http://antifa-milano.noblogs.org/gallery/300/casa%20pound.jpg

di Saverio Ferrari

su Liberazione del 11/07/2009

Colloqui riservati svelano un’organizzazione con doppi livelli

«Duemila tesserati e migliaia di simpatizzanti, sedi su tutto il
territorio nazionale, 15 librerie, otto associazioni sportive, una web
radio con 25 redazioni in Italia e dieci all’estero». Con queste
parole Gianluca Iannone, presidente di Casa Pound Italia, il 22 giugno
scorso ha introdotto i risultati raggiunti dall’associazione,
festeggiando il primo anno di attività, a Roma ad Area 19, una delle
quattro occupazioni poste sotto l’egida del gruppo.
È stata anche l’occasione per sottolineare come ben 150 siano state le
conferenze organizzate e che a Casa Pound Italia fanno ormai
riferimento «dieci gruppi musicali, una compagnia teatrale, una
galleria d’arte e un circolo di cultura cinematografica», ma
soprattutto il Blocco studentesco che «ha conquistato 120
rappresentanti alle Superiori e 37 mila voti solo a Roma con una media
del 18% dei consensi».
«È stato un anno intenso – ha concluso Iannone – che ha portato a
risultati che vanno oltre quanto sperassimo, a cominciare dalla
capacità del Blocco studentesco di guidare la protesta contro la
riforma Gelmini».
Un giudizio decisamente ben oltre il vero anche se è indubbio che
questa realtà di Casa Pound nel suo complesso rappresenti un fenomeno
in crescita. Quasi un piccolo evento mediatico. I riconoscimenti a
destra si sprecano: solo negli ultimi mesi la sede romana di via
Napoleone III ha ospitato, a febbraio, la presentazione di un libro
dell’ex brigatista rosso Valerio Morucci con Giampiero Mughini e il
vicecapogruppo del Pdl in Campidoglio Luca Gramazio, occasione per
lanciare un appello a «mettere fine al meccanismo diabolico
dell’antifascismo», e successivamente il 2 aprile, la proiezione del
film-documentario apologetico su Bettino Craxi «La mia vita è stata
una corsa», con tanto di intervento della figlia, nonché attuale
sottosegretario agli esteri, Stefania Craxi.
Recentemente è stato anche pubblicato dalle edizioni Contrasto un
interessante libro foto-giornalistico su Casa Pound: «OltreNero.
Nuovi. Fascisti. Italiani» di Alessandro Costelli e Marco Mathieu. Una
ricerca più antropologica che politica.
Ultima in ordine di tempo, a fine maggio, l’intervista su l’Altro a
Gianluca Iannone da parte di Ugo Maria Tassinari, da sempre loro
entusiastico sponsor, che ha suscitato non poche critiche e
rimostranze a sinistra.
Ma dietro le quinte la realtà sembra ben diversa da quanto appaia. Non
proprio nuova, si potrebbe dire, anzi, decisamente datata.
Sulla base di alcuni colloqui riservati sfuggiti via internet all’uso
esclusivo dei dirigenti, emergerebbe, infatti, la dimensione di un
universo non proprio così originale, scevro da dogmi e aperto al
dialogo con tutti.
Il dibattito interno a cui ci riferiamo è dell’aprile scorso. Ebbene,
il capo, ovvero Gianluca Iannone, dietro lo pseudonimo di Geronimo,
nel relazionarsi con i dirigenti locali sparsi sul territorio, così
illustra e detta le linee organizzative: «Le comunità vanno
strutturate in cerchi concentrici, il primo deve essere il direttivo,
il secondo cerchio deve essere quello della comunità e poi i vari
cerchi con tutti gli altri. Per comunità intendo un insieme di persone
che mantengono un segreto, uno zoccolo duro serrato, fido,
agguerrito…». Il terrore è quello delle infiltrazioni: «Siate sempre
diffidenti – dice – occhio soprattutto a vecchi camerati… che si
riaffacciano dal nulla. Noi vi fidate di nessuno. Siamo una foresta
che cresce. Occhio ai parassiti».
In questo quadro, tra citazioni di Alessandro Pavolini e altri, si
invitano tutti a «dare informazioni il meno possibile».
«Chi vuole conoscerci realmente – queste le conclusioni – chiama e si
fissa un appuntamento. In questo periodo dobbiamo essere molto
selettivi».
Anche il mondo delle curve è vissuto con un certo sospetto: «Se inteso
come contenitore per aggregare e poi formare al di fuori, lo stadio è
fondamentale e ho grande rispetto per i gruppi perché anche noi ne
abbiamo uno forte e radicato», ma «gli stadi pullulano di infiltrati.
La politica trasportata nello stadio porta dietro un sacco di
controlli e situazioni con le forze dell’ordine».
L’impianto sembrerebbe quello già sperimentato delle formazioni
neofasciste degli anni Settanta, ipercentralizzate e compartimentate,
con doppi livelli, impermeabili e pronte allo scontro non solo
politico.
«Ogni regione – è sempre Iannone a parlare – deve avere un minimo di
10 elementi facenti parte del servizio d’ordine nazionale che faranno
capo direttamente al coordinatore regionale e al sottoscritto.
Compito dei coordinatori regionali è individuare gli attivisti più
portati a discipline marziali e unirli sotto il servizio d’ordine
locale. Il servizio d’ordine deve essere basato su un reale
allenamento settimanale e una serie di letture mirate che saranno
comunicate in seguito. Bell’aspetto (interiore ed esteriore) e sangue
freddo sono solo i primi due requisiti per accedere a questa struttura
che avrà riunioni nazionali e compiti delicati. Appartenere al
servizio d’ordine è un onore che non tutti possono rivestire.
Scegliete bene».
C’è dunque un piccolo Duce al vertice di Casa Pound che tutto decide e
comanda, ma soprattutto sarebbe interessante sapere a cosa dovrebbe
servire un servizio d’ordine e quali siano “i compiti delicati” di cui
si parla. Anche alla luce di alcune inquietanti ammissioni in
relazione ai rapporti non sempre conflittuali che sembrerebbero
intercorrere tra alcune sedi di Casa Pound e le Digos locali. «Solita
amicizia con la Digos. – comunica il responsabile di Siena a cui fa da
sponda Perugia – Qua la situazione è la solita, fanno gli amiconi e i
cammarati». Storie già sentite. Anche queste.

«Casa Pound», tanto di vecchio dietro nuovi sloganultima modifica: 2009-07-12T11:41:25+02:00da casadelpopoloff
Reposta per primo quest’articolo

24 Thoughts on “«Casa Pound», tanto di vecchio dietro nuovi slogan

  1. ancora una volta dobbiamo renderci tutti conto di quanto sia arretrata la cultura italiana oggi in senso storico-politico, un demente nuovo duce detta ordini e dei “sacchi di merda” lo venerano, forse perchè tutti questi “sacchi” prima di essersi riempiti del tutto non hanno mai sentito parlare della lotta al fascismo, forse ci stanno sul cazzo i comunisti o forse (sicuramente) non sanno raggionare con la loro testolino del cazzo per capire cosa è giusto e cosa è sbagliato, così facendo seguono la “moda” attuale portata dalla contro-cultura politica cui riversa lagnosamente oggi il nostro “bel paese”. potranno aprire le sedi, fare manifestazioni, radio, gruppi, volantini, ma fino a quando nella loro vita dedicheranno del tempo a queste tipo di organizzazioni per loro non cambierà nulla, per il paese peggioreranno le cose e per noi ci sarà sempre qualche fascistello del cazzo da combattere ancora…per sempre, contendiamo la nostra superiorità dimostrando che non ci stiamo estinguendo noi ma loro (anche se alzano la voce). Cari/e compagni/e saremo distanti su alcuni punti (vedi le varie correnti cui ormai rifondazione è) ma su una cosa siamo tutti uniti per forza di cose e di idee, siamo tutti antifascisti e ne siamo fieri e lo saremo sempre più, a loro le teste di merda a noi la forza della lotta per sempre. saluti comunisti

  2. La laicità non è un esercizio retorico Il concetto di laicità non è uno scherzo, non può essere un semplice esercizio retorico, non può diventare mai un arbitrio del pensiero. Qualsiasi uomo di Stato, di governo, dovrebbe guardare alla laicità con occhi di lucidità e di razionalità, dal momento che viviamo in una società complessa e plurale, riverbero di fecondi modelli morali. Purtroppo, abbiamo sufficienti elementi per asserire che, sulle cosiddette tematiche eticamente sensibili (e non solo), il governo Berlusconi è drammaticamente ripiegato su posizioni conservative, reazionarie. La maggioranza di centrodestra sta confezionando una sorta di Stato etico, che ha l’anacronistica pretesa di indirizzare, di condizionare clamorosamente gli umani destini. La legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita del 2004 e quella attualissima sul testamento biologico, che sta per passare all’esame della Camera, sono due esempi emblematici di illiberalità e negazione del sacro principio di laicità. Duole constatare che il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, vecchio socialista liberale, su alcune rilevanti questioni abbia una concezione retrograda, oscurantista, fuori dal tempo, fuori dalla storia. Il ministro ribadisce con vigore il riconoscimento del valore della vita umana e, al contempo, con un salto non da poco giustifica l’approvazione del pacchetto sicurezza, che tra le altre cose introduce l’orripilante e anticristiano reato di clandestinità. Sacconi rivendica «un laicissimo principio di precauzione», che secondo lui dovrebbe impedire qualsiasi forma di selezione e manipolazione della vita. Il ministro, però, ignora fragorosamente che lo stesso concetto di vita nascente non può essere definito in modo stringente e definitivo. Il ministro, di fatto, ci propone come assoluta una visione antropologica confessionale, che non dà alcun valore allo Statuto ontologico dell’embrione umano ben delimitato dalla laica scineza. Incredibilmente, Sacconi ritiene che, a proposito di «sostentamento vitale irrinunciabile» e «terapia medica», sia in atto un gioco linguistico, quando invece la scienza ufficiale nazionale e internazionale (comprese le associazioni italiane dei medici cattolici) sono rigorosissimi nell’accettare opportunamente l’alimentazione forzata come una vera e propria terapia sanitaria. I nostri governanti, forse dovrebbero capire, una volta per tutte, che i civili destini non possono essere piegati e orientati da logiche d’irreversibilità. Nessun monismo etico può essere violentemente imposto ad una comunità di liberi cittadini.

  3. Un eroe di nome Paolo BorsellinoDomenica 19 luglio ricorre il 17esimo anniversario della morte di Paolo Borsellino, ucciso dalla Mafia nella strage di Via D’Amelio insieme alla sua scorta, composta dagli agenti Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. Paolo Borsellino era ed è un eroe! I 5 agenti caduti in servizio sono degli eroi. Ed è un eroe anche l’unico agente sopravvissuto, Antonino Vullo.In occasione dell’anniversario della morte di Giovanni Falcone, avevo espresso la volontà di dedicare uno spazio su questo blog per ricordare alcuni eroi italiani. Oggi vi propongo quindi la biografia del giudice Paolo Borsellino, tratta da Wikipedia.Paolo Emanuele Borsellino (Palermo, 19 gennaio 1940 – Palermo, 19 luglio 1992) è stato un magistrato italiano, vittima di mafia. È considerato un eroe italiano, alla stregua di Giovanni Falcone.BiografiaNasce a Palermo nel quartiere popolare La Kalsa, dove vivono tra gli altri Giovanni Falcone e Tommaso Buscetta. Dopo aver frequentato le scuole dell’obbligo Borsellino si iscrive al Liceo Classico “Giovanni Meli” di Palermo. Durante gli anni del liceo diventa direttore del giornale studentesco “Agorà”. Nel giugno del 1958 si diploma con ottimi voti e l’11 settembre dello stesso anno Borsellino si iscrive a Giurisprudenza a Palermo con numero di matricola 2301. Dopo una rissa tra studenti “neri” e “rossi” finisce erroneamente anche lui di fronte al magistrato Cesare Terranova a cui dichiara la propria estraneità ai fatti. Il giudice sentenzierà che Borsellino non c’entra nulla con l’episodio. Paolo Borsellino, proveniente da una famiglia con simpatie politiche a destra, nel 1959 si iscrive al FUAN di cui diviene membro dell’esecutivo provinciale e viene eletto come rappresentante studentesco nella lista del FUAN “Fanalino” di Palermo. Il 27 giugno 1962 all’età di 22 anni Borsellino si laurea con 110 e lode con una tesi su “Il fine dell’azione delittuosa” con relatore il professor Giovanni Musotto. Pochi giorni dopo, a causa di una malattia, muore suo padre all’età di 52 anni. Borsellino si impegna con l’ordine dei farmacisti a tenere la farmacia del padre fino al raggiungimento della laurea in farmacia della sorella Rita. Durante questo periodo la farmacia viene data in gestione per un affitto bassissimo di 120 mila lire al mese. La famiglia Borsellino è costretta a gravi rinunce e sacrifici. Riceverà l’esonero dal servizio militare poiché “unico sostentamento della famiglia”. Nel 1967 Rita si laurea in farmacia, il primo stipendio da magistrato di Paolo Borsellino servirà proprio a pagare la tassa governativa. Il 23 dicembre 1968 sposa Agnese Piraino Leto, figlia di Angelo Piraino Leto, a quel tempo magistrato presidente del tribunale di Palermo.La carriera da giudiceNel 1963 Borsellino partecipa al concorso per entrare in magistratura ottenendo 57 voti si classifica venticinquesimo sui 110 posti in gara, e diventa il più giovane magistrato d’Italia. Nel1967 diventa pretore a Mazara del Vallo. Nel 1969 è pretore a Monreale, dove lavora insieme ad Emanuele Basile. Proprio qui avrà modo di conoscere per la prima volta la mafia dei corleonesi. Il 21 marzo 1975 viene trasferito a Palermo ed il 14 luglio entra nell’ufficio istruzione affari penali sotto la guida di Rocco Chinnici. Il 1980 vede l’arresto dei primi sei mafiosi grazie all’indagine condotta da Basile e Borsellino, ma nello stesso anno arriva la morte di Emanuele Basile e la scorta per la famiglia Borsellino. In quell’anno viene costituito il pool antimafia, dove lavorano, sotto la guida di Chinnici, tre magistrati (Falcone, Borsellino, Giovanni Barrile) e due commissari (Cassarà e Montana). Tutti i componenti del pool chiedono espressamente l’intervento dello Stato, che non arriva. Il 29 luglio 1983 viene ucciso Rocco Chinnici nell’esplosione di un’autobomba e pochi giorni dopo arriva da Firenze Antonino Caponnetto. Il pool vuole una mobilitazione generale contro la mafia. Nel 1984 viene arrestato Vito Ciancimino, mentre Tommaso Buscetta (“Don Masino”, come viene chiamato nell’ambiente mafioso), arrestato a San Paolo del Brasile ed estradato in Italia, inizia a collaborare con la giustizia. Buscetta descrive in modo dettagliato la struttura della mafia di cui fino ad allora si sapeva ben poco. Nel 1985 vengono uccisi da Cosa Nostra, a pochi giorni l’uno dall’altro, i commissari Giuseppe Montana e Ninni Cassarà. Falcone e Borsellino vengono trasferiti nella foresteria del carcere dell’Asinara, dove iniziano a scrivere l’istruttoria per il maxiprocesso. Si seppe in seguito che l’amministrazione penitenziaria richiese ai due magistrati il rimborso spese ed un indennizzo per il soggiorno trascorso. Il 19 dicembre 1986 Borsellino viene nominato Procuratore della Repubblica di Marsala. Nel 1987 Caponnetto lascia il pool per motivi di salute e tutti (Borsellino compreso) si aspettano la nomina di Falcone, ma il Consiglio Superiore della Magistratura (CSM) non la vede nella stessa maniera e nasce la paura di vedere il pool sciolto. Borsellino parla dovunque e racconta quel che accade alla procura di Palermo: per questo motivo rischia il provvedimento disciplinare e solo grazie all’intervento del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga si decide di indagare su ciò che succede nel palazzo di Giustizia. Il 31 luglio il CSM convoca Borsellino che rinnova accuse e perplessità. Il 14 settembre Antonino Meli diventa (per anzianità) il capo del pool; Borsellino torna a Marsala, dove riprende a lavorare alacremente insieme a giovani magistrati, alcuni di prima nomina. Inizia in quei giorni il dibattito per la costituzione di una Superprocura e su chi porne a capo. Falcone va a Roma per prendere il comando della direzione affari penali e preme per l’istituzione della Superprocura. Con Falcone a Roma, Borsellino chiede il trasferimento alla Procura di Palermo e l’11 dicembre 1991 Paolo Borsellino, insieme al sostituto Antonio Ingroia, torna operativo alla Procura di Palermo, come Procuratore aggiunto. Il 23 maggio 1992 nell’attentato di Capaci perdono la vita Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta, Antonio Montinaro, Vito Schifani e Rocco di Cillo. Due mesi prima della sua morte, Paolo Borsellino rilascia un’intervista ai giornalisti Jean Pierre Moscardo e Fabrizio Calvi (19 maggio 1992). L’intervista mandata in onda da RaiNews 24 nel2000 è di trenta minuti, quella originale era invece di cinquanta minuti. Nelle elezioni presidenziali del 1992, i parlamentari del MSI votarono per Paolo Borsellino come Presidente della Repubblica nel corso dell’XI scrutinio.Le dichiarazioni pubblicheBorsellino, in vita, rilasciò interviste e partecipò a numerosi convegni per denunciare l’isolamento dei giudici e l’incapacità o la mancata volontà da parte della politica di dare risposte serie e convinte alla lotta alla criminalità. In una di queste Borsellino descrive le ragioni che hanno portato all’omicidio del giudice Rosario Livatino e prefigura la fine (che poi egli stesso farà) che ogni giudice “sovraesposto” è destinato a fare.La penultima intervista di Borsellino e le sue versioniNella sua penultima intervista, avuta luogo il 21 Maggio 1992 con Jean Pierre Moscardo e Fabrizio Calvi, Borsellino riferì delle possibili correlazioni tra i mafiosi di Cosa Nostra e di ricchi uomini d’affari come il futuro Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. In questa sua ultima intervista Paolo Borsellino parla anche dei legami tra la mafia e l’ambiente industriale milanese e del Nord Italia in generale, facendo riferimento, tra le altre cose, a indagini in corso sui rapporti tra Marcello Dell’Utri, Vittorio Mangano e Silvio Berlusconi. Alla domanda se fosse Mangano un “pesce pilota” della mafia al Nord, Borsellino risponde che egli era sicuramente una testa di ponte dell’organizzazione mafiosa nel Nord d’Italia. Sui rapporti con Berlusconi invece si astiene da giudizi definitivi. Anche alla luce di quest’intervista e del ruolo di Mangano così come descritto da Borsellino (testa di ponte dell’organizzazione mafiosa nel Nord d’Italia) ha destato scalpore la dichiarazione di Marcello Dell’Utri, condivisa dal presidente del consiglio dei ministri Silvio Berlusconi in merito aVittorio Mangano: egli fu, a modo suo, un eroe. Paolo Guzzanti aveva sostenuto che l’intervista trasmessa da Rai News 24 era stata manipolata, i giornalisti della rete gli fecero causa, ma venne assolto. Vi era la corrispondenza tra la cassetta ricevuta e il contenuto trasmesso, ma non con il video originale. Alcune risposte erano state tagliate e messe su altre domande. Ad esempio, quando Borsellino parla di “cavalli in albergo” per indicare un traffico di droga, non si riferisce ad una telefonata fra Dell’Utri e Mangano come poteva sembrare dalla domanda dell’intervistatore (che faceva riferimento ad un’intercettazione dell’inchiesta di San Valentino, che Borsellino aveva seguito solo per poco tempo), ma ad una fra Mangano e un mafioso della famiglia Inzerillo. Nel numero de L’Espresso dell’8 aprile 1994 venne pubblicata una versione più estesa dell’intervista. L’intervista, e i tagli relativi alla sua versione televisiva, sono citati anche dal tribunale di Palermo nella sentenza di condanna di Cinà Gaetano e Marcello Dell’Utri. Nella sentenza viene poi riportato il brano dell’intervista (nuovamente trascritta dal nastro originale) relativo all’uso del termine “cavalli” per indicare la droga e sulle condanne passate di Mangano, in una versione ancora differente rispetto alle due già diffuse. Nella stessa sentenza viene poi riportata l’intercettazione della telefonata intercorsa tra Mangano (la cui linea era sotto controllo) e Dell’Utri (rapporto 0500/CAS del 13 aprile 1981 della Criminalpol di Milano), relativo al blitz di San Valentino, in cui veniva citato un “cavallo”, a cui aveva fatto riferimento il giornalista nelle domande dell’intervista a Borsellino.La strage di via d’AmelioIl 19 luglio 1992, dopo aver pranzato a Villagrazia con la moglie Agnese e i figli Manfredi e Lucia, Paolo Borsellino si reca insieme alla sua scorta in via D’Amelio, dove vive sua madre. Una Fiat 126 parcheggiata nei pressi dell’abitazione della madre con circa 100 kg di tritolo a bordo esplode, uccidendo oltre a Paolo Borsellino anche i cinque agenti di scorta Emanuela Loi (prima donna della Polizia di Stato caduta in servizio), Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina. L’unico sopravvissuto è Antonino Vullo. Pochi giorni prima di essere ucciso, durante un incontro organizzato dalla rivista MicroMega, Borsellino parlò della sua condizione di “condannato a morte”. Sapeva di essere nel mirino di Cosa Nostra e sapeva che difficilmente la mafia si lascia scappare le sue vittime designate.L’ereditàLa figura di Paolo Borsellino, come quella di Giovanni Falcone, ha lasciato un grande esempio nella società civile e nelle istituzioni. Alla sua memoria sono state intitolate numerose scuole e associazioni, nonché l’aeroporto internazionale di Punta Raisi (Palermo) e un’aula della facoltà di Giurisprudenza all’Università di Roma La Sapienza. Anche il cinema e la televisione hanno onorato la memoria del magistrato palermitano: Giovanni Falcone di Giuseppe Ferrara; I giudici di Ricky Tognazzi; Gli angeli di Borsellino di Rocco Cesareo; Paolo Borsellino, miniserie televisiva del 2004 di Gianluca Maria Tavarelli; Paolo Borsellino – Essendo Stato, scritto e diretto da Ruggero Cappuccio.

  4. I militanti di CasaPound bonificano rondò Nel tardo pomeriggio di ieri militanti di CasaPound Italia hanno bonificato la superficie della rotonda prospiciente l’accesso a Francavilla Fontana (Brindisi) dalla E90, infestata da rifiuti di ogni genere.L’azione si è conclusa con l’apposizione di uno striscione sul cavalcavia sovrastante l’area e di cartelli recanti la scritta “CasaPound – Area bonificata”.L’azione, che ha avuto ad oggetto un’area di dimensioni limitate e che inaugura la neonata federazione di CasaPound Italia Brindisi (con sede a Francavilla Fontana), ha valenza simbolica: il fine è quello di portare all’attenzione dell’amministrazione comunale lo stato di estremo degrado e di incuria in cui versano diverse zone della città e di sensibilizzare la cittadinanza alle problematiche ambientali che interessano il nostro territorio.L’Associazione di promozione sociale CasaPound Italia, avente sedi in tutta Italia ed il cui raggio d’azione si estende a 360° affrontando tematiche che vanno dall’emergenza abitativa (progetto di legge sul Mutuo Sociale) alle problematiche del lavoro e della famiglia (progetto “Tempo di Essere Madri”), ha particolarmente a cuore la questione ambientale ed auspica a tal fine l’intervento delle Autorità locali per risolvere la spinosa questione delle tante piccole discariche abusive disseminate sul territorio cittadino. Segnaliamo in particolare la presenza di alcune aree in cui sono presenti pannelli di Eternit, la cui nocività è nota a tutti: aree, queste ultime, che necessitano più di ogni altra dell’intervento immediato dell’amministrazione comunale.Venerdì 24 agosto p.v., alle ore 19.00, presso la sede dell’Associazione, si terrà una conferenza di presentazione del gruppo. Nell’incontro saranno rese note le risultanze di un nostro monitoraggio sui siti a rischio e un’articolata analisi sugli effetti negativi per la salute che possono derivare dall’abbandono e dal deposito incontrollato di rifiuti sul suolo e nel suolo. COMUNICATO STAMPA CASAPOUND BRINDISI

  5. venerdì 24 agosto tutti a francavilla

  6. a cacciare i fasci

  7. STOP ALL’IMMIGRAZIONE DEI LEGHISTI IN ITALIAUltimamente si sta parlando talmente tanto del problema dell’immigrazione che stiamo sorvolando un altro problema:quello dell’immigrazione dei LEGHISTI in Italia.Da quando questo “partito” è stato fondato ha arrecato solo danni al nostro paese,volendo favorire solamente la parte settentrionale tralasciando tutte le altre.Questa si chiama democrazia? Questa si chiama “Legge-uguale-per-tutti?”Non so voi ma io non penso proprioNOI NON VOGLIAMO LEGGI RAZZIALINOI STIAMO DALLA PARTE DEI CLANDESTININOI NON CREDIAMO NELLA RAZZA PADANANOI NON CREDIAMO NEL NORD E NEL SUDNOI VOGLIAMO UNA LEGGE UGUALE PER TUTTINOI VOGLIAMO CHE CI SIA DEMOCRAZIA IN ITALIANOI VOGLIAMO UN PARTITO CHE DIFENDA QUALSIASI STRANIERO ALL’INTERNO DEL NOSTRO PAESESTOP ALL’IMMIGRAZIONE DEI LEGHISTI IN ITALIA

  8. E’ proibitoE’ proibito riunirsi in più di due o tre persone con bottiglie o bicchieri in mano per bere. E’ proibito bere dopo le 22.00. E’ proibito dare da bere anche del semplice vino a chi non ha compiuto 16 anni. E’ proibito ai non italiani di sedersi sulle panchine dei giardini pubblici. E’ proibito, sempre proibito e ancora proibito. Non c’è più limite ai paletti di confine tra il lecito e l’illecito, tra il morale e l’immorale, tra il giusto e l’ingiusto. Ogni delimitazione è subordinata a regolamenti di nuova stagione che si ispirano a quello che è il nuovo corso politico: l’ordine, la sicurezza e l’integrità fisica di ciascun autoctono di questa povera penisola, sempre più disgraziata e sempre più peregrina nelle sorti future.Ai giovani milanesi viene messo un divieto: se hai meno di 16 anni non bevi neanche una goccia di vino nei locali pubblici, in qualunque bar, pub, discoteca, eccetera. A casa tua, ovviamente, fai quello che ti pare: puoi anche sbronzarti e poi metterti alla guida di uno scooter o di una moto e schiantarti a 100 km all’ora. Il divieto non riesce mai ad entrare in ogni meandro della vita delle persone: fatta la Legge, trovato l’inganno. Fatto il divieto trovato il modo di superarlo. Fatto il divieto, a me personalmente, viene sempre una gran voglia non di aggirarlo, ma di disobbedirgli apertamente, senza alcuna finzione o ipocrita scusa.Se poi lo “stop” imposto dalle istituzioni è così apertamente inutile, come quello milanese, o stupidamente xenofobo come quello di qualche comune che vieta ai migranti di sedersi sulle panchine di un parco, in questi casi non solo vale la disobbedienza come reazione ma come regola costituzionale, come ripristino della vera legalità contro una normativa palesemente discriminatoria e ostativa dei diritti del singolo cittadino.Le motivazioni che sorreggono le ordinanze di divieto sono dei piagnistei buonisti, o falsamente tali, che vorrebbero tutelare i giovani dall’abuso di alcol, evitare schiamazzi nelle piazze e nelle vie del Bel Paese, salvaguardare il decoro cittadino.Il sindaco di Borghetto Santo Spirito, in provincia di Savona, dovrebbe spiegarmi se due o tre persone che chiacchierano e bevono una birra o una cola in un giardino, in spiaggia o davanti ad un bar sono un elemento di inquinamento del pubblico decoro o se sono magari anche l’embrione di una turbativa della quiete del paesino rivierasco…Siamo al divieto continuo, per calmare le pulsioni securitarie della massa che si è spostata a destra e che vuole come imperativo categorico quotidiano la parola “punizione” al di sopra di ogni forma di comprensione dei fenomeni sociali, delle aggregazioni giovanili, degli istinti e delle passioni, dei sentimenti e delle emozioni.Tutto viene soffocato tra le quattro mura di una catena di codici e codicilli che intasano il pantano burocratico con altra melma e provano a rendere più difficili i movimenti liberi delle persone.Se poi è un immigrato a trovarsi in una di queste situazioni di nuovo sanzionamento, allora c’è l’aggravante della sua origine, dei suoi natali. Una discriminazione a cielo aperto che non indigna più molta gente se non chi, nonostante tutto e tutti, ha conservato un poco di criticità verso la vendita all’ammasso dei cervelli attraverso tv, internet e messaggi ripetuti goebellsianamente.Ciò che un tempo era considerato vergogna oggi è Legge. Ciò che un tempo era definito violazione dei diritti civili e sociali oggi è Legge.Gli artisti delle dipinture del nuovo razzismo e della sclerotizzazione della democrazia repubblicana si appellano anche ai regi decreti degli anni ‘20 e ‘30: quale fonte migliore se non quella fascista potrebbe ispirare questi soloni dell’autoritarismo a buon mercato? Come si potrebbe vietare ad un ragazzo che viene dal Marocco, ma che vive in Italia da un ventennio, di partecipare al concorso per entrare nell’Azientra tramviaria milanese se non rifacendosi alla norma benedetta dalla real casa Savoia per cui – ai tempi di Vittorio Emanuele III – occorreva la cittadinanza italiana come requisito equipollente agli altri per guidare un tram nella capitale del nord?Questo giovane ha vinto, per ora, la sua battaglia: i tribunali di questa Repubblica caoticamente caduta a destra gli hanno dato ragione. Potrà concorrere ad essere un assunto dall’ATM, al pari di un italiano. Del resto, che differenza mai esiste tra un essere umano marocchino e un essere umano italiano? Solo il disonorevole leghista Salvini vede tutte le differenze del mondo e invoca un regime di sanità mentale per i giudici o il loro trasferimento nel paese africano.Finché gente come Salvini potrà dire queste cose indisturbatamente non ci sarà stato alcun cambiamento nella direzione politica e sociale del Paese. Finché resteranno in vigore i divieti che abbiamo citato, uno dei quali introdotto a Bologna da quel grande democratico che è Sergio Cofferati…, ebbene fino a che tutto questo avrà luogo d’essere, la lotta per il ripristino della legalità costituzionale e l’abbattimento di queste norme fasciste e xenofobe sarà tutta ancora da fare, sarà tutta in salita.Evitiamoci solamente le fatiche di Sisifo. Errori ne abbiamo già commessi in abbondanza. Per prima cosa ritroviamoci tutti in un grande momento assembleare, a vari livelli, per capire su quante forze possiamo contare, su chi è possibile fare affidamento, su come strutturare una federazione di forze comuniste e anticapitaliste che reagisca nei territori non con una presenza testimoniale a mezzo di volantini, con una comunicazione unidirezionale. Ma con una interazione vera, concreta, fattuale, che non abbia paura degli insulti e delle critiche, che si metta in gioco completamente e che sappia riconquistare il consenso attraverso l’apertura di contraddizioni a partire dal lavoro e dai suoi drammi quotidiani.Senza questa prospettiva ogni cambiamento è mediocre, è di bassa levatura e, soprattutto, è altamente ininfluente.

  9. Berlusconi: altra settimana, altra ragazzaOra è “Sandra” a raccontare un’altra notte di balli, baci e pose “lesbiche” nella residenza estiva del Presidente del Consiglio.Proprio quando i pettegolezzi e le insinuazioni su Silvio Berlusconi sembravano scemare, in Italia esce un libro in cui un’ex ballerina di nightclub, “Sandra”, racconta di una festa nella residenza estiva del Presidente del Consiglio dove diverse giovani donne si esibiscono in spettacoli “lesbici” il padrone di casa, lo baciano e si buttano in piscina quasi nude.In Papi: Uno scandalo politico, Peter Gomez, Marco Lillo e Marco Travaglio sostengono che nel dicembre 2007 Sandra e altre ragazze hanno ricevuto 1 500€ per partecipare alla festa di Capodanno di Villa Certosa, residenza sarda del Presidente del Consiglio.Sandra sta riposando quando nella stanza entra Berlusconi. “Aveva il volto colorato da una crema che sembrava autoabbronzante che gli tingeva anche le mani, facendole sembrare unte. I tacchi erano alti”.Berlusconi, che in quel momento era leader dell’opposizione – è tornato al potere il maggio successivo – regala a tutte le ragazze un anello d’argento forato con incastonata una grossa pietra d’onice e due braccialetti con una tartarughina. “È il simbolo di Villa Certosa” dice loro.Sandra rivela che le ragazze che si mostrano “più carine” con il premier riceveranno altri gioielli.Nel pomeriggio, Berlusconi tiene una “lezione di politica” di due ore per i suoi ospiti, durante la quale racconta soprattutto barzellette e gioca con un temperamatite osceno: un omino di gomma con i calzoni abbassati che ansima quando il premier fa ruotare una matita. Sandra ricorda che Berlusconi “ha riso come un pazzo”.Durante la cena le ragazze iniziano a far divertire Berlusconi e gli altri due uomini con canzoni e spettacoli. “Alcune ballavano e si strusciavano, altre lo baciavano, altre si spogliavano, altre ancora si buttavano in piscina semi-nude” rivela ancora Sandra.Alcune ragazze si toccano e si spogliano l’un l’altra. “Più che scandalizzata, mi sentivo veramente male” afferma Sandra, che rivela di essere stata pagata solo 1.000€ anziché 1.500€ come promesso, per aver rifiutato le avances di Berlusconi. “Quando ha tentato di allungare le mani, come ha fatto con le altre, l’ho respinto bruscamente. Stavo quasi per fratturargli il polso”.

  10. Mi pais. Un altro regime è possibile…….A questo punto verrebbe da chiedersi se Licio Gelli non sia il più grande veggente della storia del nostro paese.Ponte sullo stretto, Tav, crisi Usa, riforma della giustizia, nucleare, governo.Parla di tutto Berlusconi, spaziando da un argomento all’altro. Il premier è carico, (..) forte del continuo aumento di fiducia nei confronti dell’esecutivo, un consenso che lui stesso definisce «quasiimbarazzante>>.Qualche giorno fa, alludendo ad una strategia di radicale trasformazione del paese, Berlusconi rispondeva così alle domande dei giornalisti.A questo punto verrebbe da chiedersi se Licio Gelli non sia il più grande veggente della storia del nostro paese.Le sue “predizioni” contenute nel “piano di rinascita democratica” lo collocherebbero poco dietro i pastorelli di Fatima a cui si mostrò la Madonna per fare delle confidenze sul destino tragico del pianeta.In fin dei conti si diventa solo ciò che si è.Tuttavia la formazione del regime non sarebbe comprensibile senza considerarlo come l’atto finale di un costante processo di cessione di territorio partecipativo democratico. Senza segnalare l’arretramento e la trasformazione culturale subiti dalla sinistra nel paese negli ultimi anni. Senza consideralo, in definitiva, come il modello di una prassi politica e di un’ideologia assecondata e imitata da chi invece avrebbe dovuto combatterla.La trasformazione autoritaria delle istituzioni è figlia: tanto del revisionismo di destra che ha reinterpretato e neutralizzato senso e significato della cultura democratica sorta dalla resistenza; sia della rimozione dell’appostamento critico nei confronti della realtà maturato negli anni della contestazione del 68; che del revisionismo di sinistra il quale in virtù di una insostenibile idea di un capitalismo dal volto umano, si è votato alla mistica del mercato finendo, in nome di una svolta risultata incomprensibile alla propria base elettorale per consegnare paese ed istituzioni nelle mani di Berlusconi. Il vuoto pneumatico che segna l’egemonia culturale dei vincitori materializza la forma più insignificante ma anche la più subdola capacità di eversione con cui il populismo mediatico si innalza al ruolo d’ideologia statutaria del regime corredata ora, dopo la riforma Gelmini, da tanto di principi educativi e vademecum disciplinare-formativo.E’ il risultato più raffinato che discende dall’ indiscriminato e costante uso dell’informazione come arma di seduzione e formazione di consenso (di pasoliniana memoria) che la simbologia dell’imprenditore che opera al di là del bene e del male, ha conseguito in ogni dove del paese.Qualche anno fa, proprio quando si allargava la forbice della rappresentanza fra mondo della politica e paese reale e si lanciava il progetto di fare piazza pulita dell’antagonismo culminato con la repressione avvenuta in occasione del G8 di Genova, qualcuno si è sforzato di spiegarci come in Italia non si potesse parlare di regime ma tant’è.Come il più semplice dei calcoli aritmetici, si faceva strada ineluttabile, un senso della “cittadinanza” basato sulla decostruzione puntuale delle relazioni democratiche a cui faceva eco un epidemico sentimento di sfiducia nutrito dalla gente nei confronti delle istituzioni.Così si è creato un vuoto. Un vuoto di cui l’indulto ha rappresentato lo psicodramma mimato di fronte al paese da una classe politica alla ricerca della sospensione dello stato di diritto per sé e per quel sottobosco di procacciatori di consenso che capillarmente invadono il paese stravolgendo senso e significato della legalità.In questo senso il lodo Alfano conclude il medesimo processo facendo dell’immunità conseguita dal cavaliere il frutto velenoso contenuto nel progetto di trasformazione delle regole che presiedono alla formazione della rappresentanza democratica parlamentare.Il cosiddetto porcellum, la creazione del duopolio PDL-PD, l’eliminazione delle preferenze nelle modalità d’espressione del voto, l’innalzamento dello sbarramento al 5 e all’ 8% rispettivamente alla camera e al senato, le liste bloccate dalle segreterie di partito, l’appello bipartisan al “voto utile” non sarebbero stati possibili se tutto ciò non fosse stato preventivamente concordato e caparbiamente ricercato.E oggi che assistiamo alla sconfitta “epocale” d’ogni cultura democratica maturata nella luminosità di anni di battaglie civili e politiche combattute in nome e per conto dell’allargamento della costituzione materiale del paese, ci chiediamo : è questo il senso finale del tanto vagheggiato riformismo e della tanto ricercata normalizzazione del paese ?E dopo la riforma della giustizia, in queste condizioni d’emergenza democratica, conosceremo l’inedito volto di un Berlusconi che si ergerà a paladino della questione morale ? Qualcuno imbrigliato nella ragnatela della “riforma delle istituzioni” ordita da Berlusconi ed avvocati, rimarrà con un piede nella tagliola vittima di accordi non rispettati? L’opposizione ha perso e continuerà a perdere quando agli occhi della sua gente finisce per assomigliare troppo al nemico perpetuando quel senso di solitudine, di scoramento che oramai da anni campeggia fra tutti quei cittadini, lavoratori, studenti, precari, disoccupati, immigrati, donne e uomini, insomma fra tutti quei soggetti ed individui che nel corso di questi anni, proprio lì nel basso della società, hanno subito e subiscono un devastante processo di capillare annichilimento dei propri diritti e delle proprie condizioni materiali di vita. Il paese reale assomiglia ora e ogni giorno di più, alla vittima sacrificale offerta all’efficiente macchina di distruzione dei capisaldi del diritto costituzionale dietro cui si nascondono alchimie di alleanze forti che spianano la strada alla paurosa regressione civile, culturale, sociale ed economica della nazione.

  11. La “Valchiria” che doveva uccidere HitlerAdolf Hitler studia le mappe che hanno segnate le direttrici di avanzata dell’Armata Rossa ad est e quelle degli Alleati nel sud d’Italia. Accanto a lui i feldmarescialli del Reich cercano il consiglio migliore da dare al dittatore che inizia ad affannare sotto i colpi dei cannoni russi e dopo il fallimento di quello che doveva essere il suo capolavoro: l’”operazione Barbarossa”, la conquista della Russia sovietica.Il giorno del terzo attentato subito, Hitler si trova nella Prussia orientale a Rastenburg, per fare il punto della situazione sui vari fronti che gli alleati hanno aperto e stanno per aprire contro quella che il fuhrer si ostina a ritenere “la fortezza Europa” dove, secondo lui, gli alleati – dopo lo sbarco in Normandia – “non resteranno per più di nove ore”. Non sarà così, per fortuna. Questa è una di quelle vicende dove forse si può ragionare anche con i “se e ma” che la storia molto spesso non concede come metodo di interpretazione dei fatti accaduti o che potevano essere e non sono stati. Questo è un episodio che certamente avrebbe dato una svolta incredibile alla seconda guerra mondiale se solo il conte Claus Schenk von Stauffenberg e i congiurati non avessero commesso alcuni piccoli ma imperdonabili sbagli.I congiurati sono molti, sono quasi tutti ufficiali dell’esercito tedesco, anche se fra loro non regna una grande armonia ideologica e sono divisi su molte questioni sia di politica nazionale che internazionale. Alcuni derivano da nobili famiglie della Prussia preunitaria del Kaiser, e hanno per motto che un “feldmaresciallo” non tradisce mai se non per via di eventi eccezzionali e tragici che possano mettere in pericolo la Patria tedesca.I congiurati giudicano la politica di Hitler non soltanto folle, con un atteggiamento che sarebbe a dir poco semplicistico nella valutazione, ma soprattutto lesiva del volere del popolo tedesco che “non potrà guardare in faccia più gli altri popoli” continuando ad essere e considerarsi superiore razzisticamente agli altri e sentendosi in diritto di violare i più vecchi e sacri codici d’onore e rispetto tra i popoli dell’Europa. Stauffenberg è uno di questi ufficiali di stirpe prussiana: morirà gridando al plotone d’esecuzione “Viva la nostra Santa Germania”. Dei conservatori indubbiamente, ma non vi è dubbio che questi uomini comprendettero appieno il rischio per la Germania, una volta persa la guerra, di essere totale preda dei vincitori e di essere pesantemente umiliata, anche con una divisione territoriale. Come poi del resto fu. Per evitare tutto questo, i comandanti tedeschi ribelli, che da mesi stavano preparando l’operazione “Valchiria” (nata come un semplice piano di addestramento in caso di rivolte nella capitale contro i lavoratori coatti e ribelli di varia natura), avevano dalla loro una sempre più vasta rete di resistenza al regime di Hitler, alla Gestapo, alle SS e a tutti quei canali di potere dai quali si sprigionava il terrore del fuhrer.Generali, colonnelli e altri alti ufficiali uniti in una nuova difficile prova: uccidere Hitler e liberare la Germania dal giogo tirannico e poter, quindi, intavolare trattative con ali americani e gli inglesi, con i russi e i francesi. E’ l’idea che viene al generale Beck, al generale Fromm, a von Tresckow e Olbricht. Tra loro c’è anche un ex ambasciatore di stanza a Mosca, tale von der Schulenburg. Ci sono anche due alti prelati, uno cattolico e uno protestante: il gesuita padre Delp e il pastore luterano Bonhoeffer. Regista dell’operazione, anche se non certamente l’elemento più carismatico e di spicco, viene ad essere il conte von Stauffenberg: ha 37 anni all’epoca (siamo nel luglio del 1944), è di famiglia cattolica originaria del Baden-Wurttemberg. Un bel ragazzo, atletico e prestante. Ha un viso che affascina tutti: i tratti del suo volto – diranno i testimoni del fatto che stiamo raccontando – non erano solo gentili ma appariva sempre sereno e calmo anche nei momenti di peggior nervosismo.Insomma, Claus von Stauffenberg era tipo da saper tenere i nervi saldi. Forse per questo viene scelto come esecutore del punto principale del piano “Valchiria”: collocare la bomba accanto ad Hitler. Dunque, uccidere il fuhrer. La fase seconda dell’operazione prevede l’occupazione di Berlino e l’instaurazione non di un governo miltiare, come ci si potrebbe aspettare da degli ufficiali, bensì di un governo democratico in cui anche i socialdemocratici avrebbero avuto il loro ruolo. Il capo dello Stato sarebbe divenuto ad interim il generale Beck e il generale Goerdeler avrebbe assunto il ruolo di Cancelliere del Reich.La protezione più alta che i congiurati hanno viene da tre grandi nomi, tre grandi feldmarescialli temuti e riveriti: Rommel (”la volpe del deserto”), Kluge e Witzleben. L’occupazione della capitale implica anche l’ovvio presidio della radio del regime e l’arresto di tutti i capi della Gestapo e delle SS. Eguali ordini vengono diramati a tutti i comandanti congiurati in Francia e nei Paesi Bassi.Stauffenberg parte la mattina del 20 luglio 1944 alle 7,30 del mattino. Sorvola Berlino e si dirige alla “wolfsschanze”, ossia alla “tana del lupo”. Per meglio comprendere alcune difficoltà nell’esecuzione del piano, va detto che il conte prussiano è rimasto ferito sui campi di battaglia e ha l’uso parziale di una sola mano, mentre l’altra è praticamente un moncherino. Una sua parente ricorderà anni dopo che Claus aveva difficoltà notevoli nel maneggiare ogni tipo di strumento. Gli rimaneva persino difficile infilarsi il cappotto.Quella mattina nella Prussia orientale splende un bel sole che filtra anche tra gli alberi di quella fitta foresta dove si trova il quartier generale di Hitler. “Sembrava qualcosa che stesse a mezzo tra un convento e un campo di concentramento”, dirà di quel luogo il generale Jodl a Norimberga. Lo stesso che firmerà la resa incondizionata della Germania nelle mani dei comandanti alleati e dell’esercito sovietico.In questa specie di convento alberato Stauffenberg arriva alle 12,30 e dopo i rituali dell’occasione, va nella baracca di legno e muratura dove si trova la riunione degli stati maggiori con Hitler: Keitel, Jodl, Warlimont, il colonnello Brandt e altri ufficiali superiori delle SS. Ci sono guardie del corpo del fuhrer e un gruppo di stenografi.Quando Stauffenberg entra, Hitler gli rivolge un saluto striminzito, distratto dall’ascolto del rapporto sulla situazione del fronte russo meridionale. Alle tre del pomeriggio attende anche Mussolini che sta arrivando in treno.Sono momenti da cardiopalma: il conte Stauffenberg depone una borsa sotto il tavolo della riunione. Contiene l’esplosivo: una massa di grigio plastico inglese con un detonatore azionato a molla da un acido che corrode il filo di acciaio che lo blocca. Ne ha portato con sè quasi 1 kg, per l’esattezza 890 grammi. Ma non lo colloca tutto, solamente la metà. Qui potremmo inserire un “se”: se la bomba fosse stata preparata con tutto l’esplosivo avrebbe avuto certamente un impatto duplice di quello ottenuto e, nonostante facesse caldo e le finestre fossero aperte e quindi l’impatto della detonazione potesse in qualche modo essere attutito da ciò, di certo non vi sarebbe stato scampo per molti in quella saletta piccola dove il dittatore seguiva i rapporti dei suoi generali.Perchè Stauffenberg non impiegò tutto il materiale plastico resta tuttora un mistero. La borsa ora si trova sotto il tavolo. Qualcosa non va: il generale Brandt trova impaccio in quella borsa. Prima la sposta con un piede e poi la prende e la colloca più lontano da dove si trova Hitler. E’ questione di centimetri, ma questo spostamento salverà la vita al fuhrer. “Devo uscire a fare una telefonata”. Stauffenberg esce e si reca veloce su un auto già disposta che lo porta fuori dalla zona dell’esplosione. Avviene alle 12,42 e uccide quattro ufficiali. Uno di questi è il generale Brandt. Ma Hitler, protetto da una parte del tavolo molto spesso, si salva. Ha solo qualche contusione e graffio, ma non riporta alcuna ferita. Gli fa male il braccio destro, parzialmente paralizzato, ma è un trauma momentaneo.Stauffenberg è certo di aver visto Hitler morto, ma alle sei di sera, quando rientra a Berlino scopre che nessuno ancora ha dato la notizia dell’attentato. Non solo questo impedisce una rapida attuazione del piano “Valchiria”, ma la radio del regime diffonde la notizia che il fuhrer è stato oggetto sì di un attentato, ma che è vivo e vegeto e che sta bene. I congiurati danno l’ordine di occupare Berlino: si comincia dai ministeri. Il maresciallo Otto Remer viene incaricato di ciò. Va da Goebbels che, per tutta risposta e per nulla intimorito lo mette a colloquio telefonico con Hitler medesimo: “Lei riconosce la mia voce maggiore?”. Dice Hitler a Remer. Questi risponde affermativamente. “La nomino colonnello e le ordinodi reprimere questa rivolta con la più spietata energia”.Il battaglione fa dunque dietrofront e va contro i congiurati questa volta. La “Valchiria” crolla in poche ore: il generale Beck si suicida. Appena saputo che Hitler è ancora vivo, il generale Romm cambia immediatamente campo e fa arrestare i congiurati rimasti. Vengono condotti nel cortile: ci sono il conte Claus von Stauffenberg, Olbricht e altri ufficiali.Il plotone d’esecuzione ha la scena illuminata dai Claus von Stauffenberg e Adolf Hitlerfari dei camion che si sono messi davanti ai condannati a morte: una, due, tre scariche di fucili e cadono a terra.Ma neppure l’ipocrita Romm scamperà dalla furia di Hitler: la repressione successiva del tentato colpo di stato viene repressa nel sangue più crudo nelle settimane successive e non lo risparmierà.Fare un’analisi storica dell’attentato a Hitler è cosa che ci occuperebbe per il doppio, il triplo e forse più delle righe che sino a qui abbiamo scritto. Di sicuro possiamo dire ciò su cui tutti gli storici concordano, ossia che ai congiurati mancò una ribellione di massa del popolo tedesco e che essi forse non compresero che Hitler veniva ancora individuato come l’unico capace, a torto o a ragione, di condurre la Germania verso se non la vittoria, almeno verso una soluzione onorevole della contesa mondiale. Ma l’attentato dimostra la stortura di un brutto pregiudizio che molto spesso regna tra le pagine e i capitoli delle vicende naziste: non è vero che tutti i tedeschi erano favorevoli alla guerra di Hitler. C’era un serpeggiante malumore prigioniero del terrore instaurato dal potere del fuhrer che aveva saputo creare una possente macchina bellica e trascinare fuori dai cuori delle persone i sentimenti legati all’uguaglianza delle genti, istigando la popolazione, attraverso il corispettivo sonante della risoluzione dei problemi sociali dei più deboli, ad avere piena fiducia in lui, l’unico indispensabile capo della Nazione ariana e germanica.Se l’attentato fosse risciuto? Possiamo dire che forse la Germania avrebbe potuto evitare ad esempio il rogo di Dresda e gli ulteriori bombardamenti su Berlino che la resero un campo aperto di macerie. Possiamo di certo affermare che gli alleati l’avrebbero punita con mutilazioni territoriali, magari riportandola ai confini antecedenti l’invasione della Polonia, ma che non avrebbe subìto la divisione in due settori, in due stati. La linea di confine della DDR con la Repubblica Democratica Tedesca era esattamente quella raggiunta dagli eserciti alleati e dall’Armata Rossa. Al momento dell’attentato, infatti, la Germania non era ancora stata occupata dalle truppe alleate e sovietiche che stavano solamente portando indietro una linea di fronte precedentemente fatta avanzare da Hitler.Questi sono forse gli unici “se” che possiamo dire. Del resto non possiamo certo sapere: che sarebbe accaduto ad esempio ai campi di concentramento? E alla guerra con l’URSS? I congiurati, infatti, erano disposti solamente a trattare con americani e inglesi, non con i sovietici.Quando parlerà alla nazione la sera stessa dell’attentato, Hitler dirà: “Nell’essere scampato io vedo un segno del dovere che m’incombe di continuare la mia opera”. Quel “mein kumpf” giovanile che cambiò la vita della Germania e del mondo e ne fece un unico immenso cimitero.

  12. Sicilia, comune in bolletta gioca al Superenalottodi RedazionePalermo – Menomale che c’è la Dea Bendata. Per rimpinguare le casse comunali il sindaco e i quattro assessori della Giunta hanno deliberato di… giocare al Superenalotto. Succede a Ficarra, in provincia di Messina dove il sindaco del Pd, Basilio Ridolfo,e i suoi assessori, Carmelo Mangano, Antonino Indaimo, Marcello Fallo e Angela Messina hanno deciso di impiegare parte della loro esigua indennità, 115 euro, per tentare la fortuna.Se le cose dovessero andare bene… In caso di vittoria metà della somma sarà utilizzata per realizzare progetti già in fase di ideazione e il resto verrà distribuito equamente tra i cittadini che risultano residenti a Ficarra fino al 30 giugno.

  13. A proposito di Ufo e testimonianze: “Se le testimonianze sulle statuine di gesso che piangono sangue sono a migliaia, significa che realmente il gesso piange sangue?”Caro direttore, scena spassosa venerdì sera ad “Enigma” su Raitre. Margherita Hack, in collegamento con lo studio, escludeva la possibilità che esseri abitanti altri pianeti possano di tanto in tanto farci visita; l’astronomo presente faceva notare a Roberto Pinotti, presidente del Centro ufologico nazionale, nonché autore di una trentina di libri sull’argomento, che non esistono prove scientifiche a riguardo, e lo rimarcava lo stesso conduttore Corrado Augias, il quale sorridendo diceva all’ufologo: «Lei, dott. Pinotti, è in minoranza». E lui, senza scomporsi: «Neppure per sogno. La nostra cultura si basa sulla testimonianza, e le testimonianze sugli Ufo sono a migliaia». Così, se un tempo le testimonianze sull’esistenza delle streghe erano a migliaia, significa che le streghe esistevano realmente. Se le testimonianze sulle statuine di gesso che piangono sangue sono a migliaia, significa che realmente il gesso piange sangue. E chi potrà negare l’esistenza dei fantasmi? Bisognerà creare il Cfn, Centro fantasmologico nazionale.

  14. OPERATO BERLUSCONI!!! N’HANNO LEVATO LA TOPA DALLA TESTA Ma dé, ni cianno messo un culo!Ir su’ grido di dolore Veronica ‘un l’ha lanciato ‘nvano.- Ir mi’ marito è malato! – seguitava a lamentassi, onni vorta che lo vedeva con quarche bellafia giovanina su’ ginocchi, o sennò quando lui portava le ‘ollanine di brillanti alla Noemi, o sennò lo ‘ntoppava a guardà quarche calendario della Carfagna mezzagnuda. – È malato, – seguitava a di’ tutta disperata – cià quarcosa nella testa!E ce l’aveva, ‘un dubità! N’hanno fatto le lastre ar cervello, c’era un po’ di tutto!La camicia nera, i discorzi der duce, quarche manganello, ‘r programma della Piddue, televisioni e giornali tutti sua, milliardi a palate, un parlamento tutto fatto delle su’ veline e de’ su’ maggiordomi, i tribunali chiusi col lucchetto. e su tutto una topa esagerata!Che i dottori si sono spaventati, quando l’hanno vista! Due o tre chili boni, sarà stata! ‘Na popò di potta che n’andava da ‘na tempia all’artra, a Sirvio! E co’ peli e tutto, poi! Certi ciuffi, ni sortivano perfino dall’orecchi! Ni toccava faccisi addirittura ‘r riportino sulla parrucca, per sembrà più naturale!Derresto bastava annusanni la testa, in certi giorni! Certe tanfate di baccalà. Tanto sono pulitine, queste ragazzine! A vedelle paiano chicchini, ma perdisotto a vorte cianno certe creme. E anche le veline, a forza di ballà. Come derresto anche tante bellefìe der parlamento, con tutto quer che sudano a lavorà. oddìo, a lavorà. a dassi da fa’, via!Dice dé, ma quant’erano allora quelle tope nella testa?!No, era una sola, ma come simbolo di tutte! Tutte quelle che Sirvio cià perappunto ner cervello, anzi ce l’aveva! Perché poi l’hanno operato, seddiovole! Capirai, oramai ne parlava tutto ‘r mondo, di quella topa nella testa ar capo der governo dell’Italia! E tutti a portassi la bocca all’orecchi, tutti a di’ ma allora è vero che ‘n Italia ‘un c’è sortanto mafia e Vatiano! E tutti ‘ giornali stranieri a scrive’ di Berlusconi fissato d’avecci l’uccello sempre duro, speciarmente dopo la faccenda di quella Noemi che ‘un si sa se sii la su’ figliola o un’artra su’ amichetta! Artro che la grisi econòmia e ‘ licenziamenti ‘n massa! Berlusconi e le su’ ganze, erano ‘r probrema! Anche perché la povera Veronica alla fine ha detto basta, chiedo ‘r divorzio e mi tengo i figlioli e quarche villa, ortre a un fottìo di milliardi che quelli però ‘un sono tutto nella vita, c’è anche la dignità di tutte le donne di mezzo, speciarmente quelle che di questi tempi perdano ‘l lavoro e ci voleva finarmente quarcuna che rappresentasse tutta la su’ disperazzione!Sicché anche l’Onu ha detto basta, questa storia oramai è peggio perfino de’ crandestini affriani rimandati addietro dalla Lega! E pare ciabbi messo bocca anche Obama, a convince’ Sirvio a cambià registro! Che ar capo ameriano un po’ ni gira digià i coglioni pervìa di tutte quelle torture d’Abugràibbe che era meglio se a giro ‘un si risapeva, un po’ ni tocca seguità a vedé marzagrà l’affeganistani da’ bombardamenti ameriani paripari come sotto Busce, ni ci mancava anche la topa di Berlusconi, ora, a fallo doventà più nero!Eppoi ‘un ti dìo artro, pare ciabbi messo lingua addirittura ‘r Papa! No sulla topa, diocisarvi! Lui l’ha presa alla larga, n’ha detto karo Pelluskoni tu tofere fare okkio a peli, kuelli fanno ti traferzo!Di modo e maniera che alla fine Sirvio s’è convinto, e s’è fatto operà! Via la topa, e ar su’ posto ni cianno messo un culo!Dice boia, un culo?! E ora?!E ora bisognerà sta’ dimorto attenti! Come difatti quella topa ner cervello era ‘r simbolo di tutte le fie che Berlusconi s’era fissato di volelle trombà, vedrai ora quer culo rappresenta tutti i culi dell’italiani che Berlusconi s’è fissato di volecceli fa’! I soliti culi der popolo acchinato, beninteso, mapperò c’è chi ‘un si fida nemmen di questo, fra chi a Sirvio ni deve sta’ vicino! E per ‘un sapé né lègge’ e né scrive’, perintanto Bondi s’è messo subito a caminà rasente ar muro, Cicchitto e Gasparri si son messi le mutande di bandone, Bonaiuti ha smesso di fa’ sempre quella faccia soddisfatta, Bocchino ha chiuso la bocca e Capezzone camina tutto serio a gambestrinte! L’onorevole Ghedini ‘nvece no, lui fa l’avvoato e ha detto che se Sirvio niel’appoggia sur baugigi, lui lo querela di volata!Ma più di tutti c’è la Lega, ne’ penzieri! Che se a Sirvio ‘r culo ni dovesse’ fa’ perdavvero l’effetto della topa, dimmi te come farebbe ‘r povero Maroni a fa’ poi la faccia feroce co’ marrocchini, e come farebbe a lamentassi quer disgrazziato di Bossi! Che lui un po’ è già parecchio anziano, un po’ ‘un ni riesce parlà nemmeno tanto bene, te lo ‘mmagini quanto ci penerebbe a dové’ dire òi?!Mario

  15. PREDICA BENE E RAZZOLA MOLTO MALE: “Noi diciamo no a caricature dei matrimoni”. (Silvio Berlusconi, 12 maggio 2007).”Lui (Silvio Berlusconi, ndr) ha detto che ha una sua amica e vuole farmi leccare da una sua amica. Ti giuro, così mi ha detto. Molto affettuoso”.(Patrizia D’Addario, prostituta, a Giampaolo Tarantini, telefonata registrata il 5 novembre 2008).”Berlusconi non razzola secondo quel che predica, d’accordo, ma in realtà ha predicato pochissimo i grandi valori”.(Giuliano Ferrara, Il Foglio, 21 luglio 2009).”C’è un attacco dell’Unione alla Chiesa e alla famiglia. I cattolici di sinistra vivono una contraddizione insuperabile: non si può essere al tempo stesso cattolici – e quindi riguardosi della dottrina della Chiesa – e allearsi con chi è frontalmente dall’altra parte. Noi diciamo no a caricature dei matrimoni”. (Silvio Berlusconi, 12 maggio 2007).

  16. Ricorderemo a lungo questo agosto, quarant’anni dopo l’autunno caldo…………….., per la sorprendente vittoria dell’Innse. Di che ci parla questa vittoria?Del fatto – si dice – che la partita non è chiusa né persa in partenza. Ci torneremo. Ma in primo luogo questa lotta parla della soggettività operaia. Questi operai sanno chi sono: produttori in possesso di un sapere, quindi di un potere; creatori di una ricchezza che qui e ora ha la forma storica – imposta dal capitale e dal suo Stato, contingente – del valore. I soli creatori, essendo il lavoro (vivo e oggettivato) l’unica fonte di ricchezza reale: tutto il lavoro: quello di operai, tecnici e ingegneri nell’industria; quello di ogni altra figura nelle diverse articolazioni della divisione sociale e sessuale del lavoro (anch’essa imposta e contingente). In questa prospettiva risalta la violenza della proprietà capitalistica e del dominio esercitato dal capitale e dal suo Stato.La consapevolezza di tale stato di cose – non solo la necessità di difendere a ogni costo lavoro e reddito – è stata il motore della lotta dell’Innse, la base della forza e dell’intransigenza, quindi della vittoria. E questa consapevolezza è cuore e sostanza della soggettività. All’insegna della quale ha avuto corso la partecipazione decisiva di un’organizzazione sindacale (la Fiom) che nella ricostruzione e nella manifestazione autonoma della soggettività operaia pone la sua stessa ragion d’essere. Per ciò questa lotta ci ha riportato al ’69 e alle inaudite, sacrileghe domande formulate allora: come e che cosa, perché e per chi produrre? Si capisce l’allarme dei guardiani dello stato presente. Trent’anni di inverno (a far data dalla “rivoluzione” reaganiana) hanno desertificato e molto distrutto. Ma non hanno estirpato il seme del conflitto insanabile, che insorge quando meno lo aspetti. Alla vigilia di un nuovo autunno, che la crisi annuncia drammatico.C’è tuttavia un rischio che va messo a tema. Si è detto e scritto che l’Innse è la punta di un iceberg. Non solo per ricordare le migliaia di imprese minacciate, le centinaia di migliaia di posti di lavoro in pericolo, che di per sé il salvataggio dell’Innse purtroppo non protegge. Lo si è detto e scritto anche per affermare che, come all’Innse si è lottato e vinto, lottare e vincere si può anche altrove! Che, come si è riusciti a sventare il piano furfantesco di un padrone-predone all’Innse, lo stesso si può anche in altre aziende, impedendo che vadano in porto gli intenti speculativi di altri cialtroni! È vero? O è solo propaganda? La lotta dell’Innse può essere generalizzata? O si agitano gratuitamente (irresponsabilmente) attese fideistiche, come se emulare il gesto salvifico dei gruisti scalando una torre di lavorazione del cemento o il Colosseo bastasse a propiziare la vittoria?La scena sin qui descritta vede solo due attori: il lavoro e il capitale (senza distinguere tra le sue ben diverse anime: i mascalzoni speculatori e gli imprenditori che rischiano e investono sul futuro della produzione). Un terzo elemento deve essere ora chiamato in causa se vogliamo rispondere seriamente a queste domande. E se vogliamo capire che cosa è davvero successo in questa vicenda (il quadro generale in cui si è svolta) e che cosa accadrà nei prossimi mesi: se si metteranno a valore le sue potenzialità o la si lascerà invece rifulgere in uno splendido isolamento.Certo, la lotta all’Innse è nata dalla volontà consapevole dei suoi operai. Il protagonismo, la spontaneità e l’autonomia operaia restano fattori indispensabili del conflitto di classe. Ma questi fattori non si sono manifestati all’Innse per la prima volta. Non è vero che il conflitto operaio sia venuto meno in questo lungo inverno neoliberista, benché raramente abbia vinto e ancor più raramente lo si sia visto o voluto vedere, soverchiato com’era dalle forze avversarie, non sorretto da forze amiche e silenziato da un’informazione complice e servile. Poiché occorreva – occorre – concludere sin da subito che «non c’è nulla da fare», che «la partita è persa in partenza».Quello che è mancato alle lotte del lavoro dagli anni Ottanta in poi è stato il concorso, altrettanto necessario, della politica e del sindacato. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti. Non soltanto la solitudine del lavoro e la sua devastata condizione. Anche le macerie dell’apparato industriale del Paese; la perdita di credito del sindacato; la frammentazione e la drammatica inefficacia della sinistra; la stessa fragilità della democrazia e della Costituzione antifascista. Ora è il momento di por fine a questa lunga storia di capitolazione. Di compromissioni e cedimenti. Di ricorrenti illusioni (qualcuno ricorda l’Ulivo mondiale ai tempi di Clinton, risorto ai nostri giorni con la trasfigurazione di Obama?). Di «intelligenza col nemico».Sia chiaro: non ci attendiamo l’inverosimile riscatto di tutto il ceto politico e sindacale che ne reca la responsabilità. Le dichiarazioni dell’on. Fassino a sostegno, proprio in questi giorni, della linea cislina e confindustriale di distruzione del contratto nazionale sono chiare a sufficienza. Per tacere delle pervicaci prediche del sen. Ichino, agli occhi del quale il lavoro è pura merce e deve obbedire senza tante pretese ai dettami del mercato capitalistico, vettore di progresso e di modernità. Sappiamo dunque che – se vi sono – le forze disposte a imparare dai propri errori dovranno aprire un aspro confronto in primo luogo tra le proprie file. A cominciare dalla Cgil, che deve ritrovare il coraggio del conflitto nel solco tracciato dalla Fiom, non già limitarsi, in caso di successo, ad un gratuito plauso post factum. E dai settori meno arretrati dello stesso Pd, chiamati finalmente a un serio bilancio delle scelte compiute nei trent’anni della guerra neoliberista contro il lavoro dipendente. Ma se questo coraggio non mancherà, la speranza di voltare pagina dopo questo lungo inverno potrà non esser vana. E le vittorie operaie non limitarsi a sporadici episodi, a «miracoli» di «eroi». Altrimenti?Altrimenti difficilmente questa speranza, rinata dinanzi al carro-ponte dell’Innse, sopravvivrà a lungo. Ma allora le espressioni di solidarietà e di giubilo per la vittoria di Lambrate si rivelerebbero fatui esercizi retorici da parte di un ceto politico e sindacale ignaro delle proprie responsabilità. Una rara, inaspettata occasione per risalire la china andrebbe sprecata. E sarebbe poi ancora più difficile contrastare le forze – il padronato e la destra – che in questi anni si sono giovate dell’inconsistenza dell’avversario.

  17. Braccialetti elettronici 6milioni di euro buttatiIl ministero dell’Interno paga sei milioni di euro l’anno per il noleggio di braccialetti elettronici, che restano chiusi in una stanza. La denuncia arriva da Donato Capece, segretario del Sappe (sindacato autonomo polizia penitenziaria). «Lo Stato paga sei milioni di euro l’anno, anche quest’anno, per il nolo dei braccialetti elettronici per i detenuti che non vengono utilizzati. Sono tenuti in una stanza blindata al Viminale. Purtroppo il contratto firmato con la Telecom nel 2001 obbliga lo stato a pagare e non solo, c’è anche una clausola che obbliga a non poter usare altre apparecchiature fino al 2011», spiega Capece.«A settembre il consiglio dei ministri discuterà del piano Ionta per le carceri. Ma le risorse richieste non ci sono. Il piano prevede la costruzione di 15 nuovi istituti e il reperimento di 7mila nuovi posti attraverso la costruzione di nuovi padiglioni. Ci sono solo 200 milioni di euro messi a disposizione dal ministero delle Infrastrutture. Bisogna avere il coraggio di trovare misure alternative e pensare a carceri più a misura d’uomo. In carcere devono stare i detenuti con reati socialmente pericolosi o gravi, per tutti gli altri bisogna pensare ad altre soluzioni. Altrimenti il sistema carcerario, che per fine anno potrebbe vedere oltre 70mila reclusi, è destinato ad esplodere».

  18. E pensare che gridavano: Al LADRO! Al LADRO!…. Al Leghista non far sapere quant’è buono il LATTE con le “pere”, e se le mangia col percorino, a Roma diventa un MALANDRINO!Mai più con Roma Ladrona!Crollerà Roma Ladrona!Ecco alcune delle tante porcherie che la Lega non fa sapere.1)Scivolone da parte della moglie di un rappresentante dei “duri e puri” della Lega Nord. Non ci aspettavamo che cadesse così miseramente in basso. Ma si vede che tutto il mondo è paese e, almeno per la Lega Nord, ora Roma non è più unica fra i “Ladroni”. Questa condanna, non aumenta comunque il numero dei condannati presenti in parlamento, visto che la signora in questione non è a Montecitorio. Dopo questa condanna, però, chissà che non decida anche lei di fare il “grande passo” candidandosi alle prossime europee….ora che anche lei è diventata “qualcuno”….Aveva ottenuto 400mila euro dal pirellone per una societa’ di equitazioneCondannata per truffa alla regione Lombardia la moglie di Giorgetti2) Arrestata a Lugano la segretaria parlamentare della Lega trasportava 8 kg di cocaina .3)Medici leghisti tra i killer della Clinica Santa Rita Uno dei principali accusati :Brega Massone, era sponsorizzato dalla Lega Nord4) Otto mesi di condanna, con la sospensione condizionale della pena: Liviana Scattolon, sindaco di Villorba, è tra i 56 condannati nel maxi-processo di Saluzzo per una truffa sulle quote latte ai danni dello Stato e dell’Unione Europea. La Scattolon è stata condannata per «illecita gestione»: all’epoca dei fatti contestati era presidente del collegio sindacale della «Finanziaria Robusti», società, ora in liquidazione, che faceva capo all’ex europarlamentare della Lega Giovanni Robusti

  19. Per quanto voi vi crediate assolti siete per sempre coinvolti. Un solo uomo, per salvarsi dal carcere a causa delle tante porcherie commesse, ha distrutto un intero paese inquinandone la mente di metà della popolazione e influenzandone negativamente l’altra metà. Chi lo ha votato e lo continua a votare è come colui che fa il palo durante una rapina in banca. Complice e rapinatore hanno la stessa colpa. In Europa non si parla d’altro, in Italia si dorme. E chi dorme è anche e soprattutto responsabile di tutto questo!

  20. questo gruppo che fa vomitare sta su facebook “ADOTTA ANCHE TE UNO SCHIAVO EXTRACOMUNITARIO DA PICCHIARE OGNI GIORNO” ………segnalatelo!!!!!!!!!CHI NON VORREBBE AVERE UNO SCHIAVO EXTRACOMUNITARIO DA USARE COME CAPRIO ESPRIATORIO PER TUTTI I SUOI CONNAZIONALI FIGLI DI PUTTANA ASSASSINI STUPRATORI….MERDE DOVETE MORIRE!!!!questo è il linkhttp://www.facebook.com/home.php#/group.php?gid=201973915172&ref=nf

  21. Sono disperato, meglio: incaxxato Ho 31 anni, sono laureato, sposato e disoccupato. Mia moglie ha un lavoro, ma un mutuo da pagare. Un progetto per avere un figlio è da rimandare perché la precarietà ha raggiunto livelli inauditi… Scrivo per dire cosa? Che sono disperato, vivo al buio della camera da letto mandando curriculum in internet contorniato da un’atmosfera surreale di spot telematici e offerte di impieghi semifasulli; credo che potrei trovare una soluzione molto semplice però, e cioè togliere la laurea dal mio curriculum per trovare un posto nel settore delle pulizie… Sono incazzato nero e fra poco mi troverete fra gli squilibrati. Organizzerò dunque presto uno “squilibrati pride”… io con mia moglie, giovane coppia in cerca di serenità.

  22. In Italia c’è sempre più gente disperata per vari motivi. La causa però è una sola: di avere dei politici che ci governano (mi riferisco all’attuale ed ai precedenti governi) incapaci…E’ giunta l’ora di scendere tutti in piazza per occupare le varie sedi di governo e dire a questi “signori” che devono andare a casa.

  23. ciao sergio,comprendo pienamente il tuo stato d’animo in quanto anche io sposato come te ho passato in parte una situazione analoga alla tua, e credimi che tu a differenza mia hai molte più possibilità di avere un posto di lavoro compiacente in quanto tu sei laureato ma purtroppo come tu ben sai e constati tutti i giorni anche in rete con le vie legali che le domande offerta di lavoro caso strano i posti “meglio” sono quasi introvabili o trovabili con belle raccomandazioni…politiche,religiose.di simpatie o di famiglia in pratica cosa loro caro amico mio e quindi io ti consiglio di…purtroppo scordarti di aver una laurea in tasca pur essedone consapevole che ti auguro di poter concretizzare tutti gli studi fatti …inizia dal basso anche un posto da cameriere può a mio avviso tornarti utile.ciao mauro

  24. a quando toglieremo i 600 deputati che crescono ? spero che sino a che campo ho 76 anni….questo e’ il male italiano ,,,,,,+ tutta la bamda del vaticano—–

Post Navigation