CHI È CHE ALZA LA TENSIONE?-

Foto

#19O, CHI È CHE ALZA LA TENSIONE?-POPOFF.GLOBALIST.IT 

 

Fra poche ore il corteo dei movimenti in un contesto di criminalizzazione stabilito dai grandi media e dalla voglia di vendetta di alcuni settori delle polizie [Checchino Antonini,

 
 

di Checchino Antonini, da Liberazione

popoff.globalist.it |Ciao, come stai? Bene, e tu? Ma ci sarai anche domani? Solo in caso di scontri, risponde i collega della Raitivvù. La questione sociale o fa pietà o fa paura. Fa notizia solo se si sente il fumo aspro dei gas, il rumore delle lamiere schiacciate, se si vede il rosso delle teste spaccate dai manganelli. Le ragioni di chi manifesta non bucano lo schermo.

Anche stavolta «Martellante è stato il bombardamento: “gli spaccavetrine scendono a Roma”, “i Notav -entità che ha sostituito nell’immaginario la fantomatica figura del black block – assedieranno la città”». Un cronista che s’è costruito una reputazione scrivendo di Ustica va scrivendo sul sito più mainstream di tutti il dettato delle sue fonti nei servizi: scrive di probabili assalti ai bancomat, agli esercizi commerciali, di carrelli dei supermercati da usare come arieti per rompere i blocchi delle forze di polizia, macchine idropulitrici per spruzzare di vernice le visiere dei caschi degli agenti e bombe carta di varia potenza in arrivo da Napoli, oltre a tutti gli strumenti di offesa e difesa che sono stati già sperimentati sul campo: caschi, maschere antigas, spranghe. «La macchina della paura è partita in pompamagna. E con essa anche la macchina della repressione, oggi infatti a Roma il clima si è scaldato, ma certo non a causa di black block o presunti terroristi!», scrivono i movimenti che hanno lanciato la giornata del 19 ottobre.

La mattina è iniziata con la notizia del fermo preventivo di cinque francesi che ieri notte, dopo esser stati identificati in centro, sono stati portati nel commissariato di Trevi – Campo Marzio e da lì trasportati all’ufficio immigrazione da dove verranno direttamente rimpatriati senza che venga imputato loro alcun reato.

«Nelle ore successive – prosegue la nota dei movimenti – è stato fermato un militante romano, gli è stato perquisito il furgone che utilizza per lavoro all’interno del quale è stato scritto che ci fosse un pericoloso arsenale. Sappiamo bene che non è così, sappiamo anche che ciò che è stato rinvenuto è un oggetto utile all’auto-tutela di chi lavora di notte in condizioni non certo sicure. Queste, tuttavia, sono storie dell’ordinario sfruttamento e delle pessime condizioni di lavoro che viviamo tutti i giorni e che di certo non interessano a chi dalla giornata di oggi voleva solo ricavare un mostro da sbattere in prima pagina. Ebbene abbiamo anche il nostro furgoncino carico di mazze, proprio come nei migliori copioni».

E veniamo alle cariche del Pigneto dopo le quali molti cittadini testimoni non sanno più se devono temere per via dei black bloc o per la violenza di uomini mascherati e armati, violentissimi e arroganti, pagati con i soldi dei contribuenti. Un gruppo di attivisti ha effettuato un volantinaggio di fronte alla sede dell’Atac che si è recentemente costituita parte civile nel processo per la manifestazione del 15 Ottobre 2011 ed è stato rincorso e caricato a freddo dalle forze dell’ordine nel mercato del quartiere con il coinvolgimento dei passanti.

A gestire l’ordine pubblico è lo stesso prefetto, Pecoraro, che non ha saputo impedire le scorrerie naziste in occasione dei funerali di Priebke. Ed è piuttosto inquietante leggere le circolari interne di alcuni grandi ospedali vicini al percorso del corteo che ordinano di liberare più posti letto possibili in vista dei previsti incidenti per la manifestazione del 19. «Le liste di attesa per un posto letto in un ospedale romano notoriamente sono lunghissime, ma state tranquilli se vi volete operare domani avrete intere corsie pronte ad accogliervi! Se poi nei reparti oltre a medici e infermieri troverete anche poliziotti non è un problema, vogliono solo il numero del vostro documento poi il resto è carico del servizio sanitario nazionale». Per ordine del questore Fulvio della Rocca, l’ateneo la Sapienza domani resterà chiuso per tutta la giornata per ragioni di ordine pubblico. «Dunque, a poche ore dal corteo la macchina mediatica guidata da Questura e Ministero degli Interni ha avuto i suoi arresti di Black Block, il suo arsenale e le sue teste aperte. Si prepara a chiudere i luoghi di aggregazione e ad aprire gli ospedali. Chi alza la tensione?». Un funzionario, dietro le mura di S.Giovanni spiega ai suoi uomini la dislocazione dei reparti per l’indomani e conclude: «A Porta Pia facciamo strike». Un maresciallo dei carabinieri si vanta col barista del chiosco di fronte alla Coin di Piazzale Appio: «Domani ci divertiremo». Non sembra un mistero per nessuno che settori di polizia vorrebbe la rivincita, la vendetta, per lo smacco del 15 ottobre di due anni fa.

S.Giovanni, intanto, è ormai un villaggio di tende e bandiere accogliente con gli ultimi e arrabbiato con il governo e le burocrazie confederali. La Banda Bassotti, dal palco centrale, ha iniziato il soundcheck per il concerto della sera. Negli speakers corner si discute animatamente. Lo sciopero del sindacalismo di base è andato bene. I primi dati sullo sciopero confermano la necessità dell’azione di lotta: molti i voli cancellati, i servizi pubblici bloccati, con una forte adesione in, INPS, nei comuni, nella sanità e negli uffici territoriali. Fortissimo il dato del trasporto pubblico locale: il 100% dei mezzi fermi a Pisa; 90% a Terni; 80% a Bologna; 65% a Ferrara; 70% a Reggio Emilia; all’ACTV di Venezia ha incrociato le braccia l’81% del personale nel trasporto automobilistico ed il 70% di quello marittimo; 70% a Torino e provincia; a Milano metro chiusa e bus fermi al 75%; 50% a Trieste; 40% a Gorizia; 45% a Livorno; si è fermato il 70% dei mezzi nel tpl regionale della Sicilia ed il 40% nella Calabria; 45% nelle Marche. I dati del Tpl sono inoltre tutti destinati a salire nella fascia pomeridiana e serale in tutti i territori. A Roma, dove in accoglimento della richiesta del Sindaco Marino è stato revocato lo sciopero dei trasporti per la sola fascia serale e per le metropolitane, si registra in fascia diurna un dato del 65% per i bus e le ferrovie in concessione e del 60% nella Roma tpl (bus periferici). In Emilia Romagna è bloccato il 95% del trasporto merci e 75% di quello passeggeri delle ferrovie regionali. Il corteo, aperto dai migranti e rifugiati, seguiti dai lavoratori dell’ILVA e dai Vigili del Fuoco in divisa, ha visto la partecipazione di lavoratrici e lavoratori da tutte le regioni e di tutti i settori: dal del commercio a Telecom; da Mirafiori alla Sigma Tau; dal Poligrafico di Roma e della Puglia; e poi i lavoratori di Alitalia, del settore logistica, il coordinamento ferrovieri. Tanti i dipendenti pubblici, dalla sanità ai ministeri, dagli enti locali alla ricerca; tutti riuniti dietro lo striscione “Pubblico impiego incazzato”. Tutti insieme ai precari, i pensionati, i licenziati ed i cassaintegrati, i movimenti di lotta per la casa. Folte le rappresentanze dei movimenti per la difesa di salute e ambiente: No Muos, No Tav, il Forum Italiano dei Movimenti per l’Acqua; dalla Campania le Mamme Vulcaniche ed il Comitato contro l’inceneritore di Giuliano/Acerra; rappresentanti dei movimenti sociali e per il diritto all’abitare.

Sotto il tendone issato dal Prc si discute di come uscire dall’Europa, Unione non più riformabile. «Il problema è come si rompe – dice al microfono Paolo Ferrero – perché il problema è che, mentre demolisce i diritti e gerarchizza i paesi, la crisi alimenta anche movimenti nazionalisti e fascistoidi». E’ per questo che Rifondazione propone una linea che intrecci la ricerca della democrazia con i temi della classe. Ad esempio la disobbedienza ai trattati unilaterale, paese per paese, ma con punti di collegamento tra i movimenti operai di ciascuno stato. «E’ vero – interviene Turigliatto – la lotta di classe ha ritmi diversi da uno stato all’altro. Ma rompere con l’Ue è possibile in nome di un progetto europeo e solidale». Per l’esponente di Sinistra Anticapitalista, che risponde ad altri interventi centrati sulla fuoriuscita dall’euro e il ritorno alle monete nazionali, l’approccio corretto è quello dei greci di Syriza che partono dalla difesa dei diritti dei lavoratori in nome dei quali, eventualmente, si può anche uscire dall’euro ma svicolando rispetto all’egemonia nazionalista di progetti che guardano all’indietro. L’importanza di questa piazza tematica è che per la prima volta è all’ordine del giorno la questione dei referendum sui trattati e della costruzione di una lista per le europee. Sarà possibile l’unità a sinistra su una piattaforma minima? Ma la domanda più urgente sembra quella sulla saldatura tra vecchio e nuovo movimento, tra sindacato e comitati di lotta di precari, senzacasa, studenti. In altri termini la domanda è: riuscirà il corteo di domani a raggiungere Porta Pia, a riunificare quello che il 15 ottobre di due anni andò in frantumi. E riuscirà quel corteo ad assediare la controparte (il ministero delle infrastrutture) non solo simbolicamente ma con un’accampata che dia il senso di una movimentazione permanente che in molti paesi c’è da tempo e che in Italia non trova i margini per una condensa efficace? Oppure vincerà di nuovo il rito del riot, la logica della rappresentazione autoreferenziale, l’appiattimento su un’immagine – quella del black bloc – inventata dagli apparati che presiedono alla costruzione dell’immaginario?

«Il grande corteo del 19 Ottobre si concluderà nella piazza della Breccia. Da lì non ce ne vogliamo andare», fanno sapere una serie di collettivi “creativi” (Laboratorio di Cultura Indipendente Volturno Occupato, Teatro de Merode, Rapnoize, Cinema Preneste Liberato, CircoOfficina, Onde Nervose RadiOfficina Occupata, Adna Collective, Adriano Bono, Teatri della Viscosa, CircoMare Teatro, Synesthesia Art Lab). L’idea è quella di prendersi la piazza, facendola vivere attraverso pratiche sociali con lo sviluppo di relazioni e condivisione. Cinema occupati e autogestiti, laboratori autogestiti teatrali, radio web, collettivi di attori e artisti, centri sociali, officine autorganizzate, compagnie indipendenti invitano tutti e tutte ad attivarsi e coordinarsi per animare la lunga notte bianca del dissenso a Porta Pia con esibizioni, live-set, expo, spettacoli, jam. La raccomandazione è «Porta quello che vuoi trovare, la piazza è di tutti».

 

"L'arsenale da guerra venduto da un russo al gruppo dei francavillesi"

Francavilla Fontana, città mafiosa di omertà.
Il Procuratore Capo della Procura Antimafia di Lecce, Cataldo Motta, nel dare notizia del sequestro delle armi della banda di fiancheggiatori francavillesi della s.c.u. (sacra corona unita) ha esplicitamente fatto riferimento alla impermeabilità della città degli imperiali, al pentimento ed alla collaborazione con gli investigatori.
Insomma con la scoperta della armeria – con tanto di kalascnikov – francavillese della S.C.U. la nostra amata città, si scopre sempre più coinvolta e avviluppata nella logica del crimine organizzato.
Ma nessuno se ne era mai accorto ed oggi il fenomeno viene ancora sostto stimato, sia a livello politico, sia a livello culturale e sociale.
Allora, io mi pongo e vi pongo una domanda: ma è la stupida riservatezza e segretezza, condite col pettegolezzo imperante, nei rapporti sociali, politici, economici ad aver favorito l’omertà criminale o, al contrario, è la criminalità insediata negli ultimi quindici anni ad aver mutato le caratteristiche dei francavillesi facendoli diventare omertosamente silenti, riservati e pieni di fantasmi della segretezza?????
Aiutatemi a capire, grazie.

Antonio de Franco

http://www.senzacolonnenews.it/cronaca/item/811-l-arsenal…


Riportiamo la testimonianza di Linda Barocci che a Lampedusa ci vive

“INDIGNAZIONE!!!! Informatevi bene su ciò che succede a Lampedusa. Non limitatevi ad ascoltare le notizie in modo superficiale! Al tg comunicano un naufragio causato da un incendio e più di 500 persone in mare che stanno lottando per la sopravvivenza! Ma perché il mare e’ pieno di persone che devono essere salvate e la guardia costiera dopo innumerevoli chiamate arriva solo un’ora dopo ? Perche’ tutto cio’ succede sotto costa e i soccorsi non arrivano? Hanno mezzi sofisticatissimi per individuare barche miglia e miglia dalla costa e non riescono a vedere un incendio e correre subito a salvare il salvabile? Questa mattina noi eravamo in mare e vediamo teste di persone in acqua, dappertutto, la disperazione e vite da salvare! Gente che annega sotto i tuoi occhi e la guardia costiera dice che deve seguire il protocollo! Ma quale protocollo! Ti ritrovi imbarcazioni della guardia costiera che dicono che devono chiamare Roma per sapere cosa fare, quando tu sei su una barca ed hai gia’ ‘tirato su’ quarantasette vite che tra le lacrime, lo shock, i polmoni e lo stomaco pieno di benzina, hanno passato piu’ di tre ore a nuotare chiedendo aiuto! Come e’ possibile che queste povere anime siano state costrette a morire per la mancanza di soccorsi! Dove cazzo siete? Complimenti Italia! La vita non segue nessun protocollo! Se è questione di vita o di morte entrano in gioco i diritti umani e il diritto stesso alla Vita! 
Mentre rientravamo in porto con un carico di 47 persone appena salvate, la guardia costiera aveva gommoni vuoti e nonostante centinaia di persone continuassero a sbracciarsi, allo stremo delle forze, freddi, sfiniti ed intossicati dal petrolio, il gommone rimaneva li, vuoto, con un sommozzatore che gridava “sit down” a quei poveri ragazzi sulla nostra barca, invece di buttarsi a mare e salvarne altri! Questo e’ tutto ciò che sono riusciti a dire e a fare. Almeno fino a quel momento! perche’ poi si saranno adoperati in qualche modo! ma non e’ troppo tardi? e ci vengono a dire che ancora ci sono piu’ di 200 dispersi? Aspettiamo ancora? guardiamoci allo specchio e rendiamoci conto che nel 2013 ancora non siamo capaci neanche di provvedere a noi stessi! non ho parole! Vogliamo continuare così?”

Cari compagni e compagne,

Nei giorni scorsi ho affermato pubblicamente, nella forma più visibile possibile, che i servizi segreti stanno operando per infiltrarci. Questo grido di allarme si basa sulle segnalazioni e sulla documentazione fornitaci da più parti.

Della situazione ne abbiamo ovviamente discusso in segreteria e abbiamo deciso di segnalare la questione alla Commissione di garanzia che dovrà svolgere i suoi compiti di magistratura interna.

Parallelamente però non sfugge a nessuno come a partire dal mese di ottobre avremo nel paese numerose manifestazioni, così come non sfugge a nessuno che il governo abbia messo in campo in questi mesi una strategia di criminalizzazione del dissenso molto estesa: dal movimento NO TAV della Val di Susa fino alle calunnie su Stefano Rodotà. In questo contesto e senza perdere nemmeno un minuto ho ritenuto opportuno rendere pubblico il problema in modo che se qualcuno avesse intenzione di utilizzare le mobilitazioni dell’autunno come occasione per coinvolgere Rifondazione in provocazioni, si sappia in anticipo chi è il mandante.

Il rendere visibile e pubblico il problema è l’unico modo per tutelare efficacemente il partito da eventuali provocazioni. Il senso di questo grido di allarme non ha quindi nulla a che vedere con l’apertura di una qualche assurda caccia alle streghe ma piuttosto con l’invito ad attuare collettivamente una forte attenzione in modo che non abbiano a succedere atti interni od esterni che possano permettere a chi ne fosse interessato di danneggiare Rifondazione e disgregarla.

Come abbiamo detto più volte Rifondazione Comunista se non ci fosse sarebbe da inventare, per questo bisogna tenere gli occhi aperti affinché nessuno possa sfasciarla.

Paolo Ferrero

Il magnaccia di Arcore

 

Forse val la pena di spendere ancora due parole, su quel tizio sempre più ridicolo e pietoso, che se non avesse i soldi sarebbe deriso o compatito come si fa con lo scemo del villaggio. Premetto che non ho visto l’ennesimo sketch del magnate di Arcore, rifiutandomi anche di sentirlo alla radio, mentre stavo in auto, dato che mi urta persino la sua noiosa voce cantilenante da film dei fratelli Vanzina. Non ci sarebbe stato nemmeno bisogno di leggere i titoli dei giornali, tanto prevedibile era tutta la farsa teletrasmessa da tutte le TV e rimbalzata sul web, e in tutto il mondo a far ridere ancora chi ci guarda, ancora stupito, e divertito.

“Colpito dalla falsità dell’evasione fiscale fino alla mostruosità del Lodo Mondadori”. Basterebbe questo per mettere fine a tutto, per sbattergli la porta in faccia come si fa con un venditore di Folletto troppo insistente, pronto a pulirti casa pur di venderti un antiodorante da infilare nei sacchetti dell’aspirapolvere. Ma purtroppo temo che altre volte ancora, tele giornalisti annoiati, o servi, o semplicemente succubi dei tempi, propineranno ai telespettatori l’ennesima replica:

“Colpito dalla falsità dell’evasione fiscale fino alla mostruosità del Lodo Mondadori, ed ora anche dall’aberrazione dello sfruttamento e dell’induzione alla prostituzione minorile”.

Poi ancora un’altra trasmissione a reti unificate: “Colpito dalla falsità dell’evasione fiscale fino alla mostruosità del Lodo Mondadori, ed ora anche dall’aberrazione dello sfruttamento e dell’induzione alla prostituzione minorile, dalla corruzione dei senatori e deputati per la caduta dei governi …” E peccato che l’abuso edilizio, lo scempio delle coste della Sardegna, e chissà quanti e quali reati ancora fossero coperti da segreto di stato, perché a quel punto per fargli scontare tutta la galera che in un mondo giusto avrebbe fatto, bisognerebbe farlo nascere tre volte ancora, il magnaccia di Arcore.

Farà politica anche fuori dal Parlamento? Nemmeno questa è una novità, è sempre stato così, solo che tutto questo ha davvero poco a che fare con la politica. Lui è il capo della cosca, e continuerà a governare da qualunque posto in cui scelga di stare. Lui ha il danaro per pagare la manovalanza che per suo conto continuerà ad agire e legiferare, malgrado noi e il dissesto del paese. Nella più classica delle mentalità mafiose, ha nemici da abbattere e poco importa quante vittime innocenti resteranno sul campo, demolendo sistemi democratici, istituzioni, valori e morale. La mafiosità non lascia i nemici in piedi. Mai.

Questa ennesima vergognosa farsa umiliante, in fine, non è altro che la prova provata che il berlusconismo non morirà mai, a meno che non si riesca ad estirpare il cancro berlusconista che negli anni ha divorato le coscienze di una gran parte di popolo imbecille. Soprattutto di coloro che con le loro azioni sono quanto di peggio il berlusconismo ha prodotto; gente che nemmeno si accorge di essere stata contagiata.

Mai come oggi, la questione diventa esclusivamente morale. Tornare alla civiltà, solo questo potrebbe salvarci.

 

Rita Pani (APOLIDE)

DEDICATO AGLI STUPRATORI DEL TERRITORIO E DEL PAESAGGIO DI FRANCAVILLA……….

 

Dedicato a chi sino all’altro ieri ha stuprato il nostro territorio e ancora non si sente appagato………

 

Il dibattito di queste ore e la sollevazione contro il Piano Paesaggistico Regionale ne è una prova…………..Del resto non sappiamo quanto sia stato rispettato il PUTT Regionale vigente e quanto della situazione reale sia stata celata pur di consentire lo stupro ai soliti noti.

 

Ma anche a chi,sostenendo una diversità culturale e politica tutta da provare,ha emulato o non contrastato gli stalker  dell’urbanistica e del Paesaggio dietro cui si celano solo ed esclusivamente interessi di natura edilizia: “Fabbricare, fabbricare, fabbricare e solo fabbricare….”! O,comunque,intende competere sullo stesso terreno……. Gli Amati vari del centrosinistra………pur di non perdere consenso!

 

“La qualità delle relazioni tra gli esseri umani e la natura è strettamente legata al rapporto che gli esseri umani instaurano tra di loro. Il saccheggio delle risorse umane si accompagna sempre al saccheggio delle risorse naturali. Se i rapporti sociali sono brutali e violenti, allora si verifica ciò a cui assistiamo oggi: la razzia indiscriminata dell’ambiente e la devastante mercificazione del patrimonio comune. Al contrario, in un mondo in cui prevalessero rapporti sociali più equi e rispettosi, si potrebbero creare le condizioni di un rapporto più armonioso anche con il pianeta” (Se finisce la terra di PASCAL ACOT   16 Settembre 2013 su La Repubblica).

 

Dedicato a chi non si convince che le Larghe intese saranno solo un ricordo, Letta, Renzi, Berlusconi (speriamo quanto prima..) passeranno e a questi eventi si potrà anche sopravvivere……..ma la distruzione della Terra, l’oscuramento della bellezza del Paesaggio, l’inquinamento e l’avvelenamento dell’aria, del mare, del sottosuolo spegne quel lumicino di speranza che ci lega ancora alla Vita e al suo senso………….. 

 

A mò di esemplificazione,Al Senatore Curto, all’On.le  Vitali, al Sen. Iurlaro, a Michele Iaia & Famila, ai candidati sindaci, agli aspiranti amministratori……..

 

Anche ai professionisti del settore,compresi anche coloro che negli anni passati hanno contribuito allo scempio con i famosi P.P.A., o attraverso il PUG ideando una Francavilla 2 sulla salita di Fumagalli, una zona a vocazione turistica su terreni di via Carosino direzione Cantagallo-Termitone, insistendo per insediamenti commerciali sulla via per Ceglie……..a non dire di altre “bandierine” pronte ad essere allocate in varie altre zone!

 

Sarebbe interessante anche approfondire cosa è avvenuto in questi decenni,ad esempio, nella Zona cosiddetta industriale di via Grottaglie nata come zona artigianale e di insediamento di piccole imprese…………divenuta fra l’altro, per opera e virtù della insipienza amministrativa, zona commerciale …………

 

Non da ultimo ai giovani e meno giovani che hanno riscoperto il senso della partecipazione attiva spesso disinformata…..

 

A tutti consiglio la lettura della sentenza del Consiglio di Stato del 9 settembre scorso con la quale è stato affermato il seguente principio: “

 

“Anche se la destinazione a verde agricolo di un’area, stabilita dallo strumento urbanistico generale, non implica necessariamente che l’area soddisfi in modo diretto ed immediato gli interessi agricoli, potendo giustificarsi con le esigenze dell’ordinato governo del territorio, quale la necessità di impedire un’ulteriore edificazione delle aree, mantenendo un equilibrato rapporto tra aree libere ed edificate o industriali (Consiglio di Stato, sez. IV, 12 febbraio 2013, n. 830).

La destinazione a verde agricolo dell’area che interessa, anche se situata fra insediamenti esistenti, stabilita dal Piano Regolatore di cui trattasi, peraltro non impugnato giurisdizionalmente, era comunque consentita, in quanto, oltre ad essere finalizzata alla salvaguardia di esigenze di ordine meramente agricolo, poteva essere ispirata a dette esigenze, così da consentire le più convenienti ed utili condizioni di abitabilità del territorio.

Per il rilascio della concessione edilizia in zona agricola, ove il P.R.G. consenta soltanto le costruzioni necessarie per la conduzione agricola, è consentita la realizzazione delle sole costruzioni delle quali sia accertata la sussistenza della effettiva ed obiettiva connessione funzionale dell’opera da realizzare con le esigenze relative alla conduzione del fondo. Poiché sono ammissibili in zona agricola tutte quelle attività integrative, aggiuntive e/o migliorative che non si pongano insanabilmente in contrasto con la zona e con la sua destinazione, è quindi necessario operare una valutazione caso per caso relativa a tale compatibilità in concreto.

Nel caso di specie la richiesta concessione per la realizzazione di capannoni ad uso industriale mal si conciliava con la destinazione dal parte dei vigenti strumenti urbanistici di zona a verde agricolo, senza previsione della possibilità di realizzazione di manufatti aventi altra destinazione (come stabilito dalle N.T.A. del P.R.G. di cui trattasi nella zona E1), con legittimità dell’impugnato diniego”.

 

Il tema è ostico, ma se si vuole quanto meno partecipare da informato senza sproloqui o sfoghi qualunquistici occorre cimentarsi……….conclusione: Non fiori (Mi piace) ma opere di bene (riflessioni personali feconde……..)!

Gentile Commissaria Iaculli

nei giorni scorsi mi è venuto in mente varie volte di scrivere questa lettera, e il motivo era simile al tono che avrei usato: una rabbia diritta ed emetica. Ma per una serie di ragioni, anche personali, ho pensato di provare a usare un tono pacato e di mettere in discussione alcuni presupposti, invece di trasformare subito il ragionamento in uno sfogo per molti versi sacrosanto. 

Le voglio parlare della rinuncia ad organizzare la VI edizione de “La Notte degli Imperiali”. La notte bianca di Francavilla Fontana, quella che nelle passate edizioni ha coinvolto centinaia di artisti e migliaia di persone provenienti anche dai comuni circostanti. Siamo ai primi di settembre e non conosco una risposta per iscritto, quando l’evento è previsto per il 28 del mese. Non so come e quale debba essere il comportamento di un commissario straordinario: ossia non so se un cittadino che ha reso non poco alla città che Lei ora amministra, e lo dico senza falsa modestia ma con piena consapevolezza, debba rimanere nella incertezza di una tardiva risposta. Non so chi siano i suoi consiglieri ma in questo caso si sono ampiamente sbagliati e sono in perfetta malafede.

L’evento in questione ha mobilitato, in ogni edizione, 40/60 mila persone come documentano i moltissimi articoli della stampa regionale e nazionale per l’accostamento a fatti esterni. A partire dalla seconda edizione gli spettacoli nell’arco della notte non sono stati meno di 80, oscurando altre manifestazioni che si svolgevano in contemporaneità nei paesi del Salento. Altra prerogativa che ha reso noto ed interessante il nostro evento è l’attenzione che abbiamo mostrato verso i bambini e i disabili con spettacoli per loro e con loro.

Ogni anno la nostra notte bianca si propone con un tema diverso: per l’Abruzzo, effettuando una diretta radiofonica fino a mezzanotte con le popolazioni colpite dal sisma, mentre dalla torre dell’orologio un reparto speciale dei vigili del fuoco stendeva un lungo telo pro Abruzzo e dalla piazza Umberto I migliaia di persone intonavo l’Inno d’Italia; per l’Africa con l’adesione alla raccolta di firme per il nobel alle donne africane; per i 700 anni della nascita della città.. Quest’anno il tema scelto era la “Solidarietà”, termine tanto abusato ma nella sostanza poco utilizzata. Per questo avremmo ospitato la “Giornata del Volontariato” dell’Ambito provinciale del CSV Poiesis.

Adesso a Lei rimarrà un problema e una spesa in meno a noi l’onere di scusarci con le Associazioni, le Fondazioni, i Media, gli Artisti e la nostra comunità a cui la mancanza dell’evento ha reso una estate ancora più amorfa e più amara, oltre a sobbarcarci della mole di lavoro e di spese già sostenute che questo genere di eventi procura.

Savino D’Andrea (Editore)


… La vittoria nelle urne si costruisce con le alleanza di più movimenti sociali e civili fuori dalle urne. Ma adesso si può e si dovrebbe agire anche nelle piazze, senza aspettare il voto, anche perché il voto è dietro l’angolo. Probabilmente non basteranno campagne di informazione anti questo e anti quello. O meglio le campagne serviranno nella misura in cui su di esse si riusciranno a innnestare un dibattito generale tra cittadini e una conseguente maturazione di scelte consapevoli e non improvvisate ed estorte con la propaganda e il tifo calcistico-politico…

Il marketing politico e gli spin doctor di turno assoldati dai partiti faranno di tutto perché tutto ciò (dibattito maturo e informato, scelte consapevoli) non avvenga, ovviamente, e probabilmente ci riusciranno perché laddove ci sono i soldi c’è anche il potere di condizionare e informare anche se in modo scorretto. L’esperimento in corso M5S potrebbe smentire questo assioma legato al finanziamento pubblico dei partiti, e in parte lo smentisce, ma appunto è ancora in corso e non si sa se approderà su una sponda di effettivo poter fare o meno.

… Le scelte avventate dai cittadini compiute sotto l’effetto della fretta, della disperazione, magari durante le campagne elettorali, drogate dalla propaganda spinta, hanno l’inconveniente di sgonfiarsi come soufflé mal riusciti alla prima contro-campagna pilotata o al primo calo di tensione politica. Ad esempio si percepisce che il soufflé cucinato da Grillo e dal suo movimento si sia in parte sgonfiato a causa delle randellate esterne (ma anche a causa di alcuni errori interni) e ci vorranno altre infornate per riportarlo al suo turgore di massima e anche oltre, è improbabile che gli riesca di uguagliare il 25 % o addirittura superarlo.. Intanto la sinistra (e i vari movimenti di area) si lecca le ferite, si riorganizza come può e attende tempi migliori.

Nel frattempo sembra sia diventato chiaro (anche al M5S che nutriva speranze di Democrazia Parlamentare e di cambiamento dai banchi dell’opposizione) che questa Democrazia Rappresentativa è solo una tecnologia di governo e di potere autocratico più raffinata delle altre. La continuazione della Oligarchia con altri mezzi. Forse un piccolo progresso rispetto al passato, ma sopravvalutato e sbandierato come una grande conquista. In realtà tale recente tecnologia di governo funge da strumento mimetico delle Cleptocrazie diffuse nel Paese. Una tecnica politica (politiké techné, in greco, cioè arte di governo della polis, in sè la locuzione non avrebbe alcun connotato etico, lo strumento può essere usato e abusato in tutte le direzioni) che si mimetizza sotto le spoglie formali della democrazia, ma mima nella sostanza e nelle varie sub-articolazioni i sistemi autocratici. Il Potere è un Attore che recita in una Rappresentazione su grande scala e indossa molte Maschere quando va in scena. Il Parlamento è il Palcoscenico principale, ma esistono ben altri “parlamenti”, campi di gioco e quinte in cui parlamentare e contrattare ciò cui si tiene senza alcuna maschera scenica.

Non solo. La parola “Democrazia” è anche uno stratagemma linguistico. Un puro espediente semantico, roba colta e coltivata nei secoli. La Cultura in senso lato, del resto, può essere strumento raffinato di potere. Non a caso non possono governare – nel bene o nel male – che le elite culturali, coloro che hanno gli strumenti e le competenze, cittadini inclusi, ma solo nella misura in cui si smuovono per acquisire un minimo di conoscenze e competenze per cercare di partecipare alle decisioni. Ma questo lavoro e questo lusso non è sempre alla portata di tutti perché la cultura e le competenze presuppongono benessere economico acquisito o acquisibile. Chi non ha i mezzi non può avere le competenze, chi non ha le competenze non può e non sa scegliere in situazioni complesse cosa è meglio per sè e per la propria comunità. Risultato: ci si affida a delegati esperti o presunti tali, i quali delegati fanno cartello tra loro per curare gli interessi delle loro ristrette cerchie tanto tu cittadino non te ne accorgi e credi che siano gli uni alternativi agli altri e lo sono pure, nel senso che le elites si contendono il potere tra loro sulle teste di chi le elegge. La Democrazia materiale o “reale” (al pari del “Socialismo reale” che definiva per l’Urss la versione applicata e “sporca” del Socialismo teorico dei testi canonici marxisti) non quella narrata e idealizzata nei testi dottrinali o nella Carta Costituzionale, è la contesa di risorse fra elites economiche e culturali emergenti o consolidate. In sostanza i principi darwinisti della lotta per le risorse di un territorio valgono anche per le società umane.

Espedienti raffinati dunque. Come la Carta Costituzionale del resto. Non che i padri costituenti non fossero in buona fede, lo erano in parte e glielo hanno lasciato fare. Carta sempre auspicante e augurante, uno strumento potenziale e mai attuale e attuato. Non viene il sospetto che anche questa esposizione esibizionistica di articoli e commi sia una tecnica (consapevole o meno) sedativa e lenitiva di potere e di governo? Come per i tribunali in cui si legge: La legge è uguale per tutti. Basta vedere l’estrazione sociale di chi abita le carceri per capire se questa massima è attuata o meno. Tecniche semantiche e turlupinanti di autocrazia. Nel linguaggio comune si può tranquillamente tradurre con: presa per i fondelli. Come per la Costituzione. L’Italia è un Paese democratico perché ha una buona costituzione? No, l’Italia non è un Paese democratico proprio perché ha una discreta Costituzione, una Costituzione-fantoccio però, che è sempre stata violata fin dal primo giorno della sua entrata in vigore senza che nessun governo o istituzione si siano prodigati più di tanto per rimuovere concretamente gli ostacoli strutturali alla sua attuazione, ed esiste pure un perché evidente ma spesso sottaciuto.

La data di nascita della società italiana non è il 1948. I rapporti di forza consolidati da secoli, le disparità strutturate nei millenni non si elidono con le formule, la realtà materiale non si fabbrica con le sole parole. La struttura sociale ed economica appunto. Questa sì che è determinante, non le formule e i commi consolatori e beneauguranti. La struttura. Ovvero le cose accadute nel corso del tempo, la storia e le storie, il possesso degli oggetti e degli strumenti di produzione, la prevaricazione concepita come merito, i rapporti di forza, le disparità economiche, la distribuzione fisica e geografica del reddito e del denaro. Ma non solo. La Costituzione è una profezia, un credo, una fede, una religione, una formula escatologica che preannuncia l’avvento del bene sulla Terra, la seconda venuta di un Cristo laico di giustizia, la celebrazione rituale scritta del paradiso in terra preannunciato alla fine dei tempi. Molto più prosaicamente: uno strumento auto-assolutorio (un po’ come la confessione) un contratto di comodo con pochi strumenti sanzionatori concreti ed effettivi in caso di inadempienza, dato che l’unico strumento valido per attuarla sarebbe semplicemente (se non latitasse) la volontà politica.

Infatti la traduzione dei principi della Costituzione in atti concreti è affidata alle leggi, che comunque soggiacciono alle stesse logiche di contendibilità e ai medesimi rapporti di forza vigenti venutisi a determinare storicamente nel corso della lotta per le risorse del territorio. Risultato: le leggi non attuano i principi costituzionali ma rispecchiano le disparità economiche e i rapporti di forza vigenti nel Paese. La Costituzione rimane quindi un libro dei sogni e volendo essere severi essa è pure concepita ingenuamente per esserlo (o probabilmente ha voluto tracciare solo un remotissimo punto di arrivo, i padri costituenti non potevano non essere consapevoli dei reali rapporti di forza e non potevano immaginare altro che una Carta per ribaltarli un giorno a venire) dato che come suole dirsi “il difetto sta nel manico”, sta a monte, nelle struttura economico-sociale che determina i rapporti di forza nei palazzi del potere.. Non si sta dicendo qui che è meglio sbarazzarsi della Costituzione, per niente, ma solo che è opportuno intravedere i suoi limiti e la sua funzione consolatoria. Ovviamente è anche uno stimolo a fare di meglio la Costituzione ma qui si vogliono individuare i suoi limiti nel contesto generale e non i suoi pregi peraltro noti.

La democrazia avrebbe avuto il merito di spezzettare, diffondere e moltiplicare le elite e le “caste”. Coloro che non rientrano in gruppi organizzati per cosi dire di autodifesa sociale ed economica se la passano peggio degli altri. Il grosso della ricchezza però è nelle mani di pochi. Le briciole sono state invece diffuse in maniera equanime. Basti un esempio. La soglia nazionale certificata Isee di povertà relativa attuale si attesta intorno ai mille euro, lo stipendio medio attuale degli Italiani intorno ai 1200 euro. Questo sarebbe allo stato attuale il vantaggio e il portato storico del sistema democratico. Un notevole progresso di democrazia economica di stampo europeo, quell’Europa che è stata bacino storico di civiltà e democrazia. Da appurare se il merito di tale impresa è tutto di chi detiene il grosso della ricchezza e del potere o non incombe per caso un certo demerito sui cittadini, su chi si è fatto e si fa rapinare in maniera così equilibrata e “democratica”. 

[…………………………………………]

E’ quello che del resto accade comunemente anche se in maniera farsesca e simulata. I legislatori, le maggioranze, fanno concessioni vere o presunte a rate. Se possibile cercano di imbrogliare le carte fino alla fine, emettono dei balloon d’essai per sondare se forze sociali, cittadini e media sono proprio addormentati oppure c’è qualcuno ancora sveglio, poi se proprio tutti si accorgono dell’inganno allora si rassegnano o quantomeno fingono di farlo: pazienza ci ho provato, adesso non posso che elargire una concessione vera. Ma spesso la presunta concessione vera non è una concessione ma un altro inghippo. E’ quello che succede sempre e che sta esattamente succedendo per l’Imu e la presunta riduzione delle imposte ad essa sostitutive. Si procede così per mesi, mani e mani di poker e bluff finché non ottengono la vittoria per sfinimento o con trucchi contabili non verificabili, spesso non verificabili neanche da parte degli stessi ministri o almeno così dicono i ministri forse per scaricarsi la responsabilità politica. E’ un teatrino abilissimo, un gioco delle 3 carte o dei quattro cantoni da parte di burocrazie ministeriali e responsabili politici ai danni dei cittadini. Ma non si può andare avanti con questa farsa, sono decenni che usano questo schema di gioco e forse non tutti se ne accorgono per correre di conseguenza ai ripari.

Il gioco delle maggioranze di governo è sempre quello: concedere (o più spesso fingere di farlo) qualcosa in base alla temperatura del Paese, se il gioco gli riesce la temperatura cala. E quasi sempre gli riesce, raramente gli va male e concedono comunque solo delle briciole. Questa farsa criminale a puntate deve finire, le responsabilità sono diffuse e non solo degli eletti, ci sono pure gli elettori, da un certo punto di vista (quello delle elites) un popolo senza nerbo non ha neanche il diritto di essere rispettato, e infatti non si curano del rispetto. Aggiungiamo pure che il welfare clientelare (i vari familismi amorali colposi ma non dolosi, a differenza di quelli immorali che presuppongono il dolo) è un fenomeno antropologico (ed anche il portato della Democrazia, sempre clientelare oltre che Cristiana) che si basava e si basa tuttora sul bisogno, sull’urgente bisogno di sbarcare il lunario, il mero sopravvivere. Tenere la gente in miseria è un modo di renderla vulnerabile e ricattabile. Il welfare clientelare è in gran parte frutto della paura sociale di non farcela, non facciamo troppo i moralisti, il bisogno denuda e non aiuta certo a maturare quel senso civico che è solo di chi ha posizioni economiche non ricattabili. Nessuno ti regala niente, anche se ti è dovuto te lo devi saper conquistare. Non è giusto ma questa è la situazione che abbiamo ancora di fronte, dobbiamo prenderne atto e preparare piani accurati di autodifesa politica e sociale.

Diversamente, non potendo accedere neanche al Parlamento (e tanto meno al governo) non rimarrà che aspettare Godot (o il parterre fiorito dei vari Vedrò-Godot alla Letta, se si preferisce) mentre continueremo ad assistere basiti all’alternarsi di nuovi governi lobbistico-presidenziali che si pregeranno di elargirci solo delle truffe a rate, gabole contabili, imbrogli rateizzati e dilazionati nel tempo da sgranare pazientemente a guisa di rosario.

Carmine Nacci

HCHI SONO

L’unità necessaria con Landini e Rodotà

rodota_landini
 
 
Lo si potrebbe definire come il paradosso della confusione. In questa fase, seguita alla caduta del governo Berlusconi nel novembre 2011, la confusione è massima. Le «larghe intese» ne sono un paradigma. Eppure il quadro dei conflitti è netto e si chiarisce ogni giorno di più. La faccenda dell’Imu e quel che le va dietro è un ottimo esempio. Sul piano politico è una vittoria limpida del Pdl e del suo capo, la dimostrazione della sua capacità di rappresentare e proteggere gli interessi della propria base elettorale contro ogni principio di equità e ragione economica. Ed è per questo una massiccia dose di tritolo scaricata sul governo, con buona pace del presidente del Consiglio (il quale non per caso si è affrettato a prendere distanza dal suo stesso ruolo). Quel che le larghe intese mascherano, l’Imu (e l’Iva) svela. Concordi nel considerare inevitabile l’austerità – cioè la riduzione della spesa pubblica sociale – i due pilastri del governo si fanno la guerra in vista delle prossime elezioni, che la condanna di Berlusconi sembra avvicinare. La destra incalza. Di fronte al rischio personale del Cavaliere è pronta anche all’autodafé. Di contro, il Pd in stato confusionale indietreggia. Strabico, guarda con un occhio al Quirinale, temendone le ire, con l’altro al proprio interno, dove divampano lotte intestine. Di fronte allo scontro tra interessi non c’è grande coalizione che tenga. E qui, con buona pace della retorica, di interessi si tratta.
Difatti un conflitto sempre più duro scuote sottotraccia anche la società, umiliata da questa ennesima «riforma» che regala due miliardi e mezzo ai più ricchi e sparge sale sulle ferite di chi stenta a campare. Un conflitto sociale al calor bianco, a malapena dissimulato dalle perorazioni patriottiche dei governanti.

 

Mai, da cinquant’anni a questa parte, la forbice della ricchezza è stata così aperta. Mai è apparso tanto chiaro e mortificante il divario tra garantiti e precari, tra privilegiati e umiliati. Non è una guerra di posizione, ma di movimento. Che, sotto l’ombrello mediatico della crisi, radicalizza le ineguaglianze decretando una mutazione genetica del modello sociale. La società italiana (come quella europea) si americanizza, assume i tratti di una oligarchia, traduce in termini castali le appartenenze di classe. Non è un fatto inedito. La presenza di una borghesia gaglioffa e predatoria («rurale» diceva Gramsci) è un dato cronico nell’Italia moderna. Solo che oggi non c’è nessuno a ostacolarla nella sua corsa ad arraffare per tesaurizzare. L’Imu, si diceva, è un ottimo esempio, materiale e simbolico. Ma si pensi anche alla vicenda, che sarebbe sconcertante se non fosse invece coerente con il tutto, del gigantesco regalo fiscale agli impresari del gioco d’azzardo. 98 miliardi di euro evasi dalle slot machine, ridotti a una micro-contravvenzione di 650 milioni. Come se si trattasse di benefattori e non di mafie. Come se non si contassero a centinaia di migliaia le famiglie italiane distrutte dalle ludopatie e dai cravattari. Come se non vivessimo nella culla dell’evasione fiscale, dove lo Stato con una mano squarta chi non ha vie di fuga e con l’altra alliscia il pelo a chi gli nega il dovuto. Vale la pena di parlarne ancora?
Dunque il quadro è chiaro. Le ragioni della politica e quelle della morale (della giustizia sociale, della democrazia costituzionale) divergono. L’una costruisce consenso a spese dell’altra. La ripresa autunnale sarà durissima, anche se alle parole dei vertici sindacali – finalmente, da ultimo, concordi nell’attacco alle scelte del governo – non dovessero malauguratamente seguire fatti. Sarà durissima anche sul piano internazionale, coi venti di guerra che tornano a sconvolgere il Medio Oriente scatenando lo spettro di un conflitto globale.
Di fronte a questo quadro qual è il nostro problema? Nostro, del mondo del lavoro subordinato (salariato o eterodiretto), precarizzato in massa e rapinato sistematicamente (10 punti di Pil, 160 miliardi, nei soli ultimi dieci anni). Nostro, dei senza lavoro (tre milioni e mezzo di cittadini degradati a paria, soprattutto giovani, soprattutto nel Sud). Nostro, dell’Italia democratica che non si rassegna allo scempio della Costituzione repubblicana e alla degenerazione civile e morale di questo paese. Nostro, di chi assiste sgomento da un quarto di secolo alla devastazione delle istituzioni e del territorio e della stessa civiltà nelle relazioni personali. Berlusconi non nasce dal nulla né per caso: è l’interprete e il simbolo di un’Italietta volgare e prepotente, prima che il figlio del suicidio pianificato della parte politica che sino agli anni ’80 aveva, bene o male, tenuto fede all’eredità della Resistenza antifascista.
Il nostro è evidentemente né più né meno che un problema, drammatico, di non-rappresentanza. O, se si preferisce, di non-voce. Siamo tanti a non riuscire a parlare più, da anni, sulla scena politica, e a vedere negate le nostre ragioni sul terreno sociale. Almeno il 15% del Paese. Potenzialmente il doppio (quanti voti grillini vengono dai settori sociali massacrati dal neoliberismo postdemocratico?). Forse la maggioranza assoluta degli italiani. Ma siamo ciò nonostante – forse proprio per questo – dispersi e senza interpreti. Ridotti a un pulviscolo impotente, il che retroagisce sul sistema politico, azzerandone credito e legittimità.
Abbiamo riflettuto più volte su questa condizione e chiamato in causa gli errori e le responsabilità dei nostri gruppi dirigenti. Errori gravi, responsabilità storiche, poiché nulla imponeva che le cose seguissero questo corso, nulla impediva che la fine della «prima repubblica» vedesse sorgere una sinistra forte e unita (forte perché unita) capace di tenere le posizioni conquistate e di trasmettere all’Europa una domanda pressante di giustizia e di partecipazione democratica. Sta di fatto che siamo più che mai, qui e ora, mentre la crisi politica si avvita su se stessa, prigionieri di una micidiale impotenza.
Se questo è vero, com’è vero, è il momento di alzare la testa, se non vogliamo che una condizione di estrema difficoltà si trasformi nella morte della speranza. L’8 settembre – data fatidica – si avvicina, e con esso l’appuntamento dell’assemblea generale della sinistra convocata da Maurizio Landini e Stefano Rodotà. Il loro appello, rivolto a quanti intendono riempire un desolante vuoto politico e sociale, dev’essere ascoltato e raccolto senza indugi, senza tentennamenti. Raccolto e rilanciato con la ferma determinazione a lavorare finalmente per l’unità della sinistra italiana, del mondo del lavoro, del popolo della Costituzione, della partecipazione e della pace.
Sappiamo da dove viene il pericolo. Conosciamo le riserve di chi aspira a proteggere la propria piccola riserva, traducendo la partita politica a misura dei propri destini personali o di consorteria. Ma confidiamo in un sussulto di intelligenza politica e morale. Non è chi non veda quanto alta sia la posta in gioco in questi mesi, in queste settimane. Non si tratta di suonare la campana apocalittica per suscitare qualche emozione. Se anche la prossima legislatura vedesse la sinistra relegata al rango di comprimario ininfluente, è molto probabile che anche in Italia il discorso si chiuda per sempre come nelle «grandi democrazie» occidentali, in cui l’opposizione sociale non è rappresentata e scade a semplice virtualità.
Questa volta ci giochiamo molto, forse tutto. Ritroveremo una speranza se sapremo vedere il molto che ci unisce, al di là di appartenenze ormai obsolete. Se invece prevarranno ancora spinte corporative avremo mancato un’occasione preziosa. E ci saremo anche noi aggregati – consapevoli o no – al seguito dei fautori delle larghe intese.
 
Alberto Burgi
o

http://www.comunismoecomunita.org/wp-content/uploads/2010/06/pugno.jpg

“Qualsiasi partito rivoluzionario trova anzitutto un appoggio nella giovane generazione della classe in ascesa. La senilità politica si esprime nella perdità della capacità di trascinare la gioventù.”                                 Lev Trotskij

Questo brevissimo tratto de “La rivoluzione tradita” di Lev Trotskij dovrebbe essere, a mio avviso, più che una bella frasetta da spiaccicare di tanto in tanto in un comizio, un  vero e proprio punto programmatico per un partito che si vuole definire rivoluzionario.                                                   Abbiamo assistito lo scorso febbraio alle elezioni più strane degli ultimi venr’anni…Col passare  del tempo “i vincitori e i vinti” di queste strane elezioni hanno formato un governo di larghe intese che ogg,i invece di governare il nostro paese, gioca a guardie e ladri con Silvio Berlusconi e i suoi fedelissimi. La sinistra in italia , d’altronde, più che un partito o un movimento, chiamatelo come volete, è un miraggio, un’utopia….. In questo momento non esistono in Italia forze di sinistra in grado di coalizzarsi contro questo immobilismo politico, contro quella “senilità politica” della quale parlava Lev Trotskij.                                                               E mentre questo grande inciucio si consuma ogni giorno, i giovani del nostro paese rimangono col culo per terra, senza aspirazioni, senza un futuro o semplicemente una speranza…. il nostro futuro sarà precario! Questo però non lo abbiamo scelto, ce lo hanno imposto.                                      

Quando, un giorno, i giovani di questo paese e i giovani di tutto il mondo si ribelleranno contro questo vecchio sistema,  allora non ci sarà più nessuno a decidere del loro futuro….            
 “esci partito dalle tue stanze, torna amico dei ragazzi di strada”              Majakovskij,
                                                                                                                                                 nicola Modugno