tenerlo in carcere per tutta la vita. Ed è questo agghiacciante paradosso che sta spingendo molti Stati americani a prendere seriamente in considerazione l’idea di abolirla.La pena di morte è al momento in vigore in 36 dei 50 Stati americani e stando agli ultimi sondaggi, è condivisa dai due terzi della popolazione Usa. Ma ora che la crisi è si è abbattuta sul paese l’impatto sui budget federali si sta rivelando dirompente. Mantenere la pena di morte significa immolare a questa causa milioni di dollari dei cittadini, mentre i servizi per garantire la sicurezza sono sottoposti a tagli pesanti: centinaia di poliziotti licenziati, programmi cancellati, tribunali impossibilitati a funzionare e in ultimo decine di detenuti rilasciati per l’impossibilità di gestirli. In un recente rapporto dell’associazione degli avvocati si legge: «Il sistema giudiziario in molte parti dell’America è sull’orlo del collasso a causa della mancanza di fondi e dei budget ormai fuori controllo».Par capire il peso economico che l’applicazione della pena di morte comporta per gli Stati che la riconoscono è bene dare alcuni dati.Nello stato della California, 667 detenuti nel braccio della morte il gruppo più numeroso degli Stati Uniti, la pena di morte costa ai cittadini 137 millioni di dollari all’anno, e questa cifra non tiene conto delle spese per mantenere i prigionieri nelle carceri. Ogni esecuzione è costata allo Stato 250 milioni di dollari. E l’ultima indagine dice che un sistema che cancellasse la pena di morte e applicasse il carcere a vita costerebbe allo Stato “solo” 11 milioni all’anno.In Kansas il costo di un processo che insegue una condanna alla pena capitale costa il 70% in più di qualsiasi altro caso.Farla applicare è costato allo Stato della Florida 51 milioni di dollari all’anno in più di quello che sarebbe costato condannare tutti i colpevoli all’ergastolo. Considerando che dal 1976, da quando la Corte Costituzionale ha reintrodotto la pena di morte, in Florida sono state eseguite 44 sentenze capitali, lo Stato ha speso 1 miliardo e 56 milioni di dollari, 24 milioni ogni esecuzione.In Texas un caso di pena di morte costa allo Stato 2,3 milioni, il triplo di quanto spenderebbe se detenesse quel detenuto in una cella singola in un carcere di massima sicurezza per 40 anni.L’alto costo della pena capitale sfugge così all’assioma che lo stesso presidente Obama ha illustrato presentando la sua finanziaria: il rapporto costi e benefici non torna.Applicare la pena di morte è quindi ormai comprovato che è decisamente ed inesorabilmente più cara della sua più vicina alternativa: ergastolo senza possibilità di libertà.La ragione di questa discrepanza è dovuta all’iter processuale. Un processo che insegue una condanna capitale è più lungo ed più costoso in tutti i suoi passaggi rispetto ad un procedimento ordinario. E i costi maggiori si registrano prima della esecuzione. Le mozioni che precedono il processo, gli esperti investigativi, la selezione della giuria, la necessità di due procedimenti – uno di colpevolezza e un secondo per la sentenza – pesano sui conti pubblici in modo abnorme. Le cifre indicate poco sopra inoltre non tengono conto degli appelli. Considerando inoltre che non tutti i condannati, per fortuna, non vengono giustiziati ma trascorrono la loro vita in carcere fino alla loro morte naturale, ai costi del processo vanno sommati quelli della detenzione in carceri apposite e al mantenimento in funzione delle macchine e del personale preposto ad eseguire quelle sentenze.Dulcis in fondo le cause per negligenza. In Louisiana un procuratore distrettuale si prepara a dichiarare bancarotta dopo che un ex detenuto ha fatto causa all’ufficio ed ha ottenuto un risarcimento di 14 milioni di dollari. Il detenuto in questione dopo aver trascorso 18 anni in un braccio della morte è stato esonerato dal reato capitale dopo che un secondo processo ha riconosciuto che l’ufficio del procuratore distrettuale aveva tenuto nascoste delle prove. Ora il procuratore, e lo Stato, dichiarano che non hanno i fondi per pagare e non resta che dichiarare bancarotta e chiudere l’ufficio con le logiche conseguenze.E’ comprensibile quindi capire quali sono le ragioni che hanno portato molti Stati, dal Kansas al Nebraska, governatori e parlamentari, a prendere in considerazione l’abolizione. In una pubblica dichiarazione il governatore del Maryland, il democratico Martin Ò Malley, davanti ai propri deputati ha detto: «Non ci possiamo permettere questa soluzione quando sappiamo che ci sono sistemi più economici per ridurre la criminalità». Sulla stessa linea si stanno orientando anche Colorado, Kansas, New Hampshire, Montana e New Mexico. In quest’ultimo Stato dove il Senato locale ha già approvato il progetto di legge per mettere al bando la pena di morte ed è in attesa di essere approvato dalla Camera, il governatore Bill Richardson, noto sostenitore della pena, ha ammesso che se questa legge fosse arrivata sul suo tavolo qualche tempo fa l’avrebbe bocciata, ma oggi sta prendendo in seria considerazione di firmarla. Ed è quasi certo che i parlamentari e gli amministratori che si apprestano a nuove elezioni abbandoneranno la retorica della pena di morte spesso sbandierata a sproposito come panacea a combattere tutti i crimini.

  6. Va sempre peggio:GELATA ECONOMICAVa sempre peggio: nel 2008 il Pil italiano è diminuito dell’1,0%, contro un dato provvisorio che lo dava in flessione dello 0,9% e, soprattutto, una previsione governativa del -0,6%. Bisogna tornare indietro di 23 anni (al 1975) per trovare una caduta così ampia del prodotto interno lordo. Purtroppo il 2009 andrà anche peggio: secondo tutti i maggiori centri di ricerca il Pil dovrebbe registrare una caduta compresa tra il 2,5 e il 3 per cento. Mentre il governo tace, Guglielmo Epifani, segretario generale della Cgil, ha commentato«una cosa è certa: il 2008 è andato peggio del previsto, il 2009 andrà peggio delle previsioni che fanno Governo e Confindustria, e per il 2010 nessuno sa come andrà, ma certo la situazione si aggrava. Ci vuole – aggiunge – uno sforzo maggiore per affrontare la crisi: questa situazione richiede un intervento del Governo maggiore in termini qualitativi e quantitativi».L’Italia, assieme al Giappone (-0,7%) è l’unico paese industrializzato che ha chiuso i conti del 2008 con una discesa del Pil. Negli altri maggiori paesi, infatti, sulla base dei dati finora disponibili, il prodotto lordo è aumentato dell’1,3% in Germania, dell’1,1% negli Stati Uniti, dello 0,7% nel Regno Unito e in Francia. Come si è arrivati a questa contrazione?I dati Istat sono di semplice lettura e indicano che sul versante della formazione del prodotto (1.572,24 miliardi a prezzi correnti) il calore aggiunto dell’industria in senso stretto è diminuito del 3,2%; quello del costruzioni dell’1,2% e quello dei servizi dello 0,2%. Solo il valore aggiunto del settore primario (agricoltura e pesca) ha fatto registrare una crescita del 2,4%, ma il peso sul Pil è irrisorio. Sul fronte degli impieghi, l’Istat segnala una contrazione dello 0,5% dei consumi finali nazionali (ma la flessione sale allo 0,9% per la spesa delle famiglie residenti). Gli investimenti fissi lordi sono diminuiti del 3%, con un -5,3% per quanto riguarda quelli in macchinari e attrezzature e -2,1% per i trasporti. In caduta del 3,7% le esportazioni di beni e servizi, mentre le importazioni sono scese del 4,5% a dimostrazione di una domanda interna che non tira.Ieri l’Istat ha anche comunicato i dati di finanza pubblica che saranno inviati alla Ue a verifica del Patto di stabilità. Il rapporto tra deficit e Pil, sempre per il 2008, si è attestato al 2,7%. Nelle ultime stime ufficiali del governo, quelle contenute nell’aggiornamento del Programma di stabilità, il rapporto deficit-Pil per il 2008 era al 2,6%. Nel 2007 il deficit si era invece attestato all’1,5%. Peggiora anche l’avanzo primario. L’anno scorso, secondo l’Istituto di statistica, il saldo primario (indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche al netto della spesa per interessi) è stato pari al 2,5% del Pil, un dato inferiore rispetto al 3,5% del 2007. E non è un buon risultato.Per quanto riguarda la pressione fiscale nel 2008 è stata del 42,8%, inferiore di tre punti decimali rispetto all’anno precedente quando era risultata pari al 43,1%. Dietro il dato della diminuzione fiscale c’è forte puzza di una ripresa alla grande dell’evasione fiscale. Il dato, infatti, è il risultato dell’aumento delle imposte dirette ( 3,5%) e dei contributi sociali effettivi ( 4,7%), incrementi legati agli aumenti contrattuali siglati nell’anno. Le imposte indirette hanno registrato una flessione del 5,1%. L’andamento negativo per quanto riguarda le imposte indirette, spiega l’Istat, ha risentito degli effetti del «rallentamento ciclico nell’ultima fase dell’anno nonché di alcune modifiche normative, per il 2008, in particolare con riferimento all’Ici – si dovrebbe trattare di 2,5 miliardi – e all’Irap». Tuttavia, appare decisamente basso il gettito Iva, visto che il Pil in termini monetari è in ogni caso aumentato.Ieri l’Istat ha anche pubblicato i dati preliminari sull’andamento dei prezzi al consumo in febbraio. Ne risulta che l’inflazione ha ripreso a crescere: +0,2% nel mese; +1,6% rispetto al febbraio 2008, la stessa variazione di gennaio. L’inflazione al netto dei prodotti energetici si è attestata al +2,2% (+2,3% a gennaio). Il prezzo della pasta di semola di grano duro è sceso dell’1,8% rispetto a gennaio con un tendenziale del +16,5%, rispetto al +25,4% di gennaio. Il tutto è avvenuto dopo la condanna di più di 20 produttori da parte dell’Anti-trust.

  7. In Italia la rete e’ temuta, oppure non e’ capita. Dopo anni di martellamento dei media tradizionali su rischi per la privacy, per i minori, allarmi scandalistici a tappeto, sono riusciti a rallentarne lo sviluppo e a farci diventare cenerentole informatiche. Poi e’ anche vero che molti la usano solo per le chat o il porno, ma questo e’ un altro discorso. Siamo un paese di vecchi, politici vecchi, media vecchi, idee vecchie. Spazio alla rete vuol dire spazio ai giovani, contatti col resto del mondo, fine del loro castello di bugie autarchiche, fine del privilegio.E non e’ che i nostri “intellettuali” siano messi meglio: Baricco vuol togliere soldi alla cultura istituzionale (opere liriche, teatro e altri carrozzoni), per darli alla scuola e alla tv. Alla tv! A parte che gli ha risposto bene, per una volta, Scalfari: tv e scuola dovrebbero gia’ averli i finanziamenti culturali, in teoria. Non c’e’ bisogno di usarli come pretesto per tagliare da altre parti.Poi oggi giustamente su la Stampa gli facevano notare: e Internet?

  8. NON FACCIAMOGLIELA PASSARE LISCIA A QUESTO GENIO!oggi durante la trasmissione di rai tre SHUKRAN il sindaco leghista di Azzano Decimo dichiarava che in tutti i ristoranti del proprio paese nel menù dovrà essere presente la bistecca di maiale….è evidente l’intento provocatorio di questo genio di amministratore che difficilmente sarebbe apprso sui media nazionali per la sua “eccellente” amministrazione,mi domando e vi domando ma a che livello è scaduta la nostra classe dirigente?che schifo…però la soddisfazione di scrivere uan mail a questa mente eccelsa me la tolgo.Comune di Azzano Decimo, Piazza Libertà, 1 -33082- tel. 0434.636711sindaco@comune.azzanodecimo.pn.itOGGETTO;da un macellaiosignor sindaco la ringrazio per avere dichiarato che in tutti i ristoranti sarà obbligtorio avere in menù la bistecca di maiale,la ringrazio perchè in questo periodo di vacche magre magari qulche suino in più si vende,l’unica cosa che mi rammarica e che lei non potrà consumare questa prelibata carne perchè farebbe un atto di cannibalismo.cordiali salutiporchetta marioANCHE QUESTO E’ FIATO SUL COLLO,DIVERTITEVI ANCHE VOI A MANDARE MAIL E A TELEFONARE A QUESTO GENIO.

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