spesa-anziano-povero--324x230.jpgMentre il governo ha ignorato, quando non ha represso, le manifestazioni di centinaia di migliaia di giovani studenti, ricercatori e docenti della scuola pubblica, rifiutandosi di cambiare i suoi provvedimenti che massacravano scuola e università e che tagliavano soldi e risorse, è bastata una semplice minaccia di mobilitazione da parte delle scuole cattoliche private per far cambiare idea al governo e nel giro di pochissime ore. Insomma, il Vaticano fischia e Tremonti e il governo ubbidiscono. Siamo alla farsa, se non fossimo alla tragedia, sulla scuola: fondi per le scuole private – già cospicui e consistenti da sempre – “ripristinati” e messi al riparo dai tagli e la scuola pubblica decimata a colpi di decreti Gelmini.
Come nel caso dell’elemosina della Social card per i poveri a fronte dei miliardi stanziati per banche e banchieri, il governo delle destre si dimostra sempre di più un vero Robin Hood all’incontrario, ben rappresentato dal ministro all’Economia Tremonti: toglie ai tanti cittadini e lavoratori che hanno bisogno, dà a pochi e ben scelti privilegiati. Si tratta dell’ennesima vergogna di Stato. Mi chiedo solo, in merito, cos’ha da dire il Pd, pronto a indignarsi su molte cose, temo non su questo punto.

                                                                                                                            Paolo Ferrero

SCUOLE, IL VATICANO FISCHIA E TREMONTI RISPONDE. GOVERNO MASSACRA LA SCUOLA PUBBLICA E AIUTA LA PRIVATA. CHE DICE IL PD?ultima modifica: 2008-12-06T08:35:42+01:00da casadelpopoloff
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14 Thoughts on “SCUOLE, IL VATICANO FISCHIA E TREMONTI RISPONDE. GOVERNO MASSACRA LA SCUOLA PUBBLICA E AIUTA LA PRIVATA. CHE DICE IL PD?

  1. Il PD su questo non dice nulla. I radicali certamente sì.http://www.radicali.it/view.php?id=133414A pensarci bene, però, il PrC non mi pare abbia detto molto neppure nel recente passato quando si è trattato di scelte coraggiose di laicità. Un esempio a caso?http://www.lucacoscioni.it/i_mercanti_esentasse_nel_tempio

  2. Spero che il P.D. faccia valere la laicità della istruzione togliendo i soldi alle scuole private appoggiando la originaria iniziativa della maggioranza di cdx.

  3. Sono sempre più disgustata dalla politica dell’attuale governo.Soldi pubblici alle scuole private, che spesso di rivelano penosi diplomifici di figli di papà..a cui, anche se venisse loro triplicata la retta di iscrizione (come dovrebbero fare), frequenterebbero lo stesso queste scuole!! Con docenti spesso nemmeno abilitati, sottopagati, assunti per conoscenze con suore e preti..pessima preparazione!!Le scuole validissime statali cadono purtroppo a pezzi sulla testa degli alunni e a queste solo tagli di personale e di risorse…E il governo ovviamente regala denaro pubblico a chi di denaro ne ha a sufficienza.Vergogna!!Da atea e laica quale sono non posso non indignarmi.Perché papa, vescovi..ecc..non devolvono queste ricche risorse delle private alle ottime statali per incrementare il sostegno ai disabili??? visto che nelle private i disabili nemmeno vengono accettati (per evitare di retribuire un docente in più).se si definiscono cattolici, dovrebbero farlo, no??Che squallore tutto ciò.

  4. Lettera di un padre disperatoMi chiamo Fabio P., padre della bimba M.B., e vi racconto la mia storia, parzialmente, alla luce dell’incivile, illegale ed ingiusta evoluzione di tutta la vicenda, tragedia straziante che vede coinvolti il sottoscritto e mia figlia, da circa quattro anni.Il distacco tra me e la piccola, di fatto, cominciò fin da quando ella aveva sei mesi, per esclusiva volontà della madre.Nonostante io abbia sempre riposto (nel passato) nei confronti dei Servizi Sociali, affidatari di mia figlia, illimitata fiducia, piena disponibilità, serietà e soprattutto dimostrato sempre una condotta bonaria e pacata, senza avere mai (in precedenza) criticato il loro operato con doveroso rispetto; con riferimento alle numerose missive, passate, precedentemente inviate ai Servizi Sociali del XIX Municipio totalmente disattese e richieste verbali all’incaricata del Servizio, sempre totalmente disattese da parte di quest’ultima; mi trovo purtroppo costretto ad esporre (mio malgrado) il mio personale caso sconcertante ed incredibile!! Io e mia figlia ci troviamo in questa inaccettabile e disumana vicenda in uno Stato civile di diritto nel terzo millennio, non per nostra colpa: mia figlia ad ottobre compierà 4 anni!Siamo perennemente distaccati, a tutt’oggi non la sento (nemmeno al telefono!) non la vedo, non ho notizie sul suo stato di salute ed ella vive, di fatto, senza il sottoscritto padre, peraltro, non ho mai avuto la possibilità (dico mai!) di tenerla con me.Chiedo, pertanto, che le S.V. vogliano prendere in considerazione il mio grido di dolore e di aiuto! Ascoltarmi, al fine di darmi la possibilità di poter fare finalmente il genitore della mia bambina che (vive a Roma) che amo più della mia vita, e che come è stato stabilito dalla sentenza del Tribunale per i minorenni di Roma io dovrei stare con lei due pomeriggi a settimana ed una domenica ogni 15 giorni.Inoltre, mia figlia non è nemmeno stata affidata alla madre (che ha sempre violato le statuizioni del Tribunale) ma è stata affidata ai Servizi Sociali (con collocazione temporanea presso la madre) che non stanno ottemperando al loro dovere, come da sentenza.Non solo!, nemmeno conosco l’ubicazione dell’asilo che mia figlia frequenta né tanto meno ho mai avuto notizie scolastiche a causa del diniego dei medesimi Servizi Sociali, nonostante io abbia più volte chiesto a loro il mio aiuto invano!Non vedo mia figlia da quasi un anno!!!! Se non per una manciata di sporadiche ore, mi sono rivolto (per chiedere un aiuto) pure alla Procura della Repubblica ed alle Forze dell’Ordine.Tutto ciò è disumano, incivile ed assurdo, non so più come agire (è elevato in me il senso di ingiustizia, lo sconforto e la mancata credibilità delle stesse Istituzioni)… mi rimane solo l’alternativa di incatenarmi davanti al Tribunale per i minorenni con la foto di mia figlia!Anche mia figlia ha bisogno, al più presto, del suo papà, lo ha indicato, a chiare note la stessa Consulente Psicologa Perita, nominata dal Tribunale, (oltre che altri specialisti e fior di onerosi Consulenti) che ha anche rilevato il rischio probabile che la madre voglia cancellare definitivamente la figura del padre ed alienarla, la medesima Professionista ha anche evidenziato danni all’incolumità psico-fisica di mia figlia a causa di tutta la vicenda e dell’insensibilità e crudeltà della madre.La supplico Signor Sindaco, La supplico Signor Ministro, La supplico Signor Giudice, Sig. Procuratore della Repubblica, Sig. Presidente del XIX Municipio, Sig. Dirigente dei Servizi Sociali. dateci Voi, a mia figlia ed a me, modo di credere e di sperare che esiste ancora una Giustizia che è quella dei giusti.. E non quella dei furbi che la fanno franca..Ho a mia disposizione tutte le carte in regola, sentenza del Tribunale, perizie psicologiche, sono una persona per bene, onesta, bonaria e corretta, che lavora, ho sempre adempiuto a tutti i miei doveri di padre economici e non, SPONTANEAMENTE (per il grande amore paterno che ho per la piccola e per senso di responsabilità) pur senza vedere mia figlia per lunghissimi periodi, PERCHE’ NON DEVO FARE IL PADRE PER MIA FIGLIA? Perché i Servizi Sociali non vogliono adempiere alla sentenza che il Tribunale ha emesso? Questo è ingiusto e discutibile, stanno disattendendo una sentenza emessa da un Tribunale della Repubblica.In particolare, mi rivolgo a Lei Signor Sindaco, mi aiuti. So che Lei è una persona umana e sensibile, oltre che un papà come me. Lei è la mia unica speranza, io devo fare il padre, sono il papà di mia figlia e voglio avere la possibilità di vedere crescere ed educare mia figlia, come fa Lei Signor Sindaco e non essere, come sono da anni, impotente spettatore estraneo dell’adolescenza e formazione di mia figlia (per colpa dello Stato? Delle Istituzioni?).Con la scusa di una conflittualità (non da me voluta) unilaterale, patologica, invocata dalla madre, mi viene esclusa la genitorialità.Purtroppo è colpa dei retaggi della vecchia cultura, dispiace constatare che molte persone non hanno ancora compreso che la conflittualità riguarda il rapporto tra i due genitori e non le carenze in quanto padri e madri.Ringrazio infinitamente per la Vostra attenzione e chiedo a GRAN VOCE disperatamente di essere ascoltato e ricevuto dalla S.V. Ill.mo Sig. Sindaco, onde capire perché mai i SERVIZI SOCIALI che da Lei dipendono, impediscono a me PADRE di fare il PADRE, compito a me donato da MADRE NATURA e che sento di voler ESPLETARE CON TUTTO L’AMORE CHE HO VERSO MIA FIGLIA!La prego, solo Lei può aiutarmi oramai, e dare modo a me e mia figlia di continuare ad amarci e di vivere una vita più serena.

  5. Lavorare come i cinesi o ribellarci come i greciSergio Riva aveva 20 anni ed è morto ucciso dal lavoro la scorsa notte dentro la Dalmine di Bergamo. Sergio Riva era un lavoratore precario con contratto interinale, cioè utilizzato in affitto dall’azienda siderurgica. Il contratto interinale viene in questo periodo preferito dalle aziende, rispetto ad altri contratti precari, perché riduce al minimo le responsabilità. I lavoratori interinali non sono formalmente dipendenti dell’azienda che li utilizza, sono vittime di un moderno caporalato. Per questo non hanno neppure il diritto di essere considerati esuberi, se l’azienda va male, perché non figurano neppure negli organici aziendali. Piace molto l’utilizzo degli interinali proprio per questa sua “flessibilità” e sta avendo un boom proprio nelle aziende siderurgiche, laddove le condizioni di lavoro più rischiose dovrebbero invece consigliare molta più cautela. Anche perché è continuo il rimpallo di responsabilità sulla formazione e sull’addestramento alla sicurezza tra l’azienda che affitta il lavoratore e quella che lo utilizza: tocca a te, no tocca a te, e intanto le persone rischiano. Per questo all’Ilva di Taranto la Fiom aveva rifiutato l’introduzione di lavoratori interinali, che poi sono entrati lo stesso grazie al solito, compiacente, accordo separato con Fim e Uilm. Alla Dalmine di Bergamo c’è un accordo che impone all’azienda di assumere direttamente nel proprio organico i lavoratori interinali utilizzati per più di dodici mesi. Solo che questa volta c’è stata la crisi. La Dalmine produce tubi e materiale per lo scavo dei pozzi di petrolio. Con il prezzo del barile di petrolio a 140 dollari gli ordinativi fioccavano, perché era conveniente cercare il greggio anche alle estreme profondità. Ora che il prezzo del petrolio è crollato si scava di meno, e quindi ci vogliono meno tubi. La Dalmine di conseguenza ha annunciato ai delegati aziendali che questa volta non avrebbe assunto gli interinali. Tutti gli altri lavoratori sono scesi in sciopero, però purtroppo si è solo riusciti a ottenere una proroga di sei mesi dei contratti esistenti, in attesa di tempi migliori.

  6. Ma secondo Voi, può un palazzinaro arricchito e donnaiolo, mettersi a competere con: De Nicola (Presidente della Repubblica e liberale), De Gasperi (Presidente del Consiglio e cattolico), Terracini (Presidente della Costituente e marxista)? Ossia tutte quelle forze politiche che il fascismo aveva escluso per vent’anni dalla vita pubblica e che, seppur molto diverse fra loro, si riconoscevano in un comune progetto democratico: nella Costituzione si ritrova l’Italia liberata, repubblicana e anti-fascista. Si può dire che lo spirito della Costituzione è stato, per unità e condivisione, uno dei miracoli della storia italiana. Anche per questo, a tutt’oggi, la Costituzione italiana del ’48 viene considerata una delle più moderne ed avanzate del mondo.Al tavolo della costituente lavorarono, per 18 mesi, 556 parlamentari e giuristi democraticamente eletti e rappresentanti di tutte le culture.Per non parlare della riforma della giustizia. Parliamo di storia, parliamo dei grandi che hanno fatto storia e non di un palazzinaro con tre televisioni che fanno programmi per deficienti.Mandiamoli a casa, TUTTI.Ciao e buona domenica.

  7. È boom di bambini stranieri in Italia. L’ 83,6 per cento tra quelli giunti non accompagnati è senza permesso di soggiorno. Provengono da Albania, Marocco e Romania per finire nelle maglie delle organizzazioni criminali«La sempre più marcata presenza straniera è la vera e più macroscopica dinamica di mutamento nello scenario, altrimenti piuttosto statico, della società italiana». Inizia così il dossier Accoglienza e integrazione dei minori stranieri curato dal Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza. Nello studio viene sottolineato come siano proprio i minori la componente in più rapida crescita all’interno dell’incremento della popolazione straniera.Nel nostro Paese la popolazione minorile è passata dalle 128mila unità del 2001 alle 765.481 conteggiate al gennaio del 2008. Secondo gli ultimi rilevamenti, è minorenne uno straniero ogni cinque soggetti che risultano regolarmente iscritti all’anagrafe. Accanto, però, a situazioni molto vicine alla normalità e all’ufficialità, si fa sempre più crescente il peso in questo quadro dei minori stranieri non accompagnati. Al 31 dicembre 2007 risultano segnalati in Italia 7.548 minori stranieri non accompagnati, tre quarti dei quali sprovvisti di un qualunque documento di riconoscimento. Nella sola Sicilia, in soli quattro mesi un terzo dei minori collocati in comunità è scappato. Di loro, ben presto si perdono le tracce. Secondo quanto reso noto dal Comitato per i minori stranieri, l’83,6 per cento dei minori stranieri non accompagnati che giungono in Italia sono senza permesso di soggiorno. Di questi, il 75 per cento provengono da Albania, Marocco e soprattutto Romania. Quest’ultimo Paese, tra l’altro, vive una situazione particolarmente delicata seguita alla chiusura di numerosi istituti e orfanotrofi in cui i ragazzi romeni privi di famiglia venivano accolti.Le autorità rumene non erano pronte a questo provvedimento, non essendo state predisposte strutture di accoglienza alternative, lasciando questi ragazzi, la maggior parte dei quali provenienti da situazioni di degrado, soli e allo sbando. Molti di loro sono poi divenuti facile oggetto di sfruttamento e reclutamento da parte della malavita. Lo confermano i dati raccolti nei centri di prima accoglienza e negli istituti penali minorili, soprattutto del nord e centro Italia. Proprio con la Romania, che fa registrare tra l’altro il tasso di crescita più alto in fatto di ingressi, l’Italia ha firmato lo scorso giugno un accordo sulla cooperazione per la protezione dei minori romeni non accompagnati che si trovino sul territorio italiano. Un accordo che più di una volta ha fortemente vacillato sotto i colpi della realtà. Di Gratian Gruia, il bambino romeno rimpatriato lo scorso 27 ottobre per disposizione del Tribunale dei minori di Roma, abbiamo già raccontato.I lettori più attenti ricorderanno la sua vicenda: abbandonato dalla madre e seviziato dal papà e dalla nonna che lo aveva costretto a mendicare per le strade di Roma e poi affidato subito a una casa famiglia. Nel corso del giudizio aperto su richiesta del pm per la declaratoria dello stato di abbandono, la Romania ha chiesto la sua riconsegna, ottenuta l’8 luglio 2008, quando il Tribunale dei Minori ha disposto la consegna del minore alle autorità rumene. La decisione del tribunale e le modalità del rientro – Gratian è stata affidato di nuovo alla nonna, nel frattempo tornata in Romania – hanno fatto alzare più di una voce di protesta, compresa quella del ministro degli Esteri Frattini. Tanto che la commissione per l’infanzia presieduta da Alessandra Mussolini ha fissato al prossimo 16 dicembre una missione in Romania, nel villaggio Sopotul Vechi nella regione del Caras Severin, dove si trova la casa famiglia che ospita il bambino.Il caso Grutia è «irripetibile» secondo il prefetto Mario Ciclosi, direttore centrale immigrazione e asilo presso il ministero dell’Interno, il quale ha sottolineato come la vicenda del minore si sia svolta attraverso canali esterni all’organismo centrale di raccordo costituito da Italia e Romania per la regolamentazione dei rientri. «L’accordo dello scorso giugno è stato aggiornato a metà novembre – continua il prefetto – e ora è tutto più chiaro. Niente si svolgerà più fuori dalle procedure condivise. Stiamo lavorando duramente – ha concluso Ciclosi – ma sia chiaro che i prossimi saranno rientri strettamente monitorati, per almeno due anni». In questo contesto, emergerebbe un ulteriore elemento di potenziale attrito tra i due Paesi: la Romania, infatti, sarebbe intenzionata a chiedere il rimpatrio solo di bambini molto piccoli, ignorando quasi le altre fasce d’età. «Uno strano comportamento – sottolinea Elisabetta Zamparutti – se si considera la situazione dell’infanzia rumena».In una lettera indirizzata ad Alessandra Mussolini, presidente della commissione per l’infanzia, la deputata radicale eletta nelle liste del Pd citando fonti non governative sottolinea come nel Paese vivano 72mila bambini abbandonati, la maggior parte dei quali malati di aids. «Dalle fonti ufficiali – continua Zamparutti – vi è il dato che vi sono state nell’anno in corso 2576 attestati di abilità all’adozione e 1294 poi adottati all’interno dello stesso Paese». In Romania, infatti, le adozioni e gli affidi internazionali sono bloccati dal 2001. Osservazioni rispedite al mittente da parte delle autorità rumene, che anzi denunciano la politica di assistenza dei minori stranieri non accompagnati da parte del nostro Paese. «Siamo in attesa di altri 3mila minori di ritorno dall’Italia», fanno sapere da Bucarest. Una cifra ritenuta eccessiva da più parti ma che, se confermata, svelerebbe un quadro molto più drammatico di quanto emerso finora.

  8. È boom di bambini stranieri in Italia. L’ 83,6 per cento tra quelli giunti non accompagnati è senza permesso di soggiorno. Provengono da Albania, Marocco e Romania per finire nelle maglie delle organizzazioni criminali«La sempre più marcata presenza straniera è la vera e più macroscopica dinamica di mutamento nello scenario, altrimenti piuttosto statico, della società italiana». Inizia così il dossier Accoglienza e integrazione dei minori stranieri curato dal Centro nazionale di documentazione e analisi per l’infanzia e l’adolescenza. Nello studio viene sottolineato come siano proprio i minori la componente in più rapida crescita all’interno dell’incremento della popolazione straniera.Nel nostro Paese la popolazione minorile è passata dalle 128mila unità del 2001 alle 765.481 conteggiate al gennaio del 2008. Secondo gli ultimi rilevamenti, è minorenne uno straniero ogni cinque soggetti che risultano regolarmente iscritti all’anagrafe. Accanto, però, a situazioni molto vicine alla normalità e all’ufficialità, si fa sempre più crescente il peso in questo quadro dei minori stranieri non accompagnati. Al 31 dicembre 2007 risultano segnalati in Italia 7.548 minori stranieri non accompagnati, tre quarti dei quali sprovvisti di un qualunque documento di riconoscimento. Nella sola Sicilia, in soli quattro mesi un terzo dei minori collocati in comunità è scappato. Di loro, ben presto si perdono le tracce. Secondo quanto reso noto dal Comitato per i minori stranieri, l’83,6 per cento dei minori stranieri non accompagnati che giungono in Italia sono senza permesso di soggiorno. Di questi, il 75 per cento provengono da Albania, Marocco e soprattutto Romania. Quest’ultimo Paese, tra l’altro, vive una situazione particolarmente delicata seguita alla chiusura di numerosi istituti e orfanotrofi in cui i ragazzi romeni privi di famiglia venivano accolti.Le autorità rumene non erano pronte a questo provvedimento, non essendo state predisposte strutture di accoglienza alternative, lasciando questi ragazzi, la maggior parte dei quali provenienti da situazioni di degrado, soli e allo sbando. Molti di loro sono poi divenuti facile oggetto di sfruttamento e reclutamento da parte della malavita. Lo confermano i dati raccolti nei centri di prima accoglienza e negli istituti penali minorili, soprattutto del nord e centro Italia. Proprio con la Romania, che fa registrare tra l’altro il tasso di crescita più alto in fatto di ingressi, l’Italia ha firmato lo scorso giugno un accordo sulla cooperazione per la protezione dei minori romeni non accompagnati che si trovino sul territorio italiano. Un accordo che più di una volta ha fortemente vacillato sotto i colpi della realtà. Di Gratian Gruia, il bambino romeno rimpatriato lo scorso 27 ottobre per disposizione del Tribunale dei minori di Roma, abbiamo già raccontato.I lettori più attenti ricorderanno la sua vicenda: abbandonato dalla madre e seviziato dal papà e dalla nonna che lo aveva costretto a mendicare per le strade di Roma e poi affidato subito a una casa famiglia. Nel corso del giudizio aperto su richiesta del pm per la declaratoria dello stato di abbandono, la Romania ha chiesto la sua riconsegna, ottenuta l’8 luglio 2008, quando il Tribunale dei Minori ha disposto la consegna del minore alle autorità rumene. La decisione del tribunale e le modalità del rientro – Gratian è stata affidato di nuovo alla nonna, nel frattempo tornata in Romania – hanno fatto alzare più di una voce di protesta, compresa quella del ministro degli Esteri Frattini. Tanto che la commissione per l’infanzia presieduta da Alessandra Mussolini ha fissato al prossimo 16 dicembre una missione in Romania, nel villaggio Sopotul Vechi nella regione del Caras Severin, dove si trova la casa famiglia che ospita il bambino.Il caso Grutia è «irripetibile» secondo il prefetto Mario Ciclosi, direttore centrale immigrazione e asilo presso il ministero dell’Interno, il quale ha sottolineato come la vicenda del minore si sia svolta attraverso canali esterni all’organismo centrale di raccordo costituito da Italia e Romania per la regolamentazione dei rientri. «L’accordo dello scorso giugno è stato aggiornato a metà novembre – continua il prefetto – e ora è tutto più chiaro. Niente si svolgerà più fuori dalle procedure condivise. Stiamo lavorando duramente – ha concluso Ciclosi – ma sia chiaro che i prossimi saranno rientri strettamente monitorati, per almeno due anni». In questo contesto, emergerebbe un ulteriore elemento di potenziale attrito tra i due Paesi: la Romania, infatti, sarebbe intenzionata a chiedere il rimpatrio solo di bambini molto piccoli, ignorando quasi le altre fasce d’età. «Uno strano comportamento – sottolinea Elisabetta Zamparutti – se si considera la situazione dell’infanzia rumena».In una lettera indirizzata ad Alessandra Mussolini, presidente della commissione per l’infanzia, la deputata radicale eletta nelle liste del Pd citando fonti non governative sottolinea come nel Paese vivano 72mila bambini abbandonati, la maggior parte dei quali malati di aids. «Dalle fonti ufficiali – continua Zamparutti – vi è il dato che vi sono state nell’anno in corso 2576 attestati di abilità all’adozione e 1294 poi adottati all’interno dello stesso Paese». In Romania, infatti, le adozioni e gli affidi internazionali sono bloccati dal 2001. Osservazioni rispedite al mittente da parte delle autorità rumene, che anzi denunciano la politica di assistenza dei minori stranieri non accompagnati da parte del nostro Paese. «Siamo in attesa di altri 3mila minori di ritorno dall’Italia», fanno sapere da Bucarest. Una cifra ritenuta eccessiva da più parti ma che, se confermata, svelerebbe un quadro molto più drammatico di quanto emerso finora.

  9. Il segretario di PIO XII Eugenio Pacelli pronunciò un discorso in cui si riferiva agli ebrei come al popolo “che ancora oggi maledice Cristo con le labbra e lo rifiuta con il cuore”un contributo ad accrescere le tendenze antisemiteLe copie microfilmate dell’enciclica e dei documenti annessi furono scoperte nel 1967 dal gesuita Thomas Breslin, mentre procedeva alla catalogazione degli archivi di John LaFarge:« In un lungo articolo di fondo, Gordon Zahn, uno specialista delle encicliche sociali, sosteneva che l’enciclica ritrovata “è forse la più forte dichiarazione cattolica su quel male morale” che è l’antisemitismo […] ora non si tratta più solamente della mancata protesta di Pio XII di fronte alla sistematica eliminazione degli ebrei, ma piuttosto del suo esplicito rifiuto di raccogliere la volontà del suo riverito predecessore e protettore»[18]. Un indizio rivelatore del fatto che Pio XII non avrebbe seguito la linea di aperta opposizione al razzismo del suo predecessore si ebbe nel 1938 in Ungheria, in occasione del Congresso Eucaristico Internazionale che si tenne in primavera a Budapest. All’epoca del congresso vi era nel Paese un clima di crescente antisemitismo, e il governo si apprestava ad approvare le prime leggi antiebraiche. Il segretario di Stato Vaticano Eugenio Pacelli pronunciò un discorso in cui si riferiva agli ebrei come al popolo “che ancora oggi maledice Cristo con le labbra e lo rifiuta con il cuore”[19]. Un’affermazione del genere, pronunciata in Ungheria nel momento in cui le nuove leggi stavano per essere approvate, era un contributo ad accrescere le tendenze antisemite del Paese[20]. »da:http://it.wikipedia.org/wiki/Pio_XII_e_l%27Olocausto#L.27enciclica_nascosta_di_Pio_XI

  10. Se uno tsunami travolgerà la politica, questa volta non ci sarà un Berlusconi che ingesserà il paese per altri 15 anni…perchè questo ha fatto dopo mani pulite F.Italia..io credo che se la situazione dovesse (come si dice) degenerare con arresti in larga scala….la politica in italia battezzerebbe la sua fine definitiva.a questo punto , vista anche la situazione di lavoro e finanziaria mondiale..l’italia potrebbe diventare un paese molto vicino a quello che è stato il Cile.nessun allarmismo, agnuno saprà questa volta cosa dovrà fare..sicuramente non dovrà dare forza ai partiti politici , MA TOGLIERLA LA FORZA.chiunque essi siano.Tonnino naziunale compreso.Lega compresa..e neo fascisti compresi.ragazi l’anno 2008 sarà ricordato nel male nei libri di storia, insieme al 2009 e al 2001…un decennio di schifezze..per noi sarà poi un ventennio perchè dal 1992Nulla e’ cambiato e non siamo migliorati…MA PEGGIORATI ALLA GRANDE.buon Natale…

  11. Un paese di santi, poeti, naviganti. Anche qualche eroe. Ma per lo più un paese di truffaldini, evasori, esperti in frodi fiscali, false fatture, imbrogli contabili di vario genere e gravità.Ecco l’Italia del terzo millennio. Un paese dove chi ha truffato e imbrogliato, svuotando le tasche dei risparmiatori, finisce per andarsene a casa senza danno, come nel caso Parmalat, e soprattutto senza restituire il maltolto.Il quadro delineato ieri dai vertici della Guardia di Finanza, nella relazione sull’attività del 2008 presentata da comandante generale Cosimo D’Arrigo, è di quelli che danno da riflettere sulle reali vocazioni e abilità degli italiani: tra gli 80 e i 90 miliardi di euro evasi, che potrebbero essere recuperati per soddisfare le esigenze di copertura delle prossime quattro o cinque Finanziarie; 6.400 evasori totali; Iva non versata per 2,3 miliardi con il meccanismo delle fatture emesse su operazioni inesistenti; violazioni ai versamenti dell’Irap per 19,4 miliardi. Il 45 e il 30% in più rispetto al 2007 di frodi condotte da “persone giuridiche” ovvero ditte-aziende-uffici-negozi, “giocando” sulle due imposte tipiche di chi esercita un’attività o una professione.Il recupero e l’applicazione di pene pecuniarie, con il meccanismo della confisca patrimoniale nei confronti degli «evasori che generano maggior allarme sociale», ha consentito un recupero d’imposta di 60 milioni di euro, più 370 milioni confiscati a fronte di indagini patrimoniali antimafia, con sequestri per 582 milioni su capitali che «hanno costituito profitto o reinvestimento di reati di riciclaggio, usura, falsificazione di mezzi di pagamento, trasferimenti all’estero di valuta, eccetera».Sul fronte antimafia la Guardia di Finanza ha poi intercettato e sequestrato profitti illeciti per 2,3 miliardi di euro, di cui 1,6 miliardi sottoposti a sequestro.Ci sono anche i capitoli delle frodi nel settore della spesa sanitaria, con quasi duemila denunce alla Procura della Repubblica per oltre 61 milioni di euro. Altri 90 milioni riguardano invece i filoni d’indagine in materia di falsificazione monetaria, che ha portato a sequestri di beni e disponibilità finanziarie per oltre 55 milioni, a fronte di reati che hanno riguardato la falsificazione dei mezzi di pagamento (banconote, assegni, titoli di Stato) e la clonazione di carte di credito.Dalle indagini nei confronti di 13 istituti finanziari, banche, società di investimento, gestione di patrimoni e fondi, attraverso un circuito di 2.150 agenzie collegate, le Fiamme Gialle hanno intercettato illeciti trasferimenti all’estero per 2,5 miliardi di euro. Sono 690 i soggetti «segnalati all’autorità giudiziaria, che risultano tuttora indagati: 636 con l’accusa di abusiva attività finanziaria, 41 per il riciclaggio di 110 milioni di euro frutto di frode fiscale, contraffazione di generi di monopolio o traffico di stupefacenti».Infine, sono in aumento le frodi ai contributi nazionali e comunitari, per un valore di circa 960 milioni di euro, con la scoperta, in particolare, di «truffe ai contributi per l’agricoltura pari a 283 milioni, a cui si aggiungono 300 milioni “distratti” dai Fondi strutturali europei e 354 milioni percepiti illecitamente di incentivi alle imprese a carico di bilanci statali e regionali».

  12. Sono già passati dieci anni… Un male terribile lo aveva colpito verso la fine dell’estate del 1998, facendogli sospendere gli ultimi concerti programmati, e l’11 gennaio 1999 moriva Fabrizio De Andrè.Non è retorica affermare che le sue canzoni si distinguono ancora per il loro essere vive e attuali, inquiete metafore che hanno attraversato generazioni dagli anni 60 ad oggi, anche grazie ad un mirabile esempio di ricerca linguistica e musicale che rende la sua produzione variegata e al tempo stesso sempre di altissimo livello. Nuova e coraggiosa per i tempi fu la scelta di cimentarsi in “concept album” (dischi in cui i brani ruotano attorno ad una tematica univoca, sviluppandola coerentemente). Un’opzione all’epoca molto in voga per i generi progressive e psichedelico, ma non certo tipica nel panorama dei cantautori italiani: De Andrè lo fece almeno due volte, con La Buona Novella e con Non al denaro, non all’amore nè al cielo , ma pure Storia di un impiegato può essere considerato un concept. Altra caratteristica fu la capacità di elaborare testi altrui, arrivando ad opere ugualmente originali e distinte dalle proprie matrici. Lo fece con L’antologia di Spoon River e con i Vangeli apocrifi , per i due album citati precedentemente, e pure con alcune ballate di Bob Dylan o di Brassens, fino a Smisurata Preghiera , ispirata alle liriche di Alvaro Mutis. Da citare anche la sua riscoperta del dialetto genovese, unito a sonorità complesse e ricercate, che da Creuza de mà in poi caratterizzò i suoi ultimi lavori.Sicuramente aveva una gran bella voce, calda e profonda, ma l’attualità delle sue opere non è da cercarsi solo nel fascino dell’interpretazione. Le sue canzoni parlavano di prostitute (da Bocca di Rosa – per quanto il termine risulti improprio per l’esuberante protagonista che non sa resistere alle tentazioni dell’amore – a Princesa ), di amori tormentati ( Giugno 73 , Verranno a chiederti del nostro amore ), di eroi piccoli, quotidiani, spesso sfortunati ( La guerra di Piero , Il testamento di Tito ) ed erano sempre ricche di frecciate verso la borghesia ipocrita, in una perenne denuncia delle ingiustizie del mondo che gli apparivano insostenibili, e verso “la maggioranza”, che detestò sempre. E’ significativo che l’ultima canzone del suo ultimo album in studio (la già citata Smisurata Preghiera , tratta dallo splendido Anime Salve ) recitasse: «Per chi viaggia in direzione ostinata e contraria, col suo marchio speciale di speciale disperazione, e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passi, per consegnare alla morte una goccia di splendore di umanità, di verità … Ricorda Signore questi servi disobbedienti alle leggi del branco, non dimenticare il loro volto che dopo tanto sbandare è appena giusto che la fortuna li aiuti» .Suicidi, carcerati, sconfitti: questi erano i suoi eroi. Uomini e donne sempre e comunque veri, non privi di difetti. Ma non si pensi che in De Andrè questo essere vicino al “diverso” fosse frutto della snobistica inclinazione dell’intellettuale. Era nato ricco, ma fin da ragazzo aveva fatto la sua scelta: la sua era la Genova dei bordelli, degli artisti, dei perdenti. E dei poeti-cantautori. La frattura che volle creare con le sue “alte” origini familiari era più di un vezzo adolescenziale: era una presa di distanza esistenziale, prima che politica. Con la sua vicinanza agli sconfitti riusciva a non esprimere semplicemente l’affinità dell’intellettuale eccentrico, che alla fine non gratifica che se stesso, ma soprattutto la restituzione della dignità a quei soggetti. E alla fine quell’umanità perdente (che a molti provoca rabbia, paura, o nella migliore delle ipotesi pietà) riusciva a muoverci verso un sentimento più nobile e difficile: l’affinità umana.«Ci vuole troppo tempo per trovare gente con la quale vivere le mie idee e così me le vivo da solo. Con una regola da osservare, e la osservo proprio perché nessuno me l’ha imposta: l’anarchia non è un catechismo o un decalogo, tanto meno un dogma; è uno stato d’animo, una categoria dello spirito» . Ci sono poche frasi che possono definire più compiutamente chi era Fabrizio De Andrè. Perché per lui la rivolta degli ultimi anni 60 e dei primi 70 prescindeva da ideologie precostituite: era la rivolta più definitiva, anche se meno palese, dell’arte, della poesia e dell’indipendenza intellettuale, che lui viveva con la convinzione che potessero demolire la montagna di ipocrisia e ingiustizie che seppellisce il mondo.La sua distanza da rigidi schematismi ideologici non fu mai figlia della volontà di non inquadrarsi. Al contrario, in un’intervista televisiva recentemente ripresa nel dvd Sulla mia cattiva strada , diretto da Teresa Marchesi, rivendicava con forza il suo essersi sempre schierato e le sue radici libertarie. Anche gli anarchici, con il rigore e la correttezza intellettuale che li caratterizza, hanno sempre evitato di apporre un’etichetta su Faber, ricordandone la reciproca simpatia e vicinanza ideale, l’afflato libertario. Perchè la sua adesione all’anarchia, per quanto non propriamente organica al movimento, era al tempo stesso tutt’altro che superficiale o esterna: era un modo di vivere e di pensare, radicato nel suo essere. Recentemente i compagni anarchici lo hanno ricordato con un bel cd, Ed avevamo gli occhi troppo belli, contenente alcuni “parlati” durante i concerti e un prezioso libretto a cura della redazione della rivista A .Molti e variegati sono gli omaggi che gli sono stati o gli saranno dedicati in questo periodo. Oltre a quelli già menzionati, ricordiamo la mostra al Palazzo Ducale di Genova (organizzata da Comune di Genova, Fondazione per la Cultura e Fondazione Fabrizio De André) e il volume a fumetti di Sergio Algozzino ( Ballata per Fabrizio De Andrè , editore Beccogiallo). Ma forse l’omaggio più appropriato è continuare ad ascoltare, semplicemente e fino in fondo, le sue canzoni, cercando di trasformare il mondo in un posto migliore.

  13. FINALMENTE Berlusconi cala nei sondaggi. Il disagio economico ha svegliato gli italiani. Ambiguità ed incertezze nel combattere la crisi da parte dell’Esecutivo, mentre i dipendenti del Ministero dell’Ambiente si ritrovano con 79 euro in meno in busta paga.ROMA – Per la prima volta dal suo insediamento (aprile 2008), il governo diretto da Silvio Berlusconi non solo cala nella fiducia degli italiani (dal 50% al 46%), ma coloro che si dichiarano insoddisfatti superano i suoi adepti, oltrepassando la soglia del 49% (erano il 46%). Lo affermano i dati di un sondaggio “Ipr marketing” per il quotidiano “La Repubblica”, che evidenziano un chiaro segnale di frantumazione, per quanto ancora contenuta, nel consenso di quegli italiani che hanno fornito all’attuale Esecutivo un ampio consenso alle ultime elezioni politiche.D’altronde, la forte crisi economica che imperversa e che ancora deve mostrare tutto il suo rigore non poteva che scalfire la fiducia nel premier del centro-destra e nel suo inopinato ottimismo. Perché, non è tanto la crisi mondiale a scardinare il monolitismo degli elettori berlusconiani ma la percezione, forse ancora confusa, che l’attuale maggioranza non stia facendo tutto il possibile per arginarla.Oggi le stime diffuse dalla Commissione Europea indicano che il deficit annuale di bilancio per il 2009 sarà del 3,9%, quindi ampiamente fuori dai parametri di Maastricht. Ciò che però renderà il nostro sistema molto più pericolante di altri è il debito pubblico complessivo. Attualmente, esso è al 105,7% ma, nel 2009 toccherà il 109,3, per arrivare nel 2010 addirittura al 110,3%, un livello del tutto insostenibile per continuare a far parte delle economie evolute dell’Unione europea. Con misure anticrisi che in Italia hanno raggiunto a stento i 5 miliardi di euro (contro i 62 della Germania), oggi il Commissario europeo Joaquim Almunia ha ricordato che il primo semestre del 2009 “sarà la fase peggiore della recessione, quindi nella seconda metà dell’anno dovrebbe esserci una ripresa, anche se modesta e graduale”.Una cartina di tornasole dell’inadeguatezza delle politiche del Governo è il fallimento della “social card”, che oramai è ammesso anche all’interno della maggioranza. Oggi si scopre che circa l’80% delle “plastic money” distribuite se l’è aggiudicato il Sud e la Lega non ha nascosto il suo malumore, sottolineando che anche nelle regioni settentrionali ci sono sacche di povertà. Ma, come spiega assai bene Tito Boeri, è il provvedimento intero che sta dietro la “social card” a poggiare su fondamenta assai fragili. Secondo l’economista, dicente alla Bocconi e fondatore del sito “lavoce.it, la “social card” è il prodotto “dei criteri arbitrari introdotti dal Governo e del fatto che l’ammontare del trasferimento non varia a seconda delle condizioni di bisogno”. In altri termini, se tali criteri avessero tenuto conto del fatto che, ad esempio, il costo della vita al Nord è molto superiore di quello del Sud e che, quindi, non è possibile assumere come unico parametro il reddito assoluto di un individuo per stabilirne il livello di povertà, uno squilibrio territoriale così accentuato si sarebbe evitato.Ma Boeri non dice nulla di nuovo, per quanto la sua analisi sia tecnicamente ineccepibile. Ogni provvedimento in materia economica di questo Governo pecca di pressappochismo e di strabismo sociale. Alla prima caratteristica vanno addebitate le molteplici previsioni errate sulla profondità della crisi, alcune perfino ridicole, come l’introduzione della detassazione degli straordinari poco prima del ricorso massiccio alla cassa integrazione da parte delle imprese. Alla seconda, le perfino smaccate decisioni a favore del ceto delle partite Iva, con una sostanziale defiscalizzazione surrettizia delle loro posizioni (fra le quali, non ultima l’introduzione del criterio dell’Iva per cassa, che inesorabilmente abbasserà il gettito delle imposte indirette, come già sta succedendo), proprio nel momento iniziale della crisi, con le conseguenti ricadute in termini di fabbisogno delle casse statali.Pur di fronte a tali prospettive, l’attuale maggioranza ha allentato i cordoni dei controlli e degli adempimenti fiscali ed ha cercato di mantenere il gettito continuando a spremere sempre di più il lavoro dipendente, ma perdendo ovviamente dal lato delle entrate dei tributi indiretti, per il calo nei consumi e, presumibilmente, per l’aumentata evasione di commercianti e lavoratori autonomi. “Forse è vero che non torneremo al Medio Evo” dice Fabio Mussi della Sinistra Democratica, “tuttavia è evidente che le disuguaglianze sociali sono molto aumentate ed è per questo che la crisi sta pesantemente colpendo solo la parte più debole della società”. Paolo Ferrero, di Rifondazione Comunista, propone “di aumentare la tassazione delle rendite finanziare, di introdurre una tassa patrimoniale sulle grandi ricchezze, di reintrodurre la tassa di successione e di aumentare al 50% l’ultimo scaglione delle aliquote fiscali”. Vale a dire, “prendere la ricchezza da chi ce l’ha e distribuirla a chi non la possiede”.A plastica dimostrazione di chi siano i soggetti che pagano più di tutti la crisi, c’è oggi la notizia che i dipendenti del Ministro dell’Ambiente hanno visto decurtato il proprio stipendio di 79 euro, per il taglio del salario accessorio, derivato dalla cancellazione dei fondi unici di amministrazione. Il taglio, denuncia Alfredo Garzi, segretario nazionale FP-CGIL, è superiore a quanto prevede di aumento l’ipotesi di accordo per il contratto dei dipendenti dei ministeri. “Questo è quello che accade nel mondo reale” dice ancora l’esponente della Cgil e conclude: “Svaniscono le favole raccontate dal 30 ottobre, ad oggi, sul fatto che il Governo e i sindacati che hanno sottoscritto quel Protocollo e le ipotesi di contratto, avrebbero recuperato le somme sottratte e garantito le retribuzioni attuali”. È anche per questo che il Governo vede calare la fiducia negli italiani.

  14. La scuola della Gelmini? Una giungla, dove gli insegnanti precari ucciderebbero per una cattedra, gli alunni un branco di zotici diavoli presi da I-Pod e cellulari e i genitori un gruppo di maniaci responsabili delle turbe dei figli. Se non è proprio tutto da buttare, certo sono molte le cose da cambiare. Ne è convinto Cosimo Argentina, nato a Taranto 45 anni fa, scrittore e insegnante precario da 20 anni, che nel pamphlet Beata ignoranza (Fandango tascabili, pp. 96 pp., euro 8), da qualche settimana nelle librerie, analizza e sviscera dall’interno il peggio e il meglio della scuola italiana, e lo fa con ironia e tanto sarcasmo.Giunto al suo ottavo libro, dopo aver cambiato diversi editori, preso una laurea in Giurisprudenza a Bari e aver insegnato in più di venti istituti del sud e nord Italia, pubblici e privati, licei e professionali, a classi miste, maschili o femminili, con Beata ignoranza Cosimo Argentina ha deciso di mettere nero su bianco la sua esperienza tra i banchi di scuola e dietro le cattedre, proprio oggi che la scuola italiana pare andare a rotoli più velocemente di quanto impieghi il Governo a deciderne le sorti future.Il suo è un libro sulla scuola che non fa sconti a nessuno. Perché ha sentito l’esigenza di scriverlo proprio adesso?In questo periodo c’è stata una sorta di pioggia caduta sul bagnato, si è parlato molto di scuola ad ogni livello e quindi mi è venuto quasi spontaneo scriverne anche io. Inoltre gli editori volevano qualcosa relativo al momento che stiamo vivendo ed io, con la mia esperienza ventennale nel settore, ho allargato il tiro e ho dipinto uno spaccato che non è soltanto dell'”era Gelmini”, ma richiama il mondo precario e traballante della scuola dagli anni ’80 in poi. Il libro è venuto fuori adesso perché mi è stata offerta l’occasione, però probabilmente era un’idea che covavo già da molto tempo.Lei fa parte della vasta schiera dei professori italiani precari. Cosa vuol dire oggi vivere questa condizione nel nostro Paese superati i 40 anni?Vuol dire aggravare il senso di malumore e malcontento che già un 25enne ha. Quando ho cominciato ad insegnare avevo 24 anni, adesso ho una moglie e due bambini. Se a 25 anni accettavo ad esempio il fatto di non venire pagato d’estate, avendo il contratto fino al 30 giugno per poi riparlarne a settembre o ai primi d’ottobre, questa condizione dopo i 40 anni diventa devastante. Da giovane la vivi con una levità maggiore, capisci che è una sorta di tirocinio e che poi probabilmente cambieranno le cose. A 45 anni si è disillusi. Quando uno mi dice: “Non preoccuparti, l’anno prossimo entrerai di ruolo”, ci credo poco. Vado avanti ad oltranza e vedo quello che succede.Più volte nel libro accenna al decreto Gelmini con toni molto ironici. Qual è la sua opinione sul provvedimento ideato dal ministro dell’Istruzione?Non è un decreto, perché non è una riforma. All’inizio è stata spacciata come riforma per migliorare la scuola, ma i tempi sono sospetti. È venuta fuori a ridosso della Finanziaria, realizzata in quattro e quattr’otto senza convocare le parti sociali, senza un minimo di contraddittorio con quelli che nella scuola ci vivono. È stato un decreto veloce per recuperare un po’ di soldi, punto e basta, non una legge sulla scuola. Perché per quanto riguarda la didattica e tutto il resto non è stato preso in considerazione nulla.Come insegnante quali priorità indicherebbe a chiunque abbia la possibilità di modificare la scuola italiana?Le priorità sono quelle di mettere al centro di tutto il sistema l’insegnamento. Tutti i balzelli burocratici che un docente sopporta inutilmente vanno a detrimento dell’insegnamento. Bisognerebbe forse fornire agli insegnanti pochi strumenti ma efficaci. Non servono, cosa di cui si parla spesso, tanti computer per ogni classe. Basta anche meno: la possibilità di avere una lavagna luminosa oppure, visto che insegno diritto, un abbonamento a una rivista giuridica o dei codici aggiornati, sarebbe già tanto. E poi applicare alla scuola non la regola generica della meritocrazia ma quella piegata al rapporto insegnante-alunno, che è la cosa più importante. Questo non avverrà nel caso in cui si decida di aumentare il numero di alunni per classi, fino al delirio.A proposito di alunni, in “Beata ignoranza” li descrive come una categoria che non brilla certo per perspicacia o intelligenza. Tanto da definirli con sarcasmo “dolce marmaglia”…Da una parte questa definizione è una bacchettata, però sottolineo anche l’elemento della dolcezza. È un’età particolare quella che va dai 14 ai 19 anni, dove c’è un senso forte di ribellione, poca voglia di studiare. La scuola è vista come un obbligo quasi insopportabile ed essa non aiuta i ragazzi. È strutturata in modo talmente dispersivo che le cose importanti sfuggono, inoltre dovrebbe dare un metodo, uno stile di vita oltre alle solite nozioni, perché quello è un elemento che rimane per sempre.Spesso le responsabilità delle scarse attitudini degli studenti non sono attribuibili solo ai professori, ma anche ai genitori. È inquietante la galleria di parenti da lei incontrata negli anni e descritta nel libro. Esiste un problema reale legato alle famiglie?Nel momento in cui noi ci lamentiamo dei ragazzi automaticamente dovremmo guardare alle loro spalle. Dietro c’è sempre lo specchio familiare che riflette le inquietudini dei ragazzi agitati, violenti o remissivi. Avendo girato tante scuole per 20 anni, dai licei ai professionali di frontiera, ne ho viste di tutti i colori. E devo dire che i genitori sono davvero un problema per l’insegnante perché o sono completamente assenti e dunque coprono in tutto e per tutto i ragazzi, oppure sono distratti anche nel momento in cui sono presenti accanto ai loro figli. Il prodotto finale è la fragilità dei ragazzi di oggi.In definitiva, tracciando un bilancio, la scuola è davvero la giungla da lei dipinta nel libro?A essere fuori dalla scuola non si riesce a comprendere questo fenomeno così complesso. Se già io fossi un insegnante di dieci anni fa, non saprei nulla della scuola attuale. Spesso i ragazzi di quinta vengono da me a chiedermi: “Prof., ma come parlano i ragazzi di prima?!”. Questo per dire che è un mondo in continua evoluzione, di conseguenza è una giungla quando uno cerca di capirci qualcosa e inevitabilmente va fuori asse. Se poi si aggiunge che chi legifera è qualcuno fuori dalla scuola da tanti anni, ciò non fa che accrescere la confusione all’interno del sistema.”Beata ignoranza” non è il suo primo libro. Eppure il suo rapporto con le case editrici non è stato sempre fortunato. Da cosa è dipeso?Probabilmente mi porto dietro il precariato in tutto e per tutto, dunque anche nel settore letterario. Beata ignoranza è il mio ottavo libro: ho scritto sei romanzi e due pamphlet, di cui uno è appunto questo. Per una serie di vicissitudini ho iniziato con la Marsilio e, un libro dopo l’altro, mi è capitato di cambiare. Non per demeriti o colpe personali o dell’editore, è accaduto e basta. Ogni libro per cui ho cambiato editore ha una storia a sé. I miei amici credono che il fatto che sia precario e cambi sempre scuola incida sul mio atteggiamento generale. Con la Fandango mi piacerebbe però stabilire un rapporto più di ampio respiro, un programma letterario.Ma Cosimo Argentina si sente più scrittore o insegnante? E che differenza corre tra le due professioni?Se facessimo un discorso economico potrei dire che mangio grazie alla scuola. Se invece facciamo una considerazione di carattere totale, dico che la scrittura assorbe sempre di più tutte le mie energie. Non nego che mi piacerebbe poter vivere di scrittura o comunque di tutto quello che c’è intorno al mondo delle parole. La scuola, così com’è concepita oggi, diventa un po’ ripetitiva, per cui un insegnante che arriva in classe a 25 anni con una laurea in giurisprudenza fresca o si danna di proprio per fare qualcosa di diverso oppure si siede sulle quattro nozioni che conosce bene e tende a reiterarle all’infinito. Nella letteratura invece ogni volta ricominci da zero, ti metti in gioco in ogni pagina, in ogni romanzo. Sai che tutto quello che hai realizzato all’ottavo libro, col nono può andare in pezzi. Questo ti fa stare sulla corda e crea un effetto di adrenalina maggiore. Certo, la scuola ha uno strumento, il rapporto con i ragazzi, che è impagabile.

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