FRANCAVILLA FONTANA Casadelpopolo (BR) Organo di contro-informazione

Vittime? Ma chi?

Quella del 9 maggio deve essere, evidentemente, una data importante per i francavillesi.

I più giovani, forse, non ricordano; ma  i più anziani, legati ai saldi valori della patria e della famiglia, non possono non ricordare.

            Il 9 maggio, oltre all’anniversario della morte di uomini come Peppino Impastato o Aldo Moro, tocca ricordare l’anniversario della morte dei fratelli Francesco e Salvatore Chionna, e, proprio per venire in aiuto agli smemorati, puntualmente ogni anno vengono affissi manifesti alla memoria e viene celebrata una messa in suffragio dei fratelli-martiri.

            Avrò avuto forse 10 anni quando qualche parente anziano mi raccontò l’episodio. Nella memoria collettiva i fatti stanno più o meno così: la sera dell’8 maggio un gruppo di comunisti si reca presso l’abitazione dei Chionna, sita in via San Biagio, minaccia i fratelli e appicca il fuoco all’abitazione; i due, soffocati dal fumo, sono costretti ad uscire e il gruppo di facinorosi non dà loro il tempo di uscire dalla loro casa che subito li trascina fino all’adiacente piazza dove vengono bruciati vivi e una donna urina sui cadaveri, o, per riportare un passo della cronaca, “dal gruppo si stacca una megera, tale dal volto inconfondibile, che allarga le gambe sul mucchio carneo semicarbonizzato per depositarvi il fiele del suo odio di sterile che mai conobbe amore, distillato in torbida orina.”

            Ora, a me questa storia ha sempre provocato un po’ di ribrezzo. Pensavo: “Ma è possibile che possa essere accaduto in questi termini? Sì, siamo nel ’45, c’è il rischio della guerra civile, ci sono le ritorsioni dei partigiani contro gli squadristi e contro chi, in generale, aveva appoggiato il fascismo” ma tutto ciò, visto in un’ottica di instabilità politica e della guerra civile, lo giustifico; e questa storia dei Chionna non sono mai riuscito a spiegarmi.

            Questo stato di incertezza nei confronti di questi fatti è scomparso nel momento in cui ho letto alcuni documenti, articoli di cronaca risalenti a quel periodo e che trattano proprio questa vicenda.

            Oltre ad alcuni articoli miopi su vari giornali locali riguardo i fatti, sul settimanale la “Provincia di Lecce” del 3 giugno 1945 c’è un intervento di Cesare Teofilato intitolato “Contro le speculazioni politiche; Precisazione dei fatti di Francavilla Fontana”.

            Aver letto questo articolo è stato molto importante per me, diciamo che ho iniziato a capirci qualcosa.

            Innanzitutto c’è da dire che i primi segni della tensione risalgono al marzo 1945, precisamente al 26 marzo, data in cui il ministro Arangio Ruiz visita Francavilla. Questa è l’occasione dei primi tafferugli sfociati nella bastonatura di due giovani del Movimento Giovanile Comunista. Questi fatti scatenano la protesta energica delle sinistre contro il “tentativo di risorgere della reazione”. Un gruppo di dimostranti si dirige in via San Biagio, presso l’abitazione dello squadrista Francesco Chionna, responsabile dei fatti accaduti nella mattina. Quest’ultimo, aiutato dal fratello, non esita ad aprire il fuoco ferendo quattro dimostranti.

            Arrestato e, in seguito, assolto per legittima difesa, Francesco Chionna ritorna indisturbato a Francavilla. Allo stesso modo, altri squadristi, arrestati in quell’occasione, fanno tutti ritorno con aria spavalda e di sfida, quell’aria di impunità che permette di compiere qualsiasi delitto.

            Dai fatti del 26 marzo a quelli dell’8 e 9 maggio trascorre circa un mese e mezzo, forse il mese più importante per l’Italia, quello dell’aprile 1945 che segna la fine della guerra e la definitiva sconfitta del regime nazi-fascista (non del nazi-fascismo in sé, ahimè).

            In tutta Italia si festeggia con cortei e manifestazioni; anche a Francavilla si festeggia. Nel tardo pomeriggio dell’8 maggio un corteo sfila per le strade del paese. La dimostrazione procede con ordine; senonchè, attraversando via San Biagio, i dimostranti si accorgono che i fratelli Chionna sono sotto l’uscio della loro abitazione e assumono una posa beffarda e di sfida.

            Nonostante la provocazione, il corteo continua. In seguito, un gruppo di giovani, si reca all’abitazione dello squadrista chiedendo spiegazioni del suo atteggiamento provocatorio. Per tutta risposta sono accolti a colpi di pistola. Due di essi vengono gravemente feriti: Carrieri Cosimo e Pesce Cosimo. Il primo muore in ospedale, il secondo viene trascinato dai fratelli Chionna dentro l’abitazione. Tutto questo accade verso le 22.

            La popolazione, un po’ per indignazione, un po’ per curiosità, accorre in massa. Si recano sul posto i Carabinieri accompagnati da un gruppo dell’Arma benemerita per tentare la resa dei due squadristi e per sedare la folla che vorrebbe fare giustizia sommaria degli squadristi. Alla richiesta del ferito, ancora all’interno dell’abitazione, Francesco Chionna risponde che il ferito è morto e che avrebbe sparato a chiunque si fosse avvicinato.

            La mattina seguente la folla, sempre più assetata di giustizia per i due giovani uccisi, decide di appiccare il fuoco alla casa per costringere i Chionna a uscire. Per prima esce la madre degli squadristi, secondo ad uscire è Francesco che viene finito a colpi di pistola, ultimo è Salvatore, fratello di Francesco, che è ucciso a colpi di bastone. L’ira degli astanti è così forte che i cadaveri dei due fratelli vengono trascinati in Piazza e dati alle fiamme.

            Ora, la crudeltà dei fatti è evidente. Però c’è una differenza tra la versione tramandata dai nostri nonni e questa ricostruzione: dai fatti narrati a voce si rischia di trarre un giudizio distorto sui fatti. Dire che i fratelli Chionna sono stati arsi vivi senza motivo, per il solo gusto sadico di commettere violenze è antistorico.

Bisogna fare i conti con una situazione di estrema difficoltà: l’Italia non era più un Paese libero da circa vent’anni, la popolazione era allo stremo, automaticamente la reazione contro i sostenitori del fascismo, colpevole di aver portato l’Italia in guerra e aver ridotto ulteriormente la ricchezze del Paese, diventa violenta. Ma la violenza contro il fascismo è motivata dalla reazione alle efferatezze, ai saccheggi, alle uccisioni compiute dalle varie milizie militari e paramilitari sulla popolazione inerme.

L’enorme differenza tra la realtà dei fatti e ciò che di essa si sa e viene tramandato non è casuale. E’ il frutto della disinformazione, di quella disinformazione necessaria per il controllo delle masse. E questa disinformazione è il risultato di quel processo, ormai in atto da anni, di revisionismo storico, di raccontare mezze verità, di paragonare i partigiani ai repubblichini di Salò, quel processo pericoloso che rischia di far dimenticare le radici antifasciste della nostra Repubblica.

In questo momento più che mai è necessario resistere a queste manovre di lavaggio del cervello; allora propongo una contro-memoria: ai compagni Cosimo Carriere e Cosimo Pesce, morti per mano fascista. E con loro a tutte le vittime di quell’odio nero che non smette ancora di picchiare e di ammazzare.

In memoria anche di Nicola, ammazzato a Verona da balordi neofascisti privi di una dignità.

 

Enrico Saponaro

Vittime? Ma chi?ultima modifica: 2008-05-06T20:42:26+02:00da
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