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Riforma Gelmini, frutto bipartisan

di Alberto Burgio

 

Proviamo a fare un primo bilancio della battaglia sull’università, all’indomani del voto della camera sulla cosiddetta riforma Gelmini. Che si tratti di una legge pessima non vale la pena di ripeterlo. Dovesse andare in vigore (se il governo sopravvivrà e avrà tempo e forza per varare i decreti attuativi), ci troveremmo un’università ancor più autoritaria (tutto il potere ai rettori e agli amministratori, tutti i concorsi in mano agli ordinari), ancora più classista (per l’ulteriore aumento delle tasse di iscrizione), ancora più privatizzata (per l’ingresso delle imprese nei consigli di amministrazione e nelle fondazioni), ancora più ostile nei confronti dei giovani (tutti precarizzati) e ancora più sbilanciata a favore della ricerca applicata (a detrimento dei saperi «inutili» distanti dal mercato). Questo lo sappiamo, e del resto parlano da sé lo scomposto attivismo della Crui e le pressioni della Confindustria coi suoi organi di stampa (in questo caso il Corriere della sera ancor più del Sole-24 Ore). Agli industriali dell’università non è mai interessato altro che poter sfruttare gratuitamente laboratori e saperi per i propri affari. Questa «riforma» glielo promette, il resto è retorica.
Ciò che nonostante tutto sorprende è lo spreco di menzogne sparse a piene mani lungo tutto l’iter della legge (circa due anni). Bugie sui fondi disponibili, bugie sulla lotta ai baroni, bugie sulla sorte dei ricercatori. L’unico sussulto di sincerità – a tutti càpita a volte di sbagliare – la sedicente ministra l’ha avuto qualche giorno fa quando, sicura ormai del voto favorevole, ha detto che la sua «riforma» l’avrebbe finalmente fatta finita con «l’egualitarismo del ’68». Se pensiamo alla divisione della ricchezza in questo Paese, non si sa se ridere o infuriarsi.
Questo revanscismo di una oligarchia di mediocri e di ignoranti barricati nel privilegio e orgogliosi della propria arroganza è l’aspetto più vergognoso di questa vicenda indecente. Anche se lo stenografico del senato non ne reca traccia (chissà poi perché), la gaffe della ministra che sbaglia accento su egida (pronunciò «egìda», tra il divertito sconcerto dell’aula) resta un paradigma. E un monumento alla meritocrazia di cui costei ama riempirsi la bocca.
Già, la meritocrazia. Tutti zelanti custodi del merito in Italia. Nessuno o quasi sembra accorgersi che premiare i meriti è giusto se non comporta la violazione di diritti (e studiare e formarsi è un diritto che la Costituzione riconosce a tutti i cittadini), se a tutti è data la possibilità di dare il meglio di sé e se si dispone di seri criteri di valutazione. Dove queste condizioni non sono assicurate, la meritocrazia è solo la foglia di fico del darwinismo sociale. Come disse l’amicone di Putin al fedele Vespa, occorreva por fine allo sconcio di un Paese in cui anche i figli degli operai sognavano di diventare dottori. In verità quel sogno era sfumato già da molto tempo, ma certo una legge ad hoc è una bella soddisfazione. E una garanzia.
Il punto, oggi, è capire come si sia arrivati a questo risultato. Non nel lungo periodo, questo lo sappiamo: la Gelmini compie l’opera di distruzione avviata dai suoi predecessori, Berlinguer, Zecchino e Moratti in primis. No: la questione è come mai il ddl ha superato lo scoglio delle commissioni ed è arrivato indenne al voto della camera, mentre il governo, paralizzato, sprofonda tra discariche e festini selvaggi. Fino al crack del Popolo della libertà la domanda non si sarebbe nemmeno posta.
Ma il giocattolo si è rotto e da mesi il governo traballa su ogni provvedimento, tant’è che la camera ha dovuto chiudere i battenti sino al 14 dicembre. Anche sull’università il governo è andato sotto su qualche emendamento, al punto di riaccendere le speranze degli studenti e di quella parte del corpo docente che, una volta tanto, è uscita dal suo tradizionale – e complice – torpore. Però il disegno di legge ce l’ha fatta. Come mai? Che cosa l’ha protetto in tutti questi mesi nel disastro generale della maggioranza e ancora in questi giorni, mentre la rivolta infuriava? Quale forza gli ha permesso di arrivare in fondo, in un parlamento blindato come un bunker?
L’unica risposta onesta – almeno evitiamo ipocrisie – è che questa è una «riforma» bipartisan. E che a sponsorizzarla c’è anche il presidente della Repubblica. Il segretario del Partito democratico è salito fin sul tetto di Architettura. Ha lamentato la carenza di fondi per l’università. Ha detto che il governo ha sbagliato a incaponirsi e, finalmente, ha votato contro martedì alla camera.
Ma questo dissenso, vero o simulato, non sposta di una virgola il fatto che nel merito la «riforma» realizza un progetto in gran parte concepito dagli “esperti” del Pd. Che vede di buon occhio l’ingresso dei privati e la precarizzazione dei ricercatori. Che cavalca la retorica «modernizzatrice» della meritocrazia. E che considera un inservibile vecchiume l’idea costituzionale di una università pubblica al servizio del «progresso intellettuale di massa», come dimostra la brillante formula della «concorrenza tra gli atenei», quasi si trattasse di supermercati o di compagnie di assicurazione.
Ciò che la Gelmini dice sull’egualitarismo del ’68 sono in tanti a pensarlo anche tra i suoi sedicenti oppositori. Che costoro non abbiano nemmeno il coraggio di ammetterlo pubblicamente ha molto a che fare col disastro di questo Paese.

Riforma Gelmini, frutto bipartisanultima modifica: 2010-12-05T09:47:25+01:00da casadelpopoloff
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5 Thoughts on “Riforma Gelmini, frutto bipartisan

  1. Utime dichiarazioni della escort siciliana : “brunetta me l’ha leccata, era in piedi” Nei verbali del suo interrogatorio, Perla Genovesi parla di quando il futuro ministro «gestiva i soldi sporchi di Forza Italia». E tira in ballo anche Bondi, Fazio (Salute) e il sindaco Moratti“Sesso, politica e tangenti” gli stralci della testimonianza di Perla Genovesi ai pm di Palermo e Milano. Perla ne esce come personaggio interno alle vicende del potere berlusconiano: dal S. Raffaele di Milano, agli uffici lombardi del Pdl, da “Il Giornale” di Paolo Berlusconi agli incontri con alcuni dei personaggi più importanti del governo. Come Ferruccio Fazio, il futuro ministro della Sanità, Sandro Bondi, dal comitato elettorale di Letizia Moratti, sino ad agganciare Renato Brunetta, di cui dice: “l’amministratore dei soldi sporchi di Forza Italia”. E’ questo ciò che emerge dai racconti dell’ ex collaboratrice del senatore di Forza Italia, Enrico Pianetta e trafficante di droga. Ora pentita, la ragazza di Parma, rempie i verbali di rivelazioni, al vaglio delle procure di Palermo e Milano.

  2. SPUTTANATE I “SENZA VERGOGNA” I DEPUTATI NOMINATI SENZA SEGUITO ELETTORALE, SI PROSTITUIRANNO ATTACCANDOSI ALLE POLTRONE FINO A MATURAZIONE DEI 5 ANNI PER RAGGIUNGERE LA PENSIONE,…MI AUGURO CHE I GIORNALI METTANO NEI TITOLI I RICATTI DEL CAVALIERE PER OTTENERE LA FIDUCIA….

  3. Dopo la fiducia, nessuno crede più al terzo polo. A parte Rutelli: lui è ancora convinto che il terzo polo esista davvero. Sennò dove abita Babbo Natale?

  4. Ignazio Benito Maria La Russa, ministro della difesa, ex picchiatore fascista in prima fila nelle manifestazioni neo fasciste contro la Polizia (come il suo camerata Gianni Alemanno)Quando la rabbia esplode è sempre colpa degli altri.Ormai da decenni la gioventù pareva anestetizzata, si parlava del loro disagio ma le chiacchiere (come si dice) stavano a zero.Chi scrive ha fatto parte del Movimento del ’77 quindi posso esaminare il fenomeno con cognizione di causa.E’ sempre sbagliato fare paralleli con il passato ogni movimento ha una specificità propria ma, come diceva Giambattista Vico nell’ormai lontano ‘700, la storia si ripete. Questo c’invita a ripassare i libri di storia, ma anche le cronache lontane da noi di qualche decennio per tentare di capire l’attualità.Il disagio generazionale ha sempre un motivo anche se i motivi sono diversi. Era diverso nel ’68, era diverso nel ’77, è diverso oggi, ma ciò che accomuna questi tre momenti (o movimenti) è la crisi delle generazioni giovanili e la voglia di cambiare lo stato delle cose.Quando De Andrè cantava “anche se il nostro Maggio ha fatto a meno del vostro coraggio” parlava in termini violenti del disagio dei sessantottini e dell’incomprensione delle generazioni al potere dei motivi della loro lotta, violenta e non.Dopo mesi di lotte “pacifiche” a Valle Giulia gli studenti delle università del ’68, stanchi di prendere manganellate gratis decisero che era il tempo di reagire, rispondere colpo su colpo, nella canzone omonima si diceva, anche con un certo orgoglio: ” non siam scappati più” . Martedì 14 dicembre, gli studenti delle università italiane hanno deciso di non scappare più, eppure per la maggior parte di loro Valle Giulia non era altro che un posto tranquillo a Villa Borghese.Oggi fanno abbastanza ridere le prese di posizione dei vari politici, soprattutto quelli di sinistra che il ’68 l’hanno fatto o l’hanno subito, di presa di distanza dai fatti di Roma ( o la Guerra di Roma come l’hanno definita pomposamente certi giornali) e hanno fatto lo stesso, identico sbaglio di sempre.Li hanno definiti poche decine di Black bloc cattivi e violenti, invece in piazza c’erano decine di migliaia di studenti incazzati.Il giochino è lo stesso, anche nel ’77 erano poche decine di Autonomi violenti e cattivi, poi hanno scoperto che invece erano decine di migliaia di giovani, disoccupati, studenti, femministe, indiani metropolitani, omosessuali, intellettuali stanchi della repressione dello Stato che riusciva a rispondere alle loro proteste con la violenza.Anche nel ’77 i partiti della cosiddetta sinistra avevano preso le distanze e poi si erano messi dalla parte di chi reprime (la giunta comunista di Bologna docet).I violenti sono sempre gli altri? No cari signori i violenti stanno in casa vostra, sono i vostri figli che chiedono di poter studiare, che chiedono un futuro, una vita migliore in una società migliore, che c’è di incomprensibile?La violenza e la rivoltaCiò che realmente distingue i vari movimenti è che allora c’erano comunque delle ideologie di riferimento, oggi no. Ed è questo l’aspetto più pericoloso, oggi al potere c’è un centro-destra miope, razzista e intollerante. Risulta difficile anche chiamarlo centro-destra, dov’è il centro? Diciamoci più francamente che c’è un regime fascista, non dobbiamo aver paura delle parole, ieri, ad Annozero il sig. Ignazio La Russa l’ha spiegato bene con i gesti, le parole e gli insulti, degni del peggior Cossiga del ’77.Come facciamo a stupirci se gli studenti del movimento anti-Gelmini non abbiano preso le distanze dai cosiddetti violenti, sono loro, è la giusta rabbia che cova ormai da più di trent’anni che produce la violenza.Gli studenti erano andati a brindare la caduta del regime e hanno avuto la doccia fredda di una sconfitta e la tremenda ipotesi che la legge-schifezza della sig.ra Maria Stella Gelmini possa da qui a poco passare anche al Senato. Si sono ribellati perché tanto stupore? O forse ci aspettavamo, come al solito, che sarebbero tornati a casa con la coda tra le gambe?Tristi figuriVediamo un po’ chi ci troviamo di fronte oggi: Ignazio Benito Maria La Russa, ministro della difesa, ex picchiatore fascista in prima fila nelle manifestazioni neo fasciste contro la Polizia (come il suo camerata Gianni Alemanno, arrestato per resistenza e poi ovviamente rilasciato). Oggi in qualità di Ministro della Difesa comanda l’Arma dei Carabinieri.Roberto Maroni, estremista di sinistra pentito (ha militato in Democrazia Proletaria) Ministro dell’Interno, quindi capo della Polizia di Stato, oggi figura di spicco del partito razzista detto Lega Nord, si dice contrario al rilascio degli studenti arrestati durante gli scontri del 14 dicembre alimentando così il fuoco della violenza.Ovviamente avere a che fare con personalità di questo calibro messi al comando delle forze dell’ordine diventa una miscela esplosiva dato la loro militanza in movimenti squadristi e razzisti, ovvio che non può esserci dialogo.Ci dobbiamo davvero stupire che gli studenti abbiano messo a “ferro e fuoco” la capitale? Una città blindata dove il diritto sacrosanto di protestare (il sale della democrazia) è impedito.Non ci nascondiamo dietro un dito fino a che questi comanderanno le forze dell’ordine ci sarà soltanto disordine e chi non lo capisce, soprattutto a sinistra, è il solito miope…ma che ci potevamo aspettare di diverso da quello che è successo?P.S. Bisogna spezzare una lancia anche a favore dell’ex poliziotto (!!) Antonio Di Pietro e anche ai poliziotti che hanno manifestato contro il Governo, che forse hanno capito che la repressione contro gli studenti e la società civile è un errore madornale, e andando avanti così tutti hanno da rimetterci e nessuno ci guadagna tanto meno l’Italia.

  5. I poliziotti protestano ad Arcore indossando una maschera di Berlusconi. Finendo inesorabilmente dalla parte del torto. se si fossero messi un bel paio di slip sulla faccia, avrebbero fatto la stessa fine! Visto che il “premier” (degli ultimi) porta il segno dell’elastico sulla fronte. … Viste le sue belle figuracce che ci fa fare in giro x il mondo, ancora chiacchiera????????? Sto pregando Babbo Natale di portargli anche ‘na bella dentiera x regalo….

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