Articolo apparso nel numero odierno di “Liberazione“, alla pag.19.

 

Consultabile in versione sfogliabile, testuale o PDF all’indirizzo http://liberazione.it .

 

 

di Raffaele Emiliano

 

I tentacoli della crisi stringono con sempre maggior forza la quotidianità dei cittadini. La sindrome della terza settimana ammorba ormai gran parte della popolazione. L’inchiostro delle prime pagine dei giornali dà forma alla recessione come notizia, sebbene non pochi ne avessero già avvertito l’esistenza.

I mercati finanziari tremano, mentre in borsa si continua a giocare. Un gioco che a tanti piace, privo di regole come spesso è stato.

Tra chi minimizza la portata della crisi economica, fiducioso in un assai improbabile quanto celere uscita di emergenza dal panico, e chi invece prevede scenari apocalittici nell’immediato futuro, c’è una grossa fetta di popolazione che non si limita ad ascoltare opinioni e proclami, ma la crisi la vive sulla propria pelle. Si tratta di quell’enorme fiumana di gente che non affolla più come una volta i supermercati e i centri commerciali, che ormai attende sconti e promozioni per acquistare un determinato prodotto di cui invece prima faceva abitudinario consumo. È gente a cui recessione e calo del PIL suonano in maniera spesso incomprensibile, ma che saprebbe spiegare meglio di un economista le conseguenze reali dei termini stessi. Saprebbe, ad esempio, calcolare le potenzialità di “sopravvivenza” all’attuale crisi economica di una famiglia monoreddito, oppure quelle di una coppia di pensionati, o ancora di un operaio (sempre che non sia stato già licenziato), di un lavoratore dipendente e di tanti e tanti personaggi invisibili. Nel caso dei disoccupati e dei lavoratori licenziati o cassintegrati il calcolo vien poi ancora più semplice.

Ma veniamo alla bocca della gente, ai suoi bisogni primari. Perché se è vero che non si vive di solo pane, è altrettanto vero che senza pane non si vive. A giudicare dal rincaro esponenziale dei beni alimentari di prima necessità (tra i quali, il pane), viene il sospetto che gli affamatori del popolo, proprio come nella trama dei Promessi Sposi, rappresentino una realtà e non solo il fantomatico bersaglio di una romanzata protesta popolare. Di pane, pasta e farina non c’è assolutamente una carenza tale da giustificarne (secondo la più elementare teoria economica) l’attuale alto costo. Né è possibile pensare che vi siano riserve tenute nascoste. Peraltro, il costo del grano registra ultimamente un sensibile calo. Si ripresenta, insomma, la questione della benzina, il cui prezzo sale all’aumentare del costo del greggio, ma non scende al suo diminuire. Nel gergo degli economisti si direbbe che si è venuto a creare un “cartello”.

La voce dei consumatori, si sa, non raggiunge mai le orecchie dei governanti. Neppure in una nazione che conta tra i suoi ministri di governo nientemeno che Robin Hood, quel Tremonti che sostiene di rubare ai ricchi per dare ai poveri. I poveri sono in trepidante attesa. Lo sono da mesi ormai.

E allora, in attesa di questo lauto bottino, ma anche per rimediare in tempo ad un eventuale quanto probabile inganno propagandistico, c’è chi ha pensato di far da sé, di venire incontro alle difficoltà di tante e tante famiglie nel proprio territorio. Il partito che esce dalle sue stanze è apparso in un comune del brindisino, precisamente a Francavilla Fontana. Militanti e semplici iscritti al circolo PRC “Guevara” hanno dato forma a un’iniziativa che trova proprio nel comune francavillese la sua prima e sinora unica realizzazione in Puglia. Ci riferiamo ai GAP (Gruppi di Acquisto Popolare), una forma di resistenza al rincaro dei beni di prima necessità e al calo del potere d’acquisto di salari e pensioni. Acquistando pane, pasta, uova, farina e legumi all’ingrosso ed eliminando l’intera catena distributiva, si è riusciti ad abbattere sensibilmente il costo finale di tali prodotti e a consegnare nelle mani dei tanti cittadini accorsi all’iniziativa una spesa decisamente sostenibile dalle loro tasche. Il successo dei primi due appuntamenti sta pertanto spingendo gli organizzatori a ripetere l’iniziativa proponendo più grossi quantitativi di alimenti da rivendere a chiunque riesca a percepire l’utilità di un acquisto critico e fortemente vantaggioso. A giudicare dall’affluenza della cittadinanza e dalla risonanza che l’azione ha registrato presso tutti i media locali, vien da pensare che di Robin Hood si senta davvero il bisogno in questi ultimi tempi.

Sarà forse per questo che i compagni di Francavilla Fontana, in gran parte giovanissimi, alle favole credono poco. Rimboccandosi le maniche, non rubano ai ricchi per dare ai poveri, ma aiutano tanti padri e tante madri di famiglia a non cedere al ricatto di pochi speculatori nascosti dietro a grandi e piccoli cartelli.

Robin Hood in abiti civili.ultima modifica: 2009-03-06T15:50:00+01:00da casadelpopoloff
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8 Thoughts on “Robin Hood in abiti civili.

  1. La proposta di un gruppo di parlamentari:”E’ ora di tagliarci lo stipendio” con il 25% si potrebbero raccogliere 6 milioni al mese. Il centrodestra: solo propaganda. Insistiamo che vinciamo!!!!!!!!!!Promotori i Pd Lavatta e Vita. L’idea è di lanciare un fondo di solidarietà per i disoccupatiTagliarsi lo stipendio. Per lanciare un segnale in questa tempesta. Il Palazzo adesso ne parla. Un po’ per l’imbarazzo crescente di fronte alle migliaia di nuovi disoccupati, alle famiglie sul lastrico, all’esercito di cassintegrati. Un po’ per lo spettro del “forcone” lì fuori, che puntuale turba i sonni degli onorevoli in ogni momento di crisi. E questa è crisi nera.L’iniziativa è di un gruppo di deputati e senatori Pd. Ma, raccontano dalla segreteria, un progetto più articolato è allo studio del leader Dario Franceschini. Per il momento, la lettera che da domani riceveranno tutti i parlamentari nazionali ed europei porta la prima firma di Francesco Laratta, deputato cosentino. Nella stessa direzione si stanno muovendo al Senato Vincenzo Vita e Gianrico Carofiglio.”Il momento è grave, usciamo dalla retorica e versiamo tutti il 25% della nostra indennità base ad un fondo di solidarietà per l’intero 2009. Consegneremo l’elenco delle adesioni ai presidenti di Camera e Senato e poi si vedrà che fare”. La platea chiamata in causa è quella dei 952 parlamentari nazionali, dei 78 europei (da giugno saranno 72) e dei 1.129 consiglieri regionali.Per poi coinvolgere magari sindaci e presidenti di Provincia. “Se tutti aderissero, con 2.500 euro a testa, arriveremmo quasi a 6 milioni di euro al mese. Lo so che adesso i colleghi mi odieranno, ma dobbiamo provarci”. Vita è convinto che non si possa più “restare a guardare, è l’ora di agire, di fare qualcosa di concreto e per questo ci muovere anche noi al Senato”. Francesco Boccia, economista e deputato Pd, ha presentato un ddl di revisione dei vitalizi e delle pensioni dei parlamentari: “Non possiamo chiedere sacrifici se non siamo i primi a farli, altrimenti perderemo ogni credibilità”.Lo spunto, va detto, lo stanno dando in questi giorni alcuni amministratori locali. Dai consiglieri provinciali della Volkspartei che a Bolzano hanno deciso due settimane fa di tagliarsi di 600 euro al mese l’indennità (di 6.300 euro) per devolvere le relative somme ad associazioni benefiche, al sindaco di Finale Emilia, Raimondo Soragni, che si è decurtato lo stipendio del 50% (da 2.000 a 1.000 euro). Piccole cose, certo.L’idea adesso rimbalza a Roma, raccoglie consensi ma anche veti. “Diffido dai gesti simbolici, ma il tema dei costi della politica sta diventando fondamentale ed è fondamentale affrontarlo” dice Marco Follini che la scorsa settimana dalle colonne del “Riformista” ha suggerito una ricetta analoga per i rimborsi elettorali: “Se operassimo un taglio lineare a tutte le voci di spesa – emolumenti, rimborsi, editoria di partito – allora la proposta di razionalizzazione sarebbe ragionevole”. E così pure Helga Thaler, senatrice Svp, forte dell’esempio dei “suoi” consiglieri in Trentino Alto Adige: “È giunto il momento di dare l’esempio anche a Roma, tendere una mano a chi è in difficoltà”.Ma il centrodestra stronca il progetto sul nascere, altro che operazione solidarietà bipartisan. “Il nostro compito è fare buone leggi e arginare in Parlamento la crisi, non creare fondi per chi perde il lavoro – taglia corto il vicecapogruppo Pdl alla Camera, Italo Bocchino – . Detto questo, personalmente sarei disposto a cedere anche il 50% in favore di chi è in difficoltà. Ma non è con misure come questa che si risolvono i problemi”.Anche perché, rincara dal Senato il suo omologo Gaetano Quagliariello, “è una proposta priva di qualsiasi portata, politica o solidale che sia: serve solo a farsi propaganda. La dimensione della solidarietà, della carità, è strettamente privata, la si esercita lontano dai riflettori. Non è questo che i cittadini si attendono da noi”.E fuori dal Parlamento la musica non cambia. Giuseppe Castiglione (Pdl) ha appena lasciato lo scranno dell’europarlamento per la presidenza della Provincia di Catania: “Il Pd non va lontano con proposte come questa. Io ho ridotto da 15 a 9 gli assessori, ho tagliato dieci dirigenti, risparmiato 1 milione in collaborazioni esterne. Lasciando Strasburgo ho rinunciato a 12 mila euro al mese, ora ne guadagno 6.400. Dovrei tagliare pure quelli?”

  2. VOX POPULI…la voce della verità…Chissà quante persone erano convinte che Soru avrebbe vinto in Sardegna, ma poi si sono accorte di aver fatto male i conti…Ma erano davvero fatti male?Di certo Cappellaccio i conti se li è fatti meglio…Il condizionale è d’obbligo…quindi usiamolo…”Sembrerebbe” che alle elezioni in Sardegna di qualche settimana fa, ci sia stato qualche lato oscuro da chiarire, tanto oscuro non è…si tratta del solito voto di scambio, caratteristica del bel paese come il sole, il mare, i pelati e il parmigiano reggiano…Ora tutti direte: “No il solito voto di scambio”Ma non è lo stesso…una volta si prometteva un posto di lavoro, in pratica 10 posti di lavoro promessi a 1000 persone…ma adesso siamo in recessione, la cassa integrazione è aumentata a febbraio del 553%, le ditte stanno chiudendo….e i politici…il posto di lavoro non possono nemmeno prometterlo…vi rendete conto di come siamo messi e cosa siprospetta nell’immediato futuro?”Sembrerebbe” che stavolta lo scambio col voto sia stato fatto con “semplici bollette enel” di gente che non arriva a fine mese…e ce ne sono tante…Una famosa WebTV, sta indagando, e sono sicura che qualcosa troverà, perchè queste non sono illazioni di giornali…ma voci della gente…e la gente lo sa più dei media corrotti quello che succede al vicino di casa…

  3. ……….E quando ci leveranno anche la libertà di buttarci di sotto o di tagliarci le vene per l’ultima possibilità di vita dignitosa, allora avranno definitivamente vinto i nostri talebani.È sempre più pesa, quest’aria che ci grava intorno. Ogni giorno di più si respira in giro un clima che per certi versi ricorda i tempi della strategia della tensione.Permettetemi, per inquadrare un po’ quegli anni, una citazione dal mio libro “L’Italia del Vernacoliere. È tutta un’altra storia” (Piemme 2005):«…C’era già stato nel 1964 il Piano Solo ad ammonire i socialisti a non alzare troppo la cresta, e dopo le lotte studentesche del ’68 ed ancor più dopo quelle operaie del ‘69 ecco la reazione, questa volta reale e spaventosamente sanguinosa, delle cosiddette forze conservatrici messe in estremo allarme da riforme e rivendicazioni economiche e sociali (fra cui il divorzio, che diverrà legge dello Stato nel ’70), nonché dall’avanzata del Pci e del Psiup nelle elezioni politiche del maggio ’68.Nasce così quella “strategia della tensione” che dalla strage di Piazza Fontana a Milano nel dicembre 1969 a quella sul treno Roma-Milano nel dicembre 1984 conterà otto “misteriosi” massacri bombaroli con 149 morti e quasi 700 feriti: per probabile mano, dice la storiografia ufficiale ma prudente, delle proverbiali “forze occulte” che siccome sono occulte si sa un cavolo chi sono.Al massimo, si affermò comunque fra quanti assicuravano di non avere gli occhi foderati di prosciutto, si poteva ipotizzare un disegno teso a creare terrore e caos – da eventualmente poi sedare manu militari – tramite una manovalanza d’estrema matrice neofascista coperta da vari organi istituzionali interessati allo statu quo e dai servizi segreti cosiddetti “deviati”…»Ebbene, oggi che la minaccia della sinistra istituzionale non c’è più ma risorge nel paese un diffuso spirito d’opposizione democratica e laica contro la sempre più incalzante svolta autoritaria berlusconiana e contro l’arrogante revanscismo clericale – e mentre dilaga una crisi economica da far passare in sottofondo – oggi per alimentare una sempre più spaventata opinione pubblica non occorrerebbe più ricorrere alle bombe. Basterebbe che le “forze occulte” mandassero a giro qualche manipolo di stupratori, e l’aria pesante diverrebbe soffocante.L’ambiente è pronto, preparato ad arte: incitamenti continui, anche legalizzati, all’odio razziale; la caccia all’immigrato e al rom come il “diverso” colpevole di tutto (ricordate gli ebrei ai tempi del nazismo?); le ronde padane per dar corpo allo squadrismo populista; le folle osannanti santi e madonne a farsi novelle milizie di dio contro il paganesimo razionalista liberale e libertario, e su tutto un clima d’urgenza sanzionato in parlamento e nel governo con la dittatura della maggioranza per le necessità del capo e dei suoi sodali.Ed ecco la legge a tambur battente sull’intangibilità giudiziaria delle massime poltrone (il lodo Alfano), ecco la sottomissione dei giudici inquirenti al potere esecutivo (la riforma della giustizia), ecco la cancellazione della libertà di stampa e della pubblica opinione con la legge sulle intercettazioni telefoniche che per anni nasconderà alla gente ogni delitto non solo dei potenti politici ma anche di quelli economici e mafiosi, ecco l’osanna populista al capo decisionista e sorridente, ecco il trionfo sempre più evidente d’un regime sempre più incalzante.Con un novello duce al quale non occorre più l’orbace, né il manganello in mano. Gli bastano le sue televisioni, e quelle dello Stato, a santificarlo nel nuovo culto popolare. Il culto per la ricchezza e per il successo, per il decisionismo a qualunque costo, a costo anche di manomettere la Costituzione. Vetusta, tra l’altro, e ispirata da comunisti antichi. Da metterci dunque mano per riproporla come al duce piace e più conviene.E vada a quel paese chi ancora insiste a parlare di conflitti d’interesse e di leggi ad personam, di processi evitati a tutti i costi e di prescrizioni ricercate, di misteri mafiosi e di sudditi servili, cooptati con rapidissime carriere e grande sostanza di pecunia.E guai a parlare ancora di democrazia. Democratico è chi vince e impera, democrazia è imporre il volere della Chiesa – tramite un ossequiente Stato – anche all’ultima libertà individuale, quella di morire a modo proprio magari per espressa volontà testamentaria.Salvo il suicidio, ultima possibilità rimasta. A chi non è in coma, almeno, e non può evitare l’ultima inutile sofferenza, l’ultimo accanimento a tenerlo in vita per la soddisfazione di chi santifica la sofferenza altrui.E quando ci leveranno anche la libertà di buttarci di sotto o di tagliarci le vene per l’ultima possibilità di vita dignitosa, allora avranno definitivamente vinto i nostri talebani.

  4. DOPO PRETI, PAPI E DIVISE FINALMENTE QUESTA SERA DI VITTORIOGiuseppe Di Vittorio, Peppino per gli amici, comunista, segretario della Cgil, orfano del padre, a otto anni, subito capisce che solo unendo le forze dei suoi compagni di lavoro, si può ottenere una paga migliore e un pezzo di pane in più. L’unità dei lavoratori, è questo il filo rosso che lega tutta la vita, incredibile e avventurosa, di questo protagonista del Novecento. Bracciante analfabeta, sindacalista rivoluzionario, bersagliere ferito a Monte Zebio, comunista amico di Gramsci e Togliatti, combattente nella guerra di Spagna, catturato dai nazisti nella Parigi del 1938.Di Vittorio è profondamente un uomo del popolo, più che del partito. Ripeterà sempre: “Il sindacato deve essere la casa di tutti i lavoratori, perché i lavoratori non hanno colore, sono tutti uguali, hanno tutti lo stesso odore”. Per questo i cattolici lo seguono quando intuisce che è il momento di riunire nella Cgil, per la prima volta nella sua storia, comunisti, socialisti e democristiani. Per questo, durante la guerra, persino i sindacalisti fascisti gli prestano ascolto quando li incita a scioperare perché quelle paghe miserevoli affamano le famiglie italiane. Per questo il suo carisma cresce. Lo nominano segretario della Federazione Sindacale Mondiale, viaggia per mezzo mondo, si sposa due volte, ha due figli che ama profondamente, ma che non gli lesineranno dolori e critiche.Vive come un dramma umano e personale la scissione della Cgil, dopo l’attentato a Togliatti. Ma si rimbocca le maniche: “Io non mollo”, dice a quei compagni che pensano che un sindacato solo comunista in fondo sia la cosa migliore. Lui no, lui sa che quella divisione “la pagheranno tutti i lavoratori”. La sua visione della vita, della lotta e della politica lo mette spesso in contrasto col partito e con Togliatti. Accade in Francia, durante la guerra, quando critica il patto Molotov-Ribbentrop, accade nuovamente nel 1956 quando, dopo la rivolta ungherese, invece di parteggiare col partito, si schiera con gli insorti. Dirà: “Quelle facce di operai e lavoratori, mi ricordano le facce dei braccianti di Cerignola”.Muore a Lecco, dopo un comizio, minato da un ennesimo infarto. Quel giorno Benigno Zaccagnini, massimo esponente democristiano, dirà di lui: “Sono convinto che adesso è in paradiso”.Il nostro film, una mini-serie tv in due puntate da 100 minuti circa ciascuna, per Rai Uno, scritta da Pietro Calderoni, Gualtiero Rosella e Alberto Negrin e diretta da un regista prestigioso come Alberto Negrin (che per la Palomar ha realizzato successi come Perlasca, Bartali) è interpretata da Pierfrancesco Favino, attore pugliese in grado di rendere con il suo talento e la sua fisicità il carisma di Di Vittorio. Il film copre l’intero arco della vita del grande sindacalista, dalla morte del padre, quando a otto anni viene strappato alla scuola e destinato al lavoro nei campi come spaventacorvi, fino all’assalto alla Camera del Lavoro di Bari mentre la moglie Carolina sta dando alla luce il figlio Vindice, passando attraverso gli episodi mitici dei primi scioperi bracciantili, la fondazione della scuola serale, la morte dei compagni più stretti durante la repressione feroce per mano dei latifondisti, fino alla sua elezione a Deputato nelle fila del Partito socialista, la morte di Matteotti e la fuga in esilio dopo la condanna da parte del Tribunale Speciale a 12 anni di carcere.Nella seconda parte della nostra mini-serie televisiva Di Vittorio affronta l’attività politica dall’esilio a Mosca e a Parigi, la guerra di Spagna, il conflitto con il Partito Comunista a cui si era iscritto nel 1924, l’amicizia con Buozzi e Grandi, il suo arresto e vicissitudini storco-politiche che si mischieranno a travagliate vicende personali: la morte dell’adorata moglie Carolina, l’incontro con Anita, la donna, più giovane di lui di 30 anni circa, che sarà la sua compagna fino alla sua morte.

  5. La pornostar Laura Perego seminuda alla borsa per denunciare: “l’Italia è in mutande”Una trovata decisamente poco originale. Così il Codacons commenta la performance di Laura Perego, la pornostar che oggi si è presentata in mutande nel palazzo della Borsa di Milano, per richiamare l’attenzione sugli italiani rimasti “in mutande”.Già nel 2004, in occasione delle elezioni europee, il Presidente Codacons Carlo Rienzi – candidato nelle fila di Lista Consumatori – comparve in mutande sui cartelloni pubblicitari di tutta Italia, come provocazione contro il caro-prezzi e la crisi del risparmio, proprio per richiamare l’attenzione sugli italiani “rimasti in mutande” e col portafogli svuotato. Manifesti che fecero parlare molto e vennero commentati sulle pagine di tutti i giornali.Oggi la pornostar ha di fatto replicato l’iniziativa di 5 anni fa di Carlo Rienzi, dando prova che anche le pornostar… copiano il Codacons!

  6. Per questo quando vedo il papa vedo un amministratore di condominio e quando guardo il sorriso bonario , lieve , dolce e profondo di Margherita Hack , vedo DIO. La chiesa e le religioni temporali rappresentano la piu’ potente e colossale operazione dimarketing.Sono i leader del mercato della morte .Costruiscono sulla paura della morte , sull’incertezza della vita un colossale business fondato sulla truffa che i preti , sacerdoti , o santoni.. abbiano un dialogo …niente po’ di meno che con Dio , il nostro creatore.Superano i cassamortari ….queli vendono solo le casse da morto …loro invece ti prendono da subito ……nelle loro grandi braccia e tra una preghiera ed un’altra diventi loro cliente , consumatore .Tanto danno e il doppio ricevono ; azienda ecclesiastica è una spa che ha come presidente un certo povero Cristo , morto in croce che non vede mai una lira ….Questa la facciata , il resto partendo da questa mission è il business dell’educazione , immobiliare alberghiera , quello della solidarità …banca etico-cattolica che raccoglie INDULGENZE e spara una benedizione ….poi sussidi politici e connivenza con le caste.I pericolosi , quelli puri , vengono mandati in missione , a Roma rimangono quelli del consiglio di amministrazione . I punti fermi sono sempre la povertà , la disperazione e la morte , dalla quale attingere CLIENTI ; procreare , procreare al massimo per alimentare un mercato infinito , abortire e l’ateismo sono le vere bestemmie ….perchè abbassano il mercato….Andrebbe tutto bene , fra le istituzioni umane questa è la migliore , dura da millenni ed è sempre in attivo ; la chiesa avrebbe da me la massima considerazione se non si ispirasse alla bibbia , ai santi ecc . Invece si arrroga il diritto di rappresentare le nostre paure , di dare le risposte alla povera gente …..che prega ….per diminuire le proprie pene…e chiedere aiuto…Per questo quando vedo il papa vedo un amministratore di condominio e quando guardo il sorriso bonario , lieve , dolce e profondo diMargherita Hack , vedo DIO.

  7. E ora nasce anche l'”azienda etnica”Il Ministero del Lavoro e gli enti previdenziali (su tutti l’INPS), con la loro attività di vigilanza, dovrebbero svolgere un ruolo centrale nella prevenzione e nel contrasto di fenomeni di rilevante impatto economico-sociale quali il lavoro nero, gli infortuni sul lavoro, gli appalti illeciti, i fenomeni di elusione contributiva, il lavoro irregolare degli stranieri, il lavoro minorile, le violazioni della disciplina sulle pari opportunità, l’inserimento lavorativo dei disabili, il fenomeno delle false prestazioni nel settore agricolo ecc. ecc.C’è, pertanto, da restare allibiti leggendo il recente documento di programmazione dell’attività di vigilanza per l’anno 2009 della direzione generale per l’attività ispettiva del Ministero del lavoro.In esso la crisi economica in atto è strumentalizzata al fine di realizzare un nuovo assetto programmatico della vigilanza che non intralci l’attività produttiva e la competitività delle imprese: “la mutata fase economica in cui si trova il nostro Paese, che attualmente sta risentendo degli effetti di una crisi di livello mondiale, investe tutti i settori economici incidendo pesantemente sull’attività produttive e sulla competitività delle imprese operanti sul territorio”.Da tale premessa deriva “la scelta di investire su un’azione di vigilanza selettiva e qualitativa”, con la conseguenza che “la vigilanza sarà indirizzata esclusivamente su specifici obiettivi meritevoli di particolare attenzione e caratterizzati da fenomeni di rilevante impatto economico-sociale”; e ciò in perfetta coerenza con quanto prescritto dal Ministro Sacconi con la direttiva del 18.09.2008, nella quale si richiamava la necessità di abbandonare “ogni residua impostazione di carattere puramente formale e burocratica, che intralcia inutilmente l’efficacia del sistema produttivo senza portare alcun minimo contributo concreto alla tutela delle persona che lavora”.Gli effetti “a valle” dei citati provvedimenti non hanno tardato a prodursi.E così, con la circolare n. 27 del 25 febbraio 2009, anche l’INPS ha tracciato le linee di intervento per l’attività di vigilanza 2009 e lo ha fatto in perfetta coerenza con la direttiva Sacconi del settembre 2008 e con il documento di programmazione del Ministero del Lavoro.Il quadro di riferimento è sempre lo stesso: “l’attuale sistema produttivo è investito, come è noto, da una profonda crisi economica che ha travalicato i confini nazionali, connotandosi come una emergenza mondiale. Di tale situazione non si può non tener conto anche nell’ambito delle azioni da intraprendere nella vigilanza, le quali potrebbero se, non opportunamente indirizzate, aumentare il disagio e le difficoltà dei soggetti imprenditoriali”.La filosofia di fondo non muta: centralità dell’impresa a scapito delle esigenze di tutela dei lavoratori. In questo quadro, l’attività di vigilanza e di controllo viene concepita come l’ennesimo ostacolo al libero dispiegarsi dell’attività di impresa, non già come un essenziale strumento di legalità e di tutela dei più deboli.Di più. Con una dose di realismo maggiore di quella del re, l’INPS, non solo si adegua, ma va ben oltre le indicazioni ricevute, indirizzando – in perfetta coerenza con le pulsioni xenofobe oggi tanto di moda – l’attività di vigilanza prioritariamente in un settore di nuovo conio: quella delle “aziende etniche”. Ed infatti nella circolare 27 si legge testualmente che“Nel 2009 dovrà essere privilegiata l’azione di vigilanza nei confronti delle realtà economiche gestite da minoranze etniche”.A giustificazione di tale scelta, l’INPS indica quale fonte dell’obbligo di agire nei confronti delle “aziende etniche” l’art. 15 di una “proposta di direttiva in corso di recepimento da parte della Comunità Europea”.Nulla di più infondato. Il citato art. 15, infatti, si limita a disporre che: “Gli stati membri garantiscono che ogni anno almeno il 10% delle imprese stabilite sul loro territorio siano oggetto di ispezioni ai fini del controllo dell’impiego di cittadini di paesi terzi in posizione irregolare”.In sostanza, l’Unione Europea non impone di controllare le “aziende etniche” (nozione, si badi bene, sconosciuta sia dal legislatore comunitario che da quello italiano), ma invita gli stati membri a individuare e punire le imprese che utilizzano lavoratori extracomunitari irregolari.Una norma a tutela degli immigrati viene così trasformata in pretesto per l’attuazione di politiche di vigilanza contro le minoranze etniche. E così anche in questa materia l’immigrato diventa il “capro espiatorio”, come se la caccia all’ambulante senegalese o al ristorante cinese sotto casa risolvesse i problemi del lavoro irregolare. Di fronte a tali provvedimenti, c’è da chiedersi che fine abbia fatto la linea di “tolleranza zero” tanto proclamata (ma mai praticata) dopo le stragi della Umbria Olii e della Thyssen Krupp.La conclusione a cui si può giungere è la seguente: su pressione del padronato, l’esecutivo, dopo avere più volte rinviato l’entrata in vigore di significative porzioni (es. in tema di valutazione dei rischi) del nuovo Testo Unico della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro e in attesa di un ormai imminente decreto correttivo dello stesso che ne attenui l’impianto sanzionatorio, ha deciso di svuotare le nuove prescrizioni del D. Lgs. n. 81/2008 sul piano dei controlli, fornendo, per via amministrativa e col pretesto della crisi economica in atto, direttive finalizzate a limitare l’attività di vigilanza degli ispettori o, quantomeno, a orientarla verso fenomeni privi di rilevante ed effettivo impatto economico sociale, ma ricchi di valenze simboliche, quale ad esempio quello delle “aziende etniche”.Inutile dire che, in un paese normale, il ragionamento dovrebbe essere capovolto.La crisi economica che sta travolgendo le imprese italiane e il conseguente aumento esponenziale della disoccupazione rischiano di determinare un aumento dei fenomeni di lavoro irregolare e di fare saltare tutte le tutele: previdenziali, assistenziali e di sicurezza sul posto di lavoro.In questo contesto, il compito principale del Ministero del lavoro e dell’INPS dovrebbe essere quello di potenziare, sia sul piano quantitativo che su quello qualitativo, l’azione di contrasto dei fenomeni di irregolarità al fine di garantire a tutti i lavoratori uguali diritti e tutele.

  8. Comunisti, comunisti, comunisti. Comunista anche un democristiano doc come Dario Franceschini. E allora? Tutti incoro: «Meno male che Silvio c’è».Nel segno di Bettino primo nasce il Popolo delle libertà. Alla nuovafiera di Roma manca solo la piramide di Panseca, comunque lamagnificanza dell’allestimento ricorda tanto, ma tanto da vicino i beitempi del garofano che fu. E’ anche il riconoscimento ufficiale diSilvio Berlusconi, monarca assoluto del Popolo delle libertà: «Craxiebbe tra l’altro il grande merito di essere il primo presidente delConsiglio a rivolgersi ai banchi della destra. In questo modo decretònei fatti la fine dell’arco costituzionale».L’one man show è all’altezza della situazione. Chi conosce bene ilCavaliere dice che le sue parole sono quelle che ci si aspetta da unocome lui. Enfatiche, popolari, da spot televisivo. E chi lo conoscebene dice anche che il suo intervento di apertura del congresso è unasommatoria di concetti già detti e ridetti. Sono le regole della tv,ripeti il messaggio all’infinito e vedrai che qualche risultato cisarà. Da copione arrivano i ringraziamenti ai fedeli alleati: subitoper Umberto Bossi («un onore averti con noi»), a ruota per GianfrancoFini («anteponendo l’interesse dell’Italia a quello personale hacontribuito a scrivere questa pagina di storia»). Il primo resteràalleato per molti anni ancora, il secondo fa parte ormai del grandepartito delle libertà berlusconiane.Non per caso, il re di Arcore fa il nome di Pinuccio Tatarella, l’uomoche per primo capì che grazie a Berlusconi Alleanza nazionale avrebbepotuto viaggiare in mare aperto verso risultati insperati. VivaTatarella, la cui figura assume ogni giorno che passa più rilevanzanel pantheon del Pdl. Berlusconi dal palco racconta la sua «avventuraentusiasmante e vittoriosa». «I sondaggi (queli veri) ci danno al43,2%, inutile nascondere che noi intendiamo puntare al 51% e sappiamocome arrivarci, sono sicuro che ci arriveremo».Il presidente del Consiglio ricorda la sua discesa in campo contro «lasinistra uscita quasi indenne dalla tempesta politico-giudiziaria,risparmiata in modo chirurgico dalle inchieste della magistraturamilitante, che entrò nelle macerie della prima Repubblica comel’Armata rossa a Varsavia e Berlino, dopo aver opportunisticamenteatteso alla frontiera». Opportunisticamente, dice proprio così. PuroBerlusconi pensiero, insomma, nel segno di quell’anticomunismoviscerale che ha sempre contraddistinto il cammino imprenditoriale epolitico dell’imperatore delle televisioni italiane e di tanto altroancora. Televisioni ottenute per grazia ricevuta dal Parlamentoitaliano e dal governo dell’epoca, nell’ormai lontano 1984.Il pericolo rosso è il minimo comune denominatore di chi è arrivatoqui alla Nuova fiera di Roma. Cambiano le stagioni, cambiano ipartiti, cambiano i segretari nel campo dell’opposizione, ma ilritornello è sempre quello: comunisti, comunisti, comunisti. Comunistaanche un democristiano doc come Dario Franceschini. E allora? Tutti incoro: «Meno male che Silvio c’è».L’adunata non è oceanica ma grande. Qui ci sono i soldi. La location èla stessa dell’ultimo congresso di An, però tutto è più lussuoso.Dalla scenografia al buffet, dalla sala stampa al kit del delegato.Nasce il partitone delle libertà, quello berlusconiano s’intende. Sichiama Pdl, acronimo per Popolo delle libertà. Viene alla luce qui,alla Nuova fiera di Roma, più vicino a Fiumicino che al Campidoglio,in una terra di nessuno che “fra qualche anno” diventerà un nuovoquartiere della capitale. Prima la fiera, poi le strade, poi le case ei centri commerciali: gli affari sono affari.Il caro leader Silvio Berlusconi è abituato a far le cose in grande.Anche questa volta non si smentisce. Il palco è più lungo di quello diuna settimana fa, il padiglione otto meglio addobbato, il maxiscermo èpiù grande. L’Inno di Mameli viene eseguito da un’orchestra con coro,l’intervento del sindaco Alemanno è intenso e appassionato, sembra unforzista della prima ora. «Roma ringrazia Berlusconi», dice Alemanno.Quattro giovanissimi salgono sul palco per dire che Berlusconi è «uneroe» e il Popolo delle libertà «una favola».Questo lo scenario che prepara l’incoronazione del monarca. E Fini? «èfinì», parola della delegata modenese che il cronista incontra sullanavetta in direzione della Nuova fiera di Roma. Forzisti del nord,ricchi imprenditori, signore impellicciate, leghisti in pectore prontia vomitare sul meridione tutta la loro carica «autonomista». Aliasrazzista. «A Roma c’è traffico, Roma è sporca, meglio Londra, meglioParigi….». Però viva il Popolo delle libertà e viva l’Italia di reSilvio. La scena è dominata dai simboli del partito, con le date chesegnano la sua nascita del 27, 28 e 29 marzo proiettati su duegiganteschi video-wall. Nel “kit” del delegato al primo congresso delPdl c’è tutto l’occorrente per segnare l’evento. I delegati nelPadiglione 8 mostrano la valigetta che si chiude con una zip e al cuiinterno si trovano: una spilla del Pdl, una chiavetta Usb con il logodel congresso, un’edizione patinata della Carta dei valori del nuovopartito e una medaglia dorata. «Berlusconi al «Quirinale, dopo unariforma presidenziale. E Fini? Aspetti il suo turno, se arriverà». IlPopolo delle libertà sembra avere pochi dubbi. Il presidente delConsiglio è pronto a salire il Colle, «eletto dal popolo che loconsidera l’unico leader carismatico in Italia».Quanto al presidente della Camera, i delegati del congresso Pdlstorcono il naso: «Ce ne sono tanti di leader…», rispondono. PerManuele Ciabatti, avvocato trentenne di Pisa, provenienza Forza Italia«non c’è nessun rischio per la democrazia perché Berlusconi è ilsindaco d’Italia e se la gente lo vota, nessuno può dire che èun’operazione autoritaria». La dittatura della maggioranza, quella cheElio Vito e l’ancora non presidente del Senato Renato Schifani hannocelebrato per anni e anni sulle televisioni Rai e Mediaset (Raiset).Sono “il Domenicale” e “Lab – il socialista”, i giornali del congressodel Pdl. In distribuzione tra i partecipanti con il primo dei due chetitola «E pluribus unum» (il motto degli Stati Uniti d’America che staperfino sul dollaro) e una foto in bianco e nero del Cavalieresorridente, e reca addirittura un “bigino” per il delegato con unaserie di frasi su vari temi come giustizia, democrazia, Dio, cultura,società, stato. Tra i motti citati sulla democrazia c’è quello sulla«maggioranza»: «In una democrazia, la maggioranza dei cittadini è ingrado di esercitare la più crudele delle oppressioni sulla minoranza»di Edmund Burke o sulla «scienza», con il motto di Albert Einstein «Lascienza senza la religione è zoppa, la religione senza la scienza ècieca». “Lab” apre con un editoriale di Fabrizio Cicchitto e ha inprima pagina una foto con la bandiera del Nuovo Psi accanto a quelladel Pdl. All’interno un’intervista di Eugenio Scalfari a Bettino Craxicon al centro un’immagine in bianco e nero dello storico leadersocialista accanto a Giulio Andreotti. Benvenuti nel Partito popolareeuropeo, con un occhio nostalgico e con eterna gratitudine al Caf.Renato Brunetta la chiama «rivoluzione berlusconiana». Interviene ilpresidente del Partito popolare europeo Maertens, Fini è il ritrattodella felicità.

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