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Stanno facendo immenso clamore le parole pronunciate dal giornalista Marco Travaglio su Rai Tre, durante il programma “Che tempo che fa”, condotto da Fabio Fazio.

Cosa avrà mai detto di così tanto clamoroso il “flagello dei principi”, Marco Travaglio?

Sinceramente niente di particolare, o almeno niente di nuovo alla luce del sole per i ben informati.

Il giornalista “grillino” si è, infatti, esclusivamente limitato a ricordare un fatto, una vicenda nota e la cui verità è inoppugnabile.

Quale? È presto detto: l’attuale Presidente del Senato, il “berlusconiano” Renato Schifani, si trovava qualche anno fa ad essere socio di una società di brokeraggio assicurativo. Fin qui niente di male, ovviamente; c’è però un particolare non proprio secondario: i compagni di Schifani in quell’avventura erano soci un po’ particolari. Oltre a Enrico La Loggia, vi figuravano Nino Mandalà (successivamente condannato per mafia) e Benny D’Agostino (poi condannato per concorso esterno in associazione mafiosa).

Indubbiamente dei bei tipi, questi qui.

Ma ritorniamo per un attimo al giornalista fino a ieri tanto osannato e sul quale oggi, invece, piovono polemiche su polemiche. Bipartisan peraltro.

Tutti indistintamente condannano il gesto delittuoso, anche se solo verbale. Si grida allo scandalo, perché durante il programma televisivo non c’è stata la possibilità del contraddittorio.

Forse che la cronaca pura e semplice di un fatto abbia davvero bisogno del contraddittorio, come se si stesse parlando di un’opinione personale, di un punto di vista?

Chissà, alla fine ci potrebbe venire anche questo dubbio.

Fino ad allora, però, fino a quando i nostri sensi ci permetteranno di non equivocare la realtà o peggio ancora la verità, sarà difficile resistere alle tentazioni emotive che queste vicende incolpevolmente ci scatenano: rabbia e pietà.

La rabbia contro chi dopo anni e anni di “antiberlusconismo” si scopre adesso un docile difensore dell’ordine costituito rappresentato appunto da Berlusconi e berlusconiani. Forse ci si rende conto all’interno dell’opposizione parlamentare che quel metodo, quella bandiera che un tempo non si perdeva mai occasione di sventolare, non ha reso abbastanza alle elezioni. O forse il “pacatamente” della campagna elettorale era un preavviso, l’anticipazione di questo nuovo modo di fare politica, pacato, politicamente corretto e mai fuori dalle righe. Occhi, bocca e orecchie chiuse: rischio di lesa maestà.

Se facciamo attenzione alle parole di Anna Finocchiaro, esponente di spicco del Partito Democratico, come in un celebre film, “non ci resta che piangere”. Ecco il suo giudizio: “Trovo inaccettabile che possano essere lanciate accuse così gravi, come quella di collusione mafiosa, nei confronti del presidente del Senato, in diretta tv su una rete pubblica, senza possibilità di contraddittorio”.

E già! Meglio dirsele in privato certe cose, o forse meglio ancora pensarle soltanto. La tv deve raccontare solo la finzione, i sogni, la falsa informazione. Non dobbiamo svegliarci, non lo vogliono.

La difesa di Schifani ad opera di esponenti del centro destra non mi sembra una novità. Non speravo nel contrario, ma certamente non ero neanche così pessimista da dover sperare, addirittura sperare, nella difesa di Travaglio da parte del centro-sinistra.

Una clamorosa occasione fallita.

Bene ha fatto, invece, il non certo a me simpatico (politicamente parlando) Di Pietro nell’adottare la causa di Travaglio, altro personaggio di cui non vado assolutamente entusiasta. Questi due uomini, questi due volti pubblici, l’uno politico e l’altro intellettuale, per me erano e restano due volti di destra, nonostante la loro ufficiale collocazione politica li veda gravitare nel centro-sinistra, due giustizialisti (non nel senso migliore del termine) che meritano, però e almeno in questo caso, la nostra pietà, quella fraterna, quella che si deve a chi viene lasciato solo dai propri compagni durante la lotta.

Allo stesso modo mi fa pena, tanta pena,  Fabio Fazio, l’ipocrita benpensante di sinistra (ma democratico) che si piega ai dettati che piovono dall’alto, il servo che finge e vuol farci credere di essere libero, ma che “se la fa sotto” quando il padrone alza la voce.

Padrone, abbi pietà di lui.

In fondo tra te, lui e quelli che siedono in Parlamento, tutti indistintamente, non v’è differenza. L’emiciclo è la vostra casa, la casa in cui starete per almeno cinque anni, per almeno cinque lunghissimi e “pacati” anni.

Perciò, padrone, abbi pietà anche di noi.

 

Raffaele Emiliano

Travaglio e la “lesa maestà”ultima modifica: 2008-05-12T16:47:23+02:00da casadelpopoloff
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4 Thoughts on “Travaglio e la “lesa maestà”

  1. Questo il “curriculum” tratto da “Se li conosci li eviti”, libro pubblicato da Chiarelettere e scritto da Peter Gomez e Marco Travaglio, dell’attuale Presidente del Senato Schifani Renato Giuseppe (FI)Anagrafe: Nato a Palermo l’11 maggio 1950.Curriculum: Laurea in Giurisprudenza; avvocato; dal 2001 capogruppo di FI al senato; 3 legislature (1996, 2001, 2006).Segni particolari: Porta il suo nome, e quello del senatore dell’Ulivo Antonio Maccanico, la legge approvata nel giugno del 2003 per bloccare i processi in corso contro Silvio Berlusconi: il lodo Maccanico-Schifani con la scusa di rendere immuni le “cinque alte cariche dello Stato” (anche se le altre quattro non avevano processi in corso). La norma è stata però dichiarata incostituzionale dalla consulta il 13 gennaio 2004. L’ex ministro della Giustizia, il palermitano Filippo Mancuso, ha definito Schifani “il principe del Foro del recupero crediti”, anche se Schifani risulta più che altro essere stato in passato un avvocato esperto di questioni urbanistiche. Negli anni Ottanta è stato socio con Enrico La Loggia della società di Villabate, Nino Mandalà, poi condannato in primo grado a 8 anni per mafia e 4 per intestazione fittizia di beni, e dell’imprenditore Benny D’Agostino, poi condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Secondo il pentito Francesco Campanella, negli anni Novanta:il piano regolatore di Villabate, strumento di programmazione fondamentale in funzione del centro commerciale che si voleva realizzare e attorno al quale ruotavano gli interessi di mafiosi e politici, sarebbe stato concordato da Antonio Mandalà con La Loggia. L’operazione avrebbe previsto l’assegnazione dell’incarico ad un loro progettista di fiducia, l’ingegner Guzzardo, e l’incarico di esperto del sindaco in materia urbanistica. In cambio, La Loggia, Schifani e Guzzardo avrebbero diviso gli importi relativi alle parcelle di progettazione Prg e consulenza. Il piano regolatore di Villabate si formò sulle indicazioni che vennero costruite dagli stessi Antonino e Nicola Mandalà [il figlio di Antonino che per un paio d’anni ha curato gli spostamenti e la latitanza di Bernardo Provenzano, nda], in funzione alle indicazioni dei componenti della famiglia mafiosa e alle tangenti concordate.Schifani, che effettivamente è stato consulente urbanistico del comune di Villabate, e La Loggia hanno annunciato una querela contro Campanella.

  2. Qualche anno fa? Che fate, azzuppate? siete amici di Travaglio?Diciotto anni fa! non l’anno scorso (si fa per dire).

  3. Va bene… 18 anni fa. E allora? Che tte cambia?!?

  4. Chi lo ha detto che il calcio è poco femminile? Questo video farà impazzire i maschietti… soprattutto in zona Cesarini;o) http://www.tuttoscemo.com/index.php?option=com_content&task=view&Itemid=5&id=732

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