L’accusa più volte mossa a Berlusconi dai suoi avversari è quella di gestire la politica e il ruolo che gliene deriva a stretti fini personali. Il rischio, insomma, di sovrapporre i propri interessi (economici, soprattutto) a quelli della collettività su cui esercita il potere politico.

 

 

Si parla di conflitto di interesse, se ne stima la gravità, se ne registrano i rischi per la democrazia.

 

 

Reazioni tutte comprensibili, tutte legittime. Reazioni che però dovrebbero scatenarsi non solo davanti ai disegni strategici di Berlusconi, ma davanti a quelli di un qualsiasi personaggio il cui pesante potere economico risulti incompatibile con l’esercizio del potere politico.

 

 

Tanto per fare un esempio, se un grosso imprenditore, proprietario di un’importante impresa, rappresentante massimo della sua stessa categoria industriale, patron di una squadra sportiva (non calcistica, per eliminare ogni sospetto di emulazione), con interessi economici sparsi qua e là nel suo territorio, dovesse un giorno cercare di impossessarsi anche del potere politico di quello stesso territorio, sarebbe auspicabile che le reazioni sopra riportate venissero fatte proprie in primo luogo dai detrattori di Berlusconi.

 

 

E invece no. Nel nostro territorio, nella nostra provincia, si ritiene che la regola non valga.

 

 

Forse perché davvero l’antiberlusconismo è una malattia di certa sinistra italiana; forse perché si crede che un piccolo (neppure tanto piccolo, realisticamente parlando) padrone sia un benefattore della collettività, se paragonato al grandissimo padrone, l’altissimo, il supremo Silvio.

 

 

E così nella provincia di Brindisi ci sono i rappresentanti locali del più grosso partito di opposizione a Berlusconi, i dirigenti del Partito Democratico, che non solo non criticano, ma che addirittura sono intenzionati a sostenere in maniera entusiasta la discesa in campo del rappresentante provinciale di Confindustria, la lobby degli industriali.

 

 

Non intendo assolutamente evidenziare l’irragionevolezza politica di un tale asse di sostegno, consapevole come sono del rischio di essere tacciato di estremismo classista. Non è questo il punto fondamentale.

 

 

La questione dell’appoggio che il Partito Democratico si appresta a fornire a padron Ferrarese, vede le sue crepe nel rischio che corre un intero territorio, il nostro. Un territorio già sottomesso, come quello brindisino, potrebbe essere ancor più asservito agli interessi di questa o quell’impresa, di questo o quello stabilimento industriale, con tutti i rischi che ne deriverebbero per l’ambiente e per lo sviluppo sostenibile.

 

 

E le mille battaglie portate avanti contro la costruzione del rigassificatore che fine farebbero, se ci si dovesse accordare con chi si è espresso in maniera sempre favorevole in merito ad essa? Con quale credibilità, cari democratici, continuerete le vostre lotte? Oppure diventerete favorevoli anche al nucleare, a proposito del quale si guarda con molto interesse alla nostra regione? Dov’è la coerenza?

 

 

Già, la coerenza. Ciò che proprio non si riesce a percepire. O almeno non riesco a notarla in chi resta fino all’ultimo nella vecchia barca, quella della giunta provinciale di centro-sinistra guidata da Errico, per poi subito saltare in quella di chi in tutti questi anni si è posto come il più tenace avversario delle linee tenute da quella giunta; non riesco a notarla in chi ha cercato di soddisfare o non danneggiare il proprio potere economico esercitando pressioni politiche o dimostrandosi contrario a progetti diversi dai suoi.

 

 

Oggi Massimo Ferrarese è il candidato alla presidenza della provincia di Brindisi. Oggi la “Prefabbricati Pugliesi” campeggia col suo logo su giornali e spazi pubblicitari vari. Oggi l’ENEL  è lo sponsor della squadra di basket brindisina, di cui il celebre concittadino è proprietario.

 

 

Oggi – e questa è la realtà più clamorosa – il sempre più sorprendente Partito Democratico sta per chiudere positivamente le trattative con Massimo Ferrarese, per sostenerlo e portarlo ad essere presidente anche della nostra provincia. Ultimo e prestigioso trofeo.

 

 

Appuntamento al prossimo episodio, come sempre incredibile ma vero, di “YES, WE CAN”.

 

 

 

Raffaele Emiliano

Yes, Mr. Ferrarese, we can.ultima modifica: 2009-03-25T19:20:00+01:00da casadelpopoloff
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9 Thoughts on “Yes, Mr. Ferrarese, we can.

  1. Renato Soru?Riccardo Illy?Vincenzo Divella?Ti dicono niente questi nomi?Mi pare che Rifondazione abbia sostenuto questi personaggi,politici,imprenditori e con interessi sparsi qua e la…Ah la coerenza….

  2. Ti ho mai dato prova di essere (io, personalmente) un simpatizzante di questi signori? Non mi pare di aver mai scritto qualcosa a loro sostegno. Nè di essermi risparmiato a criticare scelte errate e poco “coerenti” che Rifondazione ha adottato negli ultimi anni.L’articolo è una mia nota, una mia opinione. Come tale dovresti interpretarla. Non credo che troveresti “incoerenze”.L’essere presidente di Confindustria, ad ogni modo, assume un valore che precede e sminuisce l’essere un semplice industriale. Non critico la candidatura di Ferrarese, in quanto imprenditore, ma in quanto rappresentante massimo di una associazione di categoria, la più importante e potente del Paese. UNA LOBBY

  3. “In Italia mangeremo cemento, stiamo distruggendo la nostra agricoltura. in compenso non abbiamo capitali, ma debiti. Moriremo di fame, ma con le centrali nucleari, il Ponte di Messina e una stanza in più. Vuoi mettere la soddisfazione?”…..Hanno distrutto l’agricoltura con :cementificazionezero supporti economicizero vigilanza su prodotti contraffatti dalla cina e dal medio oriente e zero protezione doganaleprivatizzazione dell’acquaInquinamento ambientalestrozzinaggio bancariocomunità europea ( quote e stronzate)il crollo dei prezzi ha alimentato l’uso di diserbanti nocivi , inquinantitagliggiamento della distribuzione organizzata………..L’agricoltura è :lo spazzino del mondo ( tiene puliti campi , boschi ed evita discariche abusive )forza lavororispetto e qualità ambientalerisorsa nazionale di sopravvivenzainnovazione & sviluppoindotto industriale ENORME……E’ morta l’agricoltura , è morto il contadino , cooperativa , azienda agricola .i meglio posizionati sono deventati agriturismi , bordelli, ostelli o beauty center…..Oltre al danno la beffa …..un contadino fà un pozzo sulla sua terra , investe per irrigare dai 10 ai 20 mila euro….fà le cose in regola e si vede arrivare il coglione di turno dello stato …che gli mette il contatore dell’acqua e gli fà pagare oltre un certo consumo.Il fascismo è nato con la marcia dei contadini ; la storia non è magistra vitae ….è una presa per il cul; il nuovo fascismo è nato eliminando i contadini.

  4. ma in alternativa, chi ca… proponete per la presidenza provinciale? Ne sento di tutti i colori e quella più attendibile sarebbe quella che Errico si ricandidasse. Ma aspettate tutti questo? Non avete un’alternativa seria e sana da proporre? Se No, per quale motivo continuate a gettare veleno, se siete Voi i primi a lasciare le cose come vadano.Cerchiamo invece di girare la frittata e di trovare un nome valido che si distingua e di far diventare Ferrarese un secondo piano, se proprio si teme di dover votare la persona sbagliata.

  5. Berlusconi: questa è casa mia, qui comando ioFini aveva degli impegni e non poteva assolutamente partecipare al terzo atto del gran varietà berlusconiano. Siccome poteva sembrare uno sgarbo al premier che celebrava la sua apoteosi si è inventato, lì su due piedi, che, essendo Gianfranco il presidente della Camera, era meglio si astenesse da manifestazioni di parte. Per dar più credibilità a questa bugia si è coinvolto anche il presidente del Senato. Fini e Schifani erano così assenti. Non avevano più il posto riservato. Del resto le prime file, quelle riservate ai giovani, erano già state recuperate dalla nomenclatura. I giovani, quasi tutti in abito scuro e camicie celesti i maschi, più variopinti ma sempre, molto seriosi gli abiti delle ragazze che sembravano partecipare ad un matrimonio invece che ad un congresso, avevano avuto la loro parte, così come era stato stabilito dall’agenzia che, si dice, le aveva “offerti” al Pdl. Avevano anche parlato oltre ai quattro “lettori” che nell’osanna a Berlusconi, avevano aperto i lavori, un ragazzo e una ragazza, naturalmente quando la platea era quasi deserta. In fondo identica sorte era toccata alla Michela Brambilla che non l’ha presa proprio bene ed ora aspetta la “paghetta”, la nomina a ministro così come altri in attesa paziente. Non essendo Fini presente, Berlusconi ha evitato di rispondergli:testamento biologico, referendum, laicità dello stato, le riforme istituzionali, il modo in cui affrontare la crisi. Niente.Nessuna risposta alle domande di FiniIl capo del governo ha preferito evitare. Non poteva che fare così, dicono i suoi caporali, altrimenti avrebbe consacrato Fini come capo della minoranza. Proprio Gianfranco, fanno notare con una punta di malizia, si era definito tale anche se alcuni degli uomini a lui più vicini avevano preso le distanze. Insomma,non rispondendo, Berlusconi avrebbe fatto capire a chiare lettere che lui e solo lui è il “padre padrone” del Pdl che il partito nuovo è cosa sua. Rispondono i “finiani” di stretta osservanza che il capo del governo ha fatto una clamorosa autorete. Fini aveva detto che c’era un leader e ora ci volevano le idee. Ebbene, non rispondendo, il cavaliere ha dimostrato che le idee ce le ha solo il presidente della Camera e che esiste una minoranza e non di poco conto con la quale il presidente del consiglio dovrà fare i conti, passati gli effetti speciali dello spettacolo. Può essere. E’ certo, comunque, che Berlusconi ha mostrato la sua capacità di non dire niente, di raccontare balle, di inventare leggi, provvedimenti,investimenti che non ci sono, interventi per i precari, per i giovani, per gli anziani, sapendo che i media non lo sbugiarderanno, che quasi nessuno ricorderà dei bluff come la social card.Un mix di autoritarismo e totalitarismoDietro questi giochi di prestigio c’è qualcosa di molto pericoloso che Berlusconi butta là. A lui- lo ha detto chiaramente- non basta quel 51% di voti che già oggi sono nelle disponibilità del Pdl. Non basta il bipartitismo. Vuole di più, di più, in un mix di totalitarismo e autoritarismo. Parlando di quanto ha fatto il governo per la ricerca e l’università, annuncia che la scuola pubblica dovrà essere definitivamente smantellata. Che ai figli dei ricchi saranno riservate le scuole migliori. Che scuola pubblica e privata sono la stessa cosa e le famiglie che vogliono mandare i figli dai privati avranno il rimborso delle spese sostenute. Nelle università la maggioranza dei componenti dei consigli di amministrazione sarà composta da esterni. E’ questa la parte più importante di un disegno antidemocratico: colpire la scuola, la formazione, la conoscenza è sempre stato l’obiettivo principale dei regimi autoritari, in qualsiasi parte del mondo. Da qui a smantellare la Costituzione il passo è breve. Ripete ormai come un disco rotto la litania che oggi il capo del governo non conta niente, può scrivere solo l’ordine del giorno dei lavori, il governo non conta niente, ha le mani legate dal parlamento. Ripropone quel “ pacchetto” che gli italiani hanno respinto con il referendum del giugno del 2006. Il 61% respinse i provvedimenti approvati dal centrodestra. Berlusconi li ripropone: o la sinistra accetta o facciamo da soli. Chissà come, visto che una Costituzione esiste ancora. Ai giovani in cerca di lavoro una proposta secca: “ fatevi le imprese”. Alle donne ricorda che il governo ha varato ben sette leggi a loro favore. Di che si tratta nessuno lo sa. Parla con tono, quasi pacato, a volte farfuglia qualche parola, blandisce i delegati che non contano niente, non hanno avuto voce in capitolo, definendoli “missionari della libertà”, alza la voce solo quando deve attaccare la sinistra e lo fa ogni cinque sei minuti. Il dux chiama a raccolta il suo “popolo”Un crescendo in particolare quando risponde alla sinistra che è la sua ossessione, all’opposizione, a Franceschini, il segretario del Pd, che lo aveva invitato a non candidarsi alle elezioni europee visto che c’è assoluta incompatibilità con l’incarico di presidente del consiglio. Quasi si altera e grida: “ Mi candido, è una candidatura di bandiera, del leader che chiama a raccolta il suo popolo”. Se è un leader si candidi anche Franceschini”. Un vero e proprio condottiero, un dux per usare il termine latino di quel “popolo” che, poco prima lo aveva acclamato presidente, senza passare per elezioni che sarebbero state un offesa al capo e aveva applaudito anche l’ufficio di presidenza, fatto di ministri, governatori, capi gruppo e qualche altro benvoluto da Berlusconi. Li vuole tutti intorno a sé mentre annuncia che ci saranno tanti organismo dove ognuno potrà trovare posto. Ce n’è per tutti i gusti. C’è Bondi, il monsignore dal tono cardinalizio destinato ad essere un sottocapo del partito, imperante Berlusconi, che aveva trovato il modo di leggere una clerico-lettera di saluto da parte di Baget Bozzo. Se ne sentiva davvero la mancanza. C’è l’altro coordinatore,Denis Verdini che, timidamente, accenna al fatto che alla Camera il testamento biologico qualche cambiamento potrà averlo e La Russa che tiene lezione a Bossi sul rapporto Pdl Lega e sul referendum elettorale. Tutte quisquiglie, direbbe Totò, che non scalfiscono il gran finale organizzato da Berlusconi in persona. A chiusura del discorso chiama tutta la presidenza del Pdl sul palco. “Le donne in prima fila, vieni qui Gelmini, Stefania dove sei, Carfagna vieni”: le chiama una per una. Intanto ha preso posto anche il coro. Foto di gruppo con signore,coro che intona inno alla gioia, meno male che Silvio c’è, fratelli d’Italia, gente che si arrampica sul palco. Le immagini sfumano, cala il sipario, le luci della ribalta si spengono, come dice Calvero-Chaplin in uno dei suoi un grandi film, domani è un altro giorno. Meno male.

  6. Ridiamo dignità al lavoro, non elemosine La crisi economica che sta producendo effetti devastanti sul reddito di migliaia di lavoratori e pensionati, non viene a caso. E’ il frutto di precise politiche finalizzate alla precarizzazione del lavoro e alla compressione dei salari.I redditi dei lavoratori e delle lavoratrici dal 1993 hanno perso il 60% del loro potere d’acquisto. Un lavoratore in Italia guadagna molto meno che nel resto d’Europa. Ed un lavoratore impoverito non è in grado di comprare nemmeno le merci che produce. Le misure adottate dal governo sono di carattere contingente e del tutto inadeguate anche se paragonate a quelle di altri paesi europei. Il governo Berlusconi lo sappiamo pensa ad altro. Con la complicità di Confindustria, Cisl, Uil e Ugl è stata messa a punto una riforma del modello contrattuale che riduce il sindacato ad organo di sottogoverno delle imprese e attua una riduzione scientifica dei salari. Invece per uscire dalla crisi sono necessarie adeguate misure di sostegno al reddito: blocco dei licenziamenti e rinnovo dei contratti di lavoro e dei precari; l’estensione degli ammortizzatori sociali a tutti i lavoratori precari e aumento delle indennità; l’istituzione del salario sociale per i disoccupati; recupero del potere di acquisto delle pensioni; lotta all’evasione fiscale e redistribuzione del reddito. E’ necessario un nuovo intervento pubblico dello Stato nell’economia. Basta con i soldi regalati alle banche e alle imprese senza che ad essi corrispondano quote di proprietà pubblica. E’ necessario sostenere i lavoratori licenziati oltre che con gli ammortizzatori sociali anche con prospettive di riavere un lavoro. Per dare queste prospettive è necessario mettere in campo sia a livello nazionale che locale politiche economiche di sostegno a quei lavoratori, giovani e non, che vogliono formare una cooperativa per portare avanti l’azienda dove lavorano anche se in fallimento. Per dare dignità di lavoro, non elemosine a breve durata. Le risorse date alle banche e alle imprese devono essere vincolate al mantenimento dell’occupazione e alla riconversione ecologica delle produzioni. Basta super bonus ai manager pubblici e privati che hanno portato il sistema economico a questa grave crisi economica bancarotta. Al posto delle grandi opere, politiche per risanamento del territorio, per la ristrutturazioni degli edifici scolastici, per sistemi di mobilità sostenibile. Sosteniamo la Cgil. Tutte e tutti a Roma il 4 aprile per la manifestazione.

  7. Terremoto “Attenzione agli sciacalli. (Dentro e fuori Facebook…)06 Aprile 2009 — In queste ore, immediatamete successive allo spaventoso terremoto che ha colpito l’Abruzzo, e la provincia dell’Aquila in particolare, spuntano un pò ovunque (dentro e fuori Facebook) gruppi, associazioni, singoli, disinvolti ‘team di volontari’ di natura e origine incerta che con tempismo un pò sospetto mettono in rete ‘appelli’, e richieste di denaro ‘pro-popolazioni colpite’. Attenzione a tutti costoro: spesso si tratta di sciacalli non meno peggiori di quelli che entrano nella case devastate alla ricerca di oggetti e quattrini. Se con generosità disinteressata qualcuno volesse partecipare a qualche forma di donazione farà bene a informarsi prima a chi devolve il suo denaro (e per quale scopo) e in quali mani ripone la propria solidarietà. In questo momento solo la ‘Croce Rossa Italiana’ ha già aperto una linea di comunicazione ufficiale dove convogliare aiuti economici: http://www.cri.it/ – Altrimenti si può entrare in contatto direttamente con la ‘Caritas Italiana’ per conoscere che tipo di aiuto è possibile fornire e come fare a inviarlo: http://s2ew.caritasitaliana.it/pls/caritasitaliana/v3_s2ew_CONSULTAZIONE.mostra_pagina?id_pagina=65- Di altro (e di altri) al momento non fidatevi…

  8. Dieci ore di lavoro per 100 euro al meseGli operai reclutati attraverso riviste. Non solo magliette da due euro, ma anche griffesIl copione è sempre lo stesso: un immotivato andirivieni notturno, qualcuno che segnala la stranezza, un periodo di appostamenti e verifiche, poi il blitz delle forze dell’ordine, carabinieri o polizia, in genere accompagnati da funzionari degli uffici provinciali del lavoro e da tecnici degli Spisal (Servizi prevenzione igiene e sicurezza nei luoghi di lavoro). Anche gli obiettivi dei blitz si assomigliano tutti: stanze o capannoni con un certo numero di postazioni di lavoro, mescolati con locali o angoli adibiti a cucina e dormitorio, in cui lavorano e vivono diverse persone, tra cui parecchi stranieri irregolari.Sono i laboratori tessili cinesi, che negli ultimi due anni danno parecchio da fare agli organi preposti al controllo e contribuiscono a riempire non solo gli spazi mediatici ma anche le patrie galere. L’altra notte è toccato a due aziende gemelle di Mozzecane, provincia di Verona al confine col Mantovano. Una settantina di agenti tra squadra mobile scaligera e reparto prevenzione del crimine di Padova hanno fatto irruzione nei capannoni, trovando una cinquantina di lavoratori in piena attività. Tutti cinesi, uomini e donne molto giovani, sui vent’anni, tra cui una ragazza incinta e una madre che lavorava con al fianco la sua bimba di due anni. Fili volanti, quadri elettrici provvisori e precari, finestre oscurate da teli e coperte, la porta di entrata/uscita bloccata da un furgone che gli agenti hanno dovuto spostare a forza di braccia. Nello scantinato il dormitorio, con minuscole stanze divise da pareti di cartone, nei locali sopra il laboratorio una specie di foresteria con la cucina e un bagno mal combinato, come si evince dal filmato prodotto dalla polizia scientifica. I laboratori sono stati sequestrati e i due titolari, Liu Caidan, ventinove anni tra pochi giorni, e Wang Zheng, appena ventunenne, cittadini della Repubblica popolare cinese, sono stati arrestati. Risultano regolarmente iscritti alla Camera di Commercio, lei è residente a Marmirolo, provincia di Mantova, lui ad uno degli indirizzi del capannone.Per loro l’accusa è di favoreggiamento della permanenza di stranieri irregolari al fine di «trarre un ingiusto profitto» dalla loro condizione di illegalità, pena prevista la reclusione fino a quattro anni e una multa fino a 30 milioni di vecchie lire. Infatti, dei cinquanta operai impiegati nei laboratori tredici sono risultati irregolari mentre per gli altri, muniti di regolare permesso di soggiorno, le verifiche da fare riguardano le condizioni dei loro eventuali contratti di lavoro e relative buste paga. «L’indagine – ha spiegato Marco Odorisio, dirigente della squadra mobile scaligera – è partita da una segnalazione del Comune di Mozzecane. Si erano notati, in ore serali e notturne, strani movimenti di auto e furgoncini che parcheggiavano a fianco di strutture apparentemente vuote. I servizi di osservazione sono iniziati il mese scorso e, nella notte tra il 22 e il 23 marzo, una Toyota guidata da un cinese aveva scaricato e fatto entrare nei capannoni alcuni giovani connazionali. Le verifiche successive sui numeri civici hanno portato all’individuazione dei laboratori, regolarmente dichiarati, e dei titolari. Quindi, con l’autorizzazione del pm per la perquisizione, siamo entrati intorno a mezzanotte, trovando un’azienda in piena attività. I titolari sono stati arrestati in flagranza ma la cosa più interessante è lo spaccato di questo fenomeno raccontato dall’interno, da alcuni dei lavoratori clandestini che ci hanno narrato la loro storia. La ricerca di manodopera nel circuito tessile cinese funziona tramite riviste in lingua, distribuite su tutto il territorio italiano, in cui si trovano le offerte di lavoro con il nominativo da contattare. I turni sono anche di dieci ore e, dato che vengono garantiti anche vitto e alloggio, i salari si aggirano sui 100 euro al mese. Oppure si lavora a cottimo e comunque sempre in condizioni di sicurezza precarie o inesistenti, in un eterno flusso che si muove da un posto all’altro».E’ la globalizzazione, baby, si potrebbe commentare. E non si creda che i prodotti di questi laboratori siano solo le magliette che si trovano ai mercati per due euro. A Modena il blitz di qualche mese fa, simile per modalità e risultati, fu effettuato in aziende che producono capi di abbigliamento per lussuose, italianissime, griffes.

  9. Chi riesce a produrre e gestire le emergenze è chi detiene il controllo dell’immaginario collettivo. Berlusconi sì che sa “gestire” l’emergenzaNon era mai successo. Non almeno in questa forma. Dal Belice all’Irpinia, passando per il Friuli, nessuno dei grandi terremoti che hanno sconvolto il nostro paese negli ultimi cinquant’anni, aveva fatto registrare una gestione politica del fenomeno così profonda e totalizzante. E’ vero, e bisogna ricordarlo, che in tutte le emergenze la politica, ovvero il Potere politico, acquista un ruolo fondamentale. Chi scrive, insieme al collega Luca Trombetta, ha curato venti anni fa una raccolta di saggi su questo tema dove emergeva con forza che la Politica o è Emergenza o non è. Nel senso che: o la politica produce e gestisce emergenze continue, o è destinata a scomparire nell’insignificanza, nella gestione tout court dell’esistente, ed in un ruolo subalterno rispetto alla macchina economica/finanziaria e marginale nel mondo della merce/spettacolo.Tra politica ed emergenza, nella società dell’immagine, c’è una stretta relazione con esiti diversi. Esistono emergenze “inventate”, di cui è piena la storia contemporanea, emergenze “negate” (come le migliaia di morti bianche), ed emergenze che nascono da un evento reale, che lo assumono, lo sussumono come fa il capitale con il lavoro, ai fini dell’accumulazione del potere politico. L’emergenza, infatti, nelle società a capitalismo avanzato riesce a bloccare l’obsolescenza della notizia, a ritardare la caduta del suo ciclo vitale sempre più breve. Chi riesce a produrre e gestire le emergenze è chi detiene il controllo dell’immaginario collettivo.

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